AEROPORTO (I, p. 639; App. I, p. 51; II, 1, p. 53)
Le caratteristiche degli a. dipendono essenzialmente, com'è noto, da quelle del materiale volante che variano di continuo con il rapido progredire della tecnica aeronautica. Finora, a causa del continuo aumento della velocità e del peso dei velivoli da trasporto, c'è stata una tendenza costante ad accrescere le dimensioni delle piste di volo. È da notare, peraltro, che se, per un verso, l'evoluzione degli aerei ha obbligato ad aumentare le dimensioni delle piste accrescendo sensibilmente gli oneri relativi alla loro costruzione, per un altro verso si è pervenuti ad una semplificazione del dispositivo aeroportuale, per effetto della constatata minor influenza della componente trasversale del vento, durante le operazioni di involo ed atterramento, sui più pesanti velivoli odierni muniti ormai tutti di carrello triciclo ed alcuni di essi di carrello con ruote orientabili. Essendo ancora possibile, per i grandi apparecchi, la manovra di involo o di atterramento con una componente trasversale eolica dell'ordine di 10 ÷ 15 m/sec, si riesce spesso a risolvere il problema di assicurare la completa copertura anemometrica nell'esercizio dell'a. (rendimento eolico 100/100) con un dispositivo planimetrico comprendente una sola direzione fondamentale di manovra (una o più piste di volo parallele).
Nei più recenti a. i complicati dispositivi adottati o previsti negli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale, col sistema tangenziale (a. di New York-Idlewild), o a triangolo (a. di Londra), o a stella sono stati sostituiti da dispositivi più semplici con due sole direzioni fondamentali di manovra (a. di Roma-Fiumicino e di Parigi-Orly) o addirittura con una sola direzione (a. di Roma-Ciampino). La soluzione che in questo momento appare più razionale per i grandi aeroscali è quella con piste specializzate parallele fra loro e scalate a baionetta, disponendo gli impianti dell'aerostazione con relativi piazzali in corrispondenza del tratto sovrapposto delle piste (a. Dulles di Washington).
Al presente vige ancora la classificazione convenzionale degli a. formulata dall'Organizzazione Internazionale dell'Aviazione Civile (ICAO) e riportata nell'App. II. È peraltro da osservare che i progressi recenti negli aerei da trasporto e soprattutto l'avvento dei velivoli a turboelica ed a turbogetto, ormai in servizio sulle principali linee del mondo, rendono di fatto tale classificazione inattuale. In particolare, per la massima categoria A (aeroporti intercontinentali) l'introduzione dei grandi quadrigetti da trasporto ha reso necessario il prolungamento delle piste di volo strumentali fino ad uno sviluppo di metri 3300 e oltre (tenendosi conto dell'influenza dell'altitudine e delle caratteristiche termiche della località). I velivoli propulsi a turbogetto oppure a turboelica rendono altresì necessaria l'adozione di tipi di pavimentazione resistenti al soffio dei gas caldi dei reattori, che vengono espulsi a temperature dell'ordine di 600 ÷ 700 °C e raggiungono la superficie delle piste con temperature di 200 ÷ 300 °C.
Verso una più soddisfacente soluzione del problema statico e costruttivo delle pavimentazioni rigide, il cui punto debole è rappresentato, com'è noto, dai numerosi giunti necessarî per ridurre le sollecitazioni termoigrometriche, ci si è avviati con l'introduzione delle pavimentazioni in calcestruzzo precompresso. Di queste si hanno già alcune realizzazioni parziali a titolo sperimentale (a. di Parigi-Orly, a. di Zurigo-Cloten, ecc.) su piste di volo e di circolazione ed anche qualche realizzazione completa, come nell'a. di Algeri-Maison Blanche dove è già in esercizio da alcuni anni una pista di volo delle dimensioni planimetriche di m 2430 × 60, costruita in calcestruzzo precompresso dello spessore di cm 18 e quasi priva di giunti.
