AES RUDE
. Nella penisola italica, e più specialmente nelle regioni centrali e settentrionali rimaste escluse dalla colonizzazione ellenica, al secondo periodo degli scambî, del bestiame-moneta, segue quello in cui il rame e il bronzo hanno soprattutto funzione monetale, passando per lo stadio del metallo a peso. In questo uso dagli storici viene denominato aes rude, aes infectum (Plinio, Nat. hist., XXXIII, 13; Isid., Orig., XVI, 18, 13), cioè metallo allo stato bruto. Secondo una tradizione conservataci da Plinio (183), l'uso di esso come mezzo di scambio perdurò sino alla età di Servio Tullio (Servius rex primus signavit aes.; antea rudi usos Romae Tinaeus tradit). Di questi pezzi di bronzo informi detti anche raudera, rauduscula, rudera, da Varrone (De lingua lat., V, 163), Festo (pag. 265), Livio (XXVI, 11; 9) e Cicerone (Ad Att., VII, 2, 7), del più vario peso (i più pesanti superano due chilogrammi, i più leggieri raggiungono solo pochi grammi), frazionati nell'uso secondo i bisogni, e che circolavano a peso, sono giunti a noi moltissimi esemplari in depositi, in ripostigli, in stipi votivi, in tombe. Se ne distinguono solitamente due gruppi: l'aes rude vero e proprio, del tutto informe, costituito da pezzi meno grossi, veri avanzi di fusione, più sovente di rame puro; e l'aes formatum fuso in forme aperte a guisa di pani, focacce, formelle, abbastanza grosse e pesanti, ma quasi sempre frammentate e di vero bronzo.
Sono oggi noti alquanti ripostigli e depositi di aes rude sovente accompagnato da armi e strumenti varî di bronzo, che sono i ritrovamenti più antichi, risalendo almeno al sec. VII a. C.; notevolissimo quello di Bologna che costituiva una fonderia vera e propria, poi quelli di Campiglia Marittima, Porto Torres, Siniscola, Cerveteri, Piediluco, ecc. Sovente con l'aes rude troviamo l'aes signatum (v.), come a Castelnuovo di Porto, e di poi anche l'aes grave (v.), come nei ripostigli di Ariccia e di Vulci. Infine l'aes rude si accompagna con la moneta coniata nelle stipi di Vicarello, Norba, Tivoli, Campo la Piana. Una prova dell'abitudine di gettare nelle stipi aes rude è ricordata da Svetonio (Aug., 57) e da Livio (XXVI, 11, 9), il quale ci racconta che nel 211 a. C. tale offerta fecero i soldati di Annihale nel Lucus Feroniae.
Numerosissimi sono i ritrovamenti di aes rude nelle tombe, da quelle delle età eneolitica e del ferro, di Bolsena, Vetulonia, Tarquinia, ecc., dalle tombe villanoviane dell'Emilia dalla necropoli etrusca della Certosa di Bologna, a quelle del sec. V dell'Umbria del Lazio e di Gela di Sicilia, sino ai più recenti ritrovamenti del sec. III di Preneste e di Populonia. Si tratta ovunque dello stesso fenomeno, dell'uso del ναῦλον, il pedaggio che il defunto deve pagare a Caronte per il passaggio agli inferi sulla sua barca; nelle tombe antichissime è lo stesso aes rude che serviva negli scambî quotidiani; in quelle dell'età posteriore, in cui era già in corso la moneta vera e propria, il ritrovamento di aes rude è dovuto alla superstizione che riteneva la moneta inadatta a quell'uso. Degni ancora di nota: pochi pezzi di aes rude etruschi, sui quali la funzione monetale vuolsi determinata chiaramente da segni speciali che vi sono stati impressi (linee rette, lunule, stelle, ecc.); i pani di rame, anch'essi segnati da impressioni varie, del ritrovamento di Serra Ilisci (Cagliari), strettamente connesso con quello dei pani monetali di bronzo dell'età preellenica rinvenuti a Creta e a Cipro, che rivelano intime relazioni commerciali in tutto il bacino mediterraneo.
L'aes rude è stato poi ancora rinvenuto in altre regioni dell'Europa settentrionale e orientale.
Bibl.: Th. Mommsen-Duc de Blacas, Hist. de la monnaie rom., I; R. Garrucci, Monete dell'Italia antica, Roma 1885, pp. 1-5, tavv. I-VI; G. B. De Rossi, Pezzi di aes rude di peso definito, in Atti e mem. d. pontif. accad. archeologica, 1886; L. A. Milani, Aes rude signatum e grave, in Riv. ital. numismatica, 1891, p. 29 segg.; id., Due depositi dell'età del bronzo di Campiglia d'Orcia e della funzione monetale dell'aes rude nei sepolcri di Etruria, in Notizie d. scavi, 1927, p. 665 seg., e in Riv. ital. numism., 1908, p. 443; H. Willers, Das rohkupfer als Geld der Italiker, in Zeitsschr. f. Numism., XXXIV, pp. 193 segg. (opera postuma pubblicata dal Regling); E. J. Haeberlin, Aes grave, Francoforte sul M. 1910, tavv. 1-4 dell'Atlante.