ALBONESI, Afranio degli
Nato ad Albonese (Lomellina) nella seconda metà del sec. XV (circa 1460-1467), si trasferì ancor giovinetto alla corte di Ferrara e in questa città divenne in seguito canonico della cattedrale. Appassionato di musica, raccoglitore di strumenti musicali e dotato di talento inventivo, ideò un particolare strumento ch'egli chiamò phagotus o fagoto.Da quanto si apprende dal nipote, Teseo Ambrogio degli Albonesi, che nella sua Introductio in Chaldaicam linguam (Pavia 1539) fornisce la storia ed una lunga descrizione dello strumento, l'A. fu per qualche tempo in Serbia e qui fece costruire il primo phagotus,che, tuttavia, riuscì assai imperfetto, non potendo ben mantenere l'accordatura. Più volte egli tentò, in Serbia e in Germania, di perfezionare lo strumento, valendosi di abili artefici; non riuscì però nell'intento, sicch6 fece ritorno in Italia lasciando in Serbia il phagotus.Il caso volle che alcuni anni più tardi, in seguito alla conquista di Belgrado da parte del sultano Solimano nel 1521, il phagotus fosse portato in Italia e capitasse nuovamente nelle mani del suo inventore. Questi si rimise all'opera per perfezionarlo e vi riuscì grazie all'abilità di un artefice ferrarese, Giambattista Ravilio. Entusiasta del sua phagotus,l'A., abbandonati gli altri strumenti musicali che sino allora aveva coltivato, si dedicò solamente a quello, esibendosi anche in esecuzioni pubbliche; è noto che durante un pranzo dato il 21 nov. 1531 a Mantova dal duca Alfonso I d'Este, oltre a varie musiche "di violoni e voci, d'una lira, di trombe e cornetti... sonò il Reverendo M.r Affranio il suo fagoto". Ma più che canti profani, come c'informa il nipote Teseo Ambrogio, l'A. modulava con il suo strumento musica religiosa. Anche dopo la morte dell'A., di cui si ignora la data precisa (ma deve cadere fra il 1533 e il1540), il phagotus fu coltivato nella famiglia degli Albonesi; ne è testimonianza un breve metodo manoscritto (scoperto nel 1893 da L. F. Valdrighi nell'Archivio di Stato di Modena), steso nel 1565da un anonimo a cui Teseo Ambrogio aveva donato a uno de' suoi fagoti s spiegandogliene il funzionamento e pregandolo "che non insegnassi ad altri, ma si bene a' suoi figli".
Questo breve metodo e la citata descrizione di Teseo Ambrogio degli Albonesi (che fornisce anche due raffigurazioni dello strumento) illuminano con sufficiente chiarezza sulla natura del phagotus,che imprecisamente è stato da taluno ravvicinato al vero e proprio fagotto e da altri (Weckerlin) erroneamente a uno strumento del tipo dell'odierno harmornum,producente le singole note mediante altrettante ance. Il phagotus va, invece, senza dubbio considerato come un tipo perfeziqnato di zampogna; è probabile che l'A. si sia ispirato ad un tipo di cornamusa veduto in Serbia. Del resto, lo stesso Teseo Ambrogio lascia intendere che si tratti del perfezionamento di strumento preesistente. Il phagotus dell'A, è costituito da due colonne cilindriche cave di legno di bosso, collegate esteriormente da un'altra colonna più piccola posta a scopo unicamente ornamentale. Il suono era prodotto da due ance (l'una d'argento e l'altra di rame) poste nella parte inferiore di ciascuna colonna e modulato mediante fori praticati nella parte superiore delle colonne stesse e le cui chiavi venivano comandate dalle dita del suonatore. L'aria era immessa per mezzo di due mantici; l'uno (un vero e proprio mantice formato da pelle e da due assicelle di legno) era azionato dal braccio destro del suonatore, l'altro, di pelle, collocato sotto il braccio sinistro, aveva funzione analoga a quella del sacco delle zampogne e collegava il primo mantice con lo strumento. Il phagotus veniva appoggiato sulle ginocchia dell'esecutore; la colonna azionata con la mano destra produceva la scala diatonica dal sol1al si2, l'altra, comandata dalla mano sinistra, era accordata una quarta sopra (do2-mi3); speciali chiavi supplementari permettevano poi di spostare ogni nota di semitono. Il phagotus poteva dunque produrre due voci contemporaneamente, ma, informa l'anonimo autore del metodo, un'altra voce "si può cantare overo si può dare una voce sola come s'ei fosse una dolzaina da sonare nelli concerti". Questo parallelo con la dolzaina o dolcino,forma primitiva dell'odierno fagotto, sembrerebbe autorizzare un accostamento a quest'ultimo. Accettando l'ipotesi di Galpin, secondo il quale la parte superiore di ogni tubo del phagotus sarebbe stata formata da due cilindri paralleli collegati alla sommità e formanti così un tubo unico continuo (particolare che non appare tuttavia chiaramente dalla descrizione di Teseo Ambrogio), tale sdoppiamento del tubo costituirebbe effettivamente una caratteristica comune. È verosimile poi che dei vari phagoti fatti costruire dall'A., taluno presentasse reali somiglianze col dolcino o fagotto; indurrebbe a pensarlo una frase dell'anonimo autore del citato metodo manoscritto: "La cana sinistra... sta diritta, ma il canon di ramo della cana grossa è storto a simile della dolzaina". Che comunque il phagotus fosse un tipo di zampogna è confermato dallo stesso anonimo autore, che afferma di aver e visto sonar un fagoto di tre canoni al modo della piva. (una canna con suono fisso, le altre due modulabili come il phagotus normale). Sull'etimologia del nome phagotus o fagoto lo stesso Teseo Ambrogio è molto incerto; egli sembra propenso, tra le varie ipotesi, a pensare a un derivato da ϕάγω, in quanto lo strumento dell'A. avrebbe riunito in sé le voci di tutti gli strumenti musicali, divorandole, per poi riemetterle. Secondo il Vaidrighi, altri farebbero derivare phagotus da phagus (faggio), legno con il quale venne forse fabbricato.
Bibl.: Theseus Ambrosius cx com. Albonesii, Introductio in Chaldaicam linguam,Papiae 1539, cc. 33 ss., 178 s.;L. F. Vaidrighi, Fabbricatori di strumenti armonici,in Mem. d. R. Accad. di scienze, lettere ed arti di Modena, s.2, Il (1884), pp. 3, 109, 295-304; Id., Sincrono documento intorno al metodo per suonare il "phagotuss" di Afranio,Modena 1895; A. W. Ambros, Geschichte der Musik,III, Leipzig 1895, p. 433; F. W. Galpin, The Romance of the Phagotum,in Proceedings of the musical Association,LXVII (1940); G. Grove's Dict. of Music and Musicians,VI, London 195 4, pp. 701-702; W. Kolneder, in Die Musik in Geschichte und Gegenwart,III, coll. 1717-1731, sub voce Fagott.