La concezione di un a. dev'essere in stretta relazione con le norme di circolazione aerea nella zona ad esso circostante, le quali portano a stabilire la volumetria e le regole di disimpegno nello spazio sovrastante e contiguo all'a.: allo scopo di garantire la sicurezza di evoluzione negli aerei evitando i rischi di collisione contro gli ostacoli naturali e artificiali. La volumetria di disimpegno si stabilisce con riferimento alle direzioni privilegiate secondo le quali si effettuano gli atterramenti ed involi e che perciò coincidono con le direzioni delle piste di volo.
Essa risulta individuata, per una pista ordinaria, dall'area della striscia di volo e dalle altre superfici seguenti:
a) Le superfici di avvicinamento, che sono costituite dalle porzioni dei piani inclinati aventi origine alle testate delle strisce di volo e pendenza variabile a seconda della classe dell'aeroporto (da 1:50 a 1:25), le cui proiezioni sul suolo hanno la forma di trapezî isosceli in prolungamento di ciascuna estremità della pista, con la base minore coincidente con la testata della striscia di sicurezza, la base maggiore della lunghezza di m 1200 (piste strumentali) o di m 750 (piste non strumentali) e l'altezza di m 3000.
b) La superficie orizzontale, che è la porzione di un cerchio sul piano orizzontale situato a m 45 sopra il livello medio del campo, con centro sulla verticale baricentrica dell'area di atterraggio e raggio minimo di m 4000.
c) Le superfici di transizione, determinate da piani inclinati appoggiantisi ai lati longitudinali della striscia di sicurezza e delle superfici di avvicinamento ed elevantesi verso l'esterno fino alla superficie orizzontale.
d) La superficie conica, che appoggiandosi al perimetro della superficie orizzontale si apre verso l'alto con pendenza di 1 : 20, fino ad una altezza di m 100 (classe A, B) o di m 50 (classi C, D, E) al di sopra del cerchio orizzontale.
Il dimensionamento delle piste di volo dipende essenzialmente dalle caratteristiche dei velivoli che debbono usufruirne; in particolare per quanto riguarda la lunghezza che è soprattutto funzione del carico alare (rapporto tra il peso totale del velivolo e la superficie portante) e del carico per cavallo (rapporto tra il peso totale e la potenza espressa in HP) oppure del carico per kg di spinta (nel caso degli aviogetti).
Il criterio basilare per determinare la lunghezza di una pista di volo, generalmente seguito, è quello di supporre che il velivolo plurimotore di caratteristiche più sfavorevoli venga a subire nella fase del decollo l'arresto di uno dei motori (il più sfavorevole dal punto di vista delle prestazioni) prima di aver raggiunto la velocità di sicurezza all'involo. In tal caso l'aereo, se ha raggiunto una velocità inferiore alla cosiddetta velocità critica, deve poter arrestarsi prima del termine della pista, percorrendo complessivamente una lunghezza detta distanza accelerazione-arresto. Se, invece, il velivolo al momento della "panne" possiede già una velocità superiore a quella critica, deve poter continuare la corsa di rullaggio e, raggiunta la velocità di sicurezza, staccarsi da terra ed eseguire la salita sorpassando il limite della pista di volo ad un'altezza di almeno m 15. In questo secondo caso la proiezione orizzontale del percorso compiuto dall'aereo dall'inizio della corsa fino al punto in cui ha raggiunto la quota di m 15 sul campo viene detta distanza di involo Normalmente, la velocità critica viene fissata in modo che la distanza accelerazione-arresto risulti uguale alla distanza di involo; il che dà luogo al minimo sviluppo in lunghezza della pista.
