affitto
Locazione di cosa produttiva, per lo più di immobili, case, poderi o fondi rustici in genere. Usato anche per barche, automobili e simili (ma più appropriato, in questo caso, è nolo), il termine viene spesso utilizzato come sinonimo di locazione, di frequente riferito a immobili a uso abitativo, ma indica anche la somma pagata come corrispettivo per la locazione. In questo caso, l’a. è il contratto con il quale una parte, il locatore, si obbliga a far godere all’altra, il conduttore, una cosa mobile o immobile per un determinato tempo, in cambio di un determinato corrispettivo. Il c.c. del 1942 ha distinto l’a. dalla locazione, in base a un’esigenza economica, denominando a. il contratto che procura il godimento di beni produttivi, fatto per l’esercizio di un’impresa. La legge obbliga l’affittuario a esercitare l’impresa disponendo che, nel caso in cui non destini al servizio della cosa i mezzi necessari per la gestione di essa, non osservi le regole della buona tecnica e non rispetti la destinazione economica del bene, il locatore ha la possibilità di chiedere la risoluzione del contratto. Elementi fondamentali di un contratto di a. sono: la durata, il canone, i miglioramenti, le modalità di ricognizione dei beni ceduti all’affittuario e da questi restituiti al proprietario. Nel caso di a. di fondi rustici, il locatore si limita a concedere il godimento del fondo in cambio di un corrispettivo e l’impresa agricola viene gestita unicamente dall’affittuario.
Il mercato più sviluppato riguarda la locazione di immobili a uso abitativo e commerciale. La locazione di immobili è stata regolata da numerosi provvedimenti legislativi, tra cui la l. 392/1978, che ha introdotto l’equo canone, e la l. 359/1992, che ha aggiunto la possibilità dei ‘patti in deroga’ per gli immobili urbani a uso abitativo. La l. 431/1998 contempla due forme di contratto di locazione di immobili a uso abitativo, il ‘contratto libero’ e il ‘contratto convenzionato’, allo scopo di liberalizzare e regolarizzare il mercato. Il contratto libero, caratterizzato dal fatto che le parti sono libere di determinare il canone di locazione, non può avere durata inferiore a 4 anni, decorsi i quali viene rinnovato per un ulteriore periodo di 4 anni, fatte salve le ipotesi in cui il locatore è abilitato a recedere dal contratto. Il contratto convenzionato è caratterizzato dal fatto che il canone di locazione è riferito a criteri generali predeterminati sulla base di accordi stipulati fra le associazioni rappresentative della proprietà edilizia e dei conduttori (o locatari). La durata di questi contratti non può essere inferiore a 3 anni, a eccezione di quelli relativi a esigenze di natura transitoria; alla prima scadenza, ove le parti non concordino sulla rinnovazione, il contratto è prorogato di due anni. I Comuni possono deliberare aliquote dell’imposta comunale sugli immobili (ICI) più favorevoli per i proprietari che concedono in locazione, a titolo di abitazione principale, immobili alle condizioni definite dal contratto convenzionato. In entrambe le tipologie di contratti, è fatta salva la facoltà del locatore di negare il rinnovo del contratto alla prima scadenza solo nei casi tassativamente indicati dalla legge, tra cui: quando il locatore intenda destinare l’immobile a uso abitativo, commerciale, artigianale o professionale proprio, o dei parenti entro il secondo grado; quando il conduttore abbia la piena disponibilità di un alloggio libero e idoneo nello stesso Comune; quando il locatore intenda vendere l’immobile a terzi e non abbia la proprietà di altri immobili a uso abitativo, oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione.