AEROPLANO (dal gr. ἀήρ "aria" e πλανάω "vago, erro", inteso poi come "piano")
A rigore di termini, aeroplano sarebbe qualunque macchina destinata a muoversi in aria: di fatto si è dato comunemente il nome di aeroplano alla macchina più pesante dell'aria, capace di mantenersi in volo coi proprî mezzi, profittando della reazione dell'aria su superficie fisse (e non battenti come, p. es., le ali degli uccelli. Queste hanno il solo scopo della sostentazione, mentre la propulsione è affidata ad altro organo (v. elica). Tale macchina è appositamente studiata per partire da terra e ritornarvi coi proprî mezzi; alla macchina analoga, che parte dall'acqua e in essa ritorna, è stato dato il nome di idroplano. Gabriele d'Annunzio suggerì per entrambe la parola velivolo.
Sistemi per partire in volo e scende dopo il volo. - Un aeroplano non può spiccare il volo (decollare) da un terreno qualunque; occorre invece un terreno adatto, praticamente piano, di sufficiente estensione e mantenuto a regola d'arte per offrire il miglior appoggio alle ruote di un apposito carrello o di più carrelli di cui l'aeroplano è fornito, perché esso possa acquistare con la rincorsa la velocità necessaria per sostenersi in volo nell'aria o per estinguere la sua forza viva dopo aver preso terra.
In condizioni speciali, per carichi eccezionali, può anche essere necessaria la costruzione di una vera pista orizzontale e magari leggermente inclinata verso il basso nel primo tratto da percorrere, affinché le ruote possano trovar la minima resistenza possibile per raggiungere meno difficilmente la velocità necessaria al decollo, ostacolato dal maggior carico.
Così pure in condizioni speciali l'aeroplano, anziché partire da terra, può partire da un apposito ponte (o anche da una piattaforma inclinata, da bordo di una nave) o da una speciale sospensione sistemata su di un dirigibile in volo. Certi aeroplani possono partire e ritornare sul ponte di navi particolarmente allestite allo scopo e fornite di mezzi adatti a frenarne la corsa su esso nel ritorno.
La partenza dall'acqua dell'aeroplano propriamente detto non è possibile; non lievi pericoli presenta la sua discesa in acqua, qualora non abbia appositi congegni o dispositivi per il galleggiamento (ali a compartimenti stagni, sacche da gonfiarsi al momento opportuno, ecc.). Vi sono però degli aeroplani studiati in modo tale che se per necessità sono costretti a scendere in acqua, possono giungervi senza danno o quasi: in essi deve potersi sganciare o spostare opportunamente il carrello, in modo che le ruote non diano pericolo di capovolgimento toccando l'acqua; deve potersi fermare e disporre orizzontalmente ed automaticamente l'elica qualora sia posta in modo da poter toccare anch'essa l'acqua, e debbono essere prese le apposite precauzioni per permetterne la galleggiabilità di tutto l'apparecchio.
Tali aeroplani chiamansi aeroplani marini. Non si debbono confondere però né con gl'idrovolanti che partono per il volo e tornano dal volo in acqua (v. idrovolante), né con gli aeroplani anfibî, i quali ultimi sono simultaneamente e aeroplani ed idrovolanti, adattabili durante il volo o a fermo per partire dalla terra o dall'acqua e tornare indifferentemente in acqua o in terra.
In taluni aeroplani il carrello può essere sostituito a terra in poche ore con una coppia di galleggianti in modo da ottenerne un idrovolante; la macchina per quanto riguarda il volo resta sempre la medesima: si varia soltanto la maniera di farle spiccare il volo e di farla tornare dal volo. Essi non vanno però confusi con gli anfibî, nei quali la trasformazione si può effettuare, come si è detto, anche in volo e in pochissimo tempo.
Finalmente giova ancora notare che in taluni paesi freddi, almeno in certi periodi dell'anno, agli aeroplani al posto del carrello si adattano delle superficie slittanti analoghe ai pattini per permettere la partenza e il ritormo dal volo su distese pianeggianti di ghiacci o di nevi.
Sostentamento nell'aria. - Il principio su cui si basa il sostentamento dell'aeroplano è il medesimo di quello del cervo volante; è noto dai tempi più remoti che il vento riesce a sollevare una superficie piana trattenuta opportunamente da un filo fissato a terra. Se non ci fosse vento, basterebbe prendere il capo del filo dapprima fissato a terra e correre in una determinata direzione per ottenere il sollevamento di tale superficie, la quale inoltre, anziché restare sempre al di sopra di una stessa zona come nel caso precedente, correrebbe insieme con chi la trascina.
È evidente che se alla trazione che si esercita sul filo si sostituisse la trazione generata con un altro mezzo, l'effetto sarebbe analogo.
Applicando ad un grande cervo volante un'elica mossa da un motore e capace di far presa nell'aria essa produrrebbe lo stesso effetto di trazione del filo e il cervo volante si trasformerebbe in aeroplano.
Per ideare l'aeroplano occorreva quindi concepire l'elica; e al genio di Leonardo da Vinci se ne deve la prima concezione.
Nata l'elica, sorse l'idea dell'aeroplano; allo stato delle odierne conoscenze storiche sembra che il primo ad avere una netta visione dell'aeroplano sia stato l'inglese Giorgio Cayley, che nel 1809 ne dava descrizione, additando anche il giusto sistema da seguire per realizzarlo.
Ma tale realizzazione doveva chiedere l'appoggio ad una tecnica non ancora sufficientemente matura. Gli arditi e geniali costruttori del secolo passato fecero ogni sforzo per vincere la difficoltà di ottenere la leggerezza che richiede l'aeroplano, difficoltà resa più aspra dalla necessità di portare a bordo un motore, a cui in sostanza quasi tutto è dovuto. Essi dovettero lottare inoltre contro la generale incredulità, e poco poterono concludere. Il loro entusiasmo li portava d'altra parte ad affrontare il problema troppo radicalmente, mentre, come ora vedremo, esso doveva essere risoluto per gradi. Si può notare che vennero tuttavia realizzati dei piccoli modelli di aeroplano aventi l'elica o le eliche azionate dall'energia sviluppata da elastici previamente contorti, o addirittura da piccoli motori a vapore, e capaci di sostenersi in volo, percorrendo tratti più o meno lunghi fino a oltrepassare il chilometro.
Al volo di questi piccoli esemplari ed ai tentativi di volo di apparecchi in grandezza naturale, sforniti di motore, seguì nel 1897 un volo, per quanto brevissimo e sfortunato (perché l'apparecchio tornò malamente a terra), di un aeroplano, costruito dal francese ing. Clément Ader e da lui stesso manovrato (nel gergo degli aviatori: pilotato). Nel secolo scorso ebbero importanza fondamentale le esperienze condotte dal tedesco Otto Lilienthal, che ebbe appunto l'accortezza di tentare la risoluzione dell'arduo problema dell'aeroplano non affrontandolo in pieno, ma gradualmente.
Egli cioè cominciò con studî teorici (v. aerodinamica) sulle superficie curve e con la metodica osservazione del volo di quegli uccelli che si giovano delle correnti d'aria per sostenersi in volo tenendo per molto tempo le ali immobili o quasi (come ad es. i falchi). Proseguì costruendo aeroplani