Peraltro, occorre tener presente che la lunghezza delle piattaforme di volo dipende altresì dalla distanza di atterramento, la quale è definita convenzionalmente quale distanza orizzontale percorsa dall'apparecchio in atterrata tra il punto in cui esso è ancora a 15 m di altezza al limite della pista ed il punto in cui esso si arresta. La distanza di atterramento non dev'essere superiore al 60% della lunghezza totale della superficie pavimentata. La lunghezza di pista come sopra determinata costituisce solo la lunghezza di base, per la condizione cioè di altitudine nulla (a livello del mare), temperatura di 15 °C e pendenza longitudinale pure nulla. Nei casi reali occorrerà far quasi sempre delle maggiorazioni dovute all'altitudine del sito, alla temperatura del mese più caldo ed alla pendenza longitudinale.
Circa le strutture delle pavimentazioni per piste di volo e di circolazione e per i piazzali di aeroporto, si contendono ancora il campo i due tipi fondamentali di rivestimento: flessibile (materiale lapideo e bitume) e rigido (calcestruzzo cementizio). Il primo tipo dà luogo, in genere, a soluzioni più economiche, ma presenta l'inconveniente che le superfici asfaltiche si deteriorano facilmente sotto l'azione dei carburanti e lubrificanti che sgocciolano dai velivoli e del soffio dei gas caldi degli aviogetti. È per questi motivi che le vie di circolazione, i piazzali e talvolta le zone di testata delle piste di volo si sogliono pavimentare con lastroni in calcestruzzo cementizio muniti di giunti di dilatazione e di contrazione, oltre ai normali giunti di costruzione, con cui si tende soprattutto ad attenuare gli effetti delle sollecitazioni termo-igrometriche e perciò ad evitare o a ridurre le lesioni nelle lastre. La recente tecnica dei rivestimenti in calcestruzzo precompresso, ancora nella fase iniziale delle applicazioni in questo campo, schiude, come si è accennato, nuovi orizzonti per la miglior soluzione dei problemi delle pavimentazioni rigide, e si hanno fondate speranze che con essa si possa presto pervenire a risultati oltremodo soddisfacenti: sia per la soppressione o sensibile riduzione dei giunti, sia per la maggior resistenza delle lastre ai forti carichi ed alle sollecitazioni termo-igrometriche, sia infine per la notevole sicurezza contro la fessurazione.
Qualunque sia il tipo di pavimentazione adottata, lo studio statico del rivestimento richiede la conoscenza esatta delle caratteristiche del terreno di sottofondo (granulometria, limiti di Atterberg, capacità portante, permeabilità, posizione della falda freatica, ecc.), necessarie per poter proporzionare, per qualità e spessore, i varî strati costituenti il rivestimento stesso. A ciò soccorrono i metodi, affinatisi e generalizzatisi negli anni recenti, della geotecnica.
I metodi di calcolo in uso per determinare gli spessori delle pavimentazioni flessibili e rigide sono basati su procedure prevalentemente empiriche, non essendosi riuscito a tutt'oggi ad affinare sufficientemente le teorie per serrare dappresso la complessa fenomenologia fisica dei sottofondi e dei rivestimenti ad essi sovrastanti cimentati da carichi variabili per intensità, durata e frequenza di applicazione.
Per le pavimentazioni flessibili è molto diffuso il sistema di dimensionamento adottato dalla F. A. A. (Federal Aviation Agency) negli S.U.A., che trova fondamento in una classificazione dei terreni di sottofondo in tredici gruppi di qualità decrescenti, dall'E1 (terreni incoerenti ad ottima granulometria) fino all'E13 (terreni paludosi o ad alto contenuto organico); sebbene da esperienze canadesi pare che esso dia risultati piuttosto cautelativi. Varî altri metodi sono pure usati, tra i quali sono da citare quello dell'United States Corps of Engineers, basato sulla determinazione preventiva del C. B. R. (californian bearing ratio) del terreno di sottofondo, quello di N. W. McLeod, nel quale la capacità portante del terreno è valutata a mezzo di prove con la piastra di carico e quello inglese cosiddetto L. C. N. (load classification number). Tutti questi metodi sono sussidiati dall'uso di grafici o di tabelle che ne agevolano l'applicazione pratica.
Per le pavimentazioni rigide due procedimenti di calcolo si sono prevalentemente affermati: a) quello, ormai classico, di H. M. Westergaard, basato sulla determinazione preventiva del modulo di reazione del terreno supponendo che questo reagisca in ogni punto con una forza portante proporzionale al cedimento; b) l'altro, più recente, di Burmister, che studia le deformazioni della struttura considerando il terreno di sottofondo quale mezzo elastico semi-indefinito caratterizzato da un modulo elastico e da un coefficiente di contrazione trasversale, come nella teoria dell'elasticità classica.
In genere, i rivestimenti dei piazzali, delle vie di circolazione e delle testate delle piste di volo si costruiscono più robusti di quelli relativi alla parte centrale delle piste di volo, per tener conto delle maggiori sollecitazioni dovute al carico vibrante dei velivoli in assetto di partenza ed al maggior numero di passaggi sulla pavimentazione.
I lavori per la sistemazione dei campi di volo, delle piste e dei piazzali si fanno con l'impiego su vasta scala di attrezzature meccaniche che consentono di ridurre notevolmente i tempi di esecuzione. Anche a questo riguardo si può asserire che la tecnica progredisce di continuo, mettendo a disposizione del costruttore mezzi via via più affinati e potenti che valgono ad agevolare e render più economica l'esecuzione dei lavori.
Il dispositivo planimetrico dei piazzali ed il relativo sviluppo in superficie si stabiliscono tenendo conto di molteplici fattori, quali il numero e la posizione dei posti di carico e di manutenzione degli aerei, la miglior disposizione di parcheggio dei velivoli per quanto riguarda gli effetti del soffio, calore e rumore, l'ampiezza del circolo di conversione ed altre caratteristiche dell'aereo da assistere, il distanziamento minimo rispetto agli altri apparecchi ed ai fabbricati, la configurazione dell'aerostazione, il conforto dei passeggeri, i tipi delle istallazioni fisse dei servizî e la loro ubicazione nel piazzale, la disponibilità di banchine, di sistemi di convogliamento meccanico, di attrezzature di servizio mobile, ecc. Importante è la scelta del dispositivo dei parcheggi di manovra presso l'aerostazione, che può dar luogo a varie soluzioni: a) con piazzole operative immediatamente adiacenti all'aerostazione; b) il sistema a moli, tunnel o corridoi cintati; c) il sistema a piazzale aperto.
Il primo sistema, quando si possa disporre del necessario numero di piazzole adiacenti all'aerostazione, è indubbiamente il migliore, riducendosi al minimo il percorso dei passeggeri e delle merci. Nel sistema a moli si hanno dei bracci ad uno o due livelli in prolungamento dell'aerostazione, che si protendono nell'area del piazzale consentendo ai passeggeri l'accesso diretto all'aereo parcheggiato in adiacenza del molo. I percorsi in prolungamento dell'aerostazione possono essere anche costituiti da corridoi cintati sul piazzale, oppure da gallerie sotterranee che partono dall'aerostazione e terminano in determinati punti del piazzale presso le piazzole operative. Nel sistema a piazzale aperto l'accesso dei passeggeri all'aereo in parcheggio può essere eseguito a piedi o con automezzi e presenta l'inconveniente di comportare l'attraversamento dell'area dove sono parcheggiati gli altri velivoli.
Nei grandi a. gli edifici necessarî per l'esercizio aeroportuale hanno notevole sviluppo. Si possono essenzialmente distinguere tre gruppi edilizî: a) l'aerostazione propriamente detta, per il traffico passeggeri, posta e merci, che comprende tutti i locali essenziali relativi a detto traffico, nonché i servizî telefonici e telegrafici, le biglietterie, le sale di attesa, ristorante, bar, negozî, uffici di controllo sanitario e doganale, ufficio cambî, polizia, magazzini per merci, ecc.; b) il blocco edilizio dei servizî, con la torre di controllo e le telecomunicazioni, la direzione ed amministrazione dell'aeroporto, la stazione meteorologica, gli uffici di polizia e dogana, gli alloggi per il personale di volo e per il personale dell'aeroporto, ecc.; c) gli impianti a carattere tecnico e industriale, quali hangars per ricovero e manutenzione dei velivoli, officine, autorimesse, impianti carburanti e lubrificanti, magazzini, centrale elettrica, serbatoi idrici, ecc.
In alcuni grandi a. intercontinentali (Idlewild, Londra) sono state previste più aerostazioni distinte: per il traffico internazionale e per le varie linee interne; oppure per le linee a breve, medio e grande raggio.
Tra gli impianti di radio-assistenza al volo necessarî per dare la maggior efficienza operativa agli aeroporti, grande importanza e sviluppo hanno assunto quelli per l'atterraggio strumentale con cattive condizioni di visibilità. Al presente sono principalmente adottati i due sistemi: I. L. S. (instrument landing system) e G. C. A. (ground control approach). Nel primo di essi, ormai generalizzatosi in tutti gli a. esercenti un traffico regolare di linea, il velivolo è assistito e condotto all'atterramento a partire da una distanza di 15÷16 km dell'aeroporto, a mezzo di radiofari indicatori di direzione, di posizione e della traiettoria di discesa. Il sistema G. C. A., che è spesso usato in ausilio del primo, è basato sull'impiego dei radar, e consente di indurre ancora i limiti di visibilità tollerabili per l'atterraggio. È da osservare, peraltro, che nonostante i notevoli progressi nelle radio-assistenze, un problema che attende ancora una soddisfacente soluzione è quello di poter assicurare l'atterraggio in condizioni di visibilità molto ridotta (nebbia fitta).
Concludendo, si può prevedere che le configurazioni odierne degli aeroporti cederanno fra non molto il campo ad altri tipi di infrastruttura con conformazione e volumetria di disimpegno diverse, in armonia con le necessità e le caratteristiche dei reattori supersonici da trasporto ancora in fase sperimentale, ma dei quali si prevede l'avvento entro i prossimi 8-10 anni. Questi velivoli, che viaggeranno a velocità dell'ordine di 3000÷3500 km/h, avranno capacità di spinta al decollo notevolmente superiore a quelle attuali; sì da rendere possibile dopo breve percorso lo stacco da terra e la successiva salita con traiettoria fortemente inclinata; il che, unitamente ai progressi nei dispositivi che mirano a ridurre la velocità all'atterramento (deflettori di getto, ipersostentatori, ecc.), consentirà di ridurre o almeno di contenere entro limiti economici la lunghezza delle piattaforme di volo. Vedi tav. f. t.
Bibl.: U. S. Department of Commerce, Airport planning, Washington 1952; I.C.A.O., Annesso 14 alla convenzione relativa all'Aviazione Civile Internazionale, 1953; Secrétariat général à l'aviation civile et commerciale, Instruction sur l'aménagement des bases et des routes aériennes, Parigi 1956; F. Kohl, Moderner Flughafenbau, Berlino 1956; U. S. Department of Commerce, Airport paving, Washington 1948; H. M. Westergaard, New formulas for stresses in concrete pavements of airfields, in Proc. ASCE, 1947; D. M. Burmister, The theory of stresses and displacements in layered sistems and applications to the design of airports, Road Research Laboratory, 1943; N. W. McLeod, Airport rungway design evaluation in Canada, International Congress of Soil Mechanics, 1943; L'aérodrome d'Alger-Maison Blanche, in Travaux, luglio 1955; Routes et aérodromes, in Construction, Parigi 1956; Aerostazioni e piazzali di aeroporto, a cura del Segretariato tecnico della Interational Air Transport Association (IATA), 1956; U. S. Department of Commerce, Airport Terminal Building, Washington 1953; Jet airport construction, in Civil Engineering, maggio 1959; J. E. Peterson, Airports for jets, Chicago 1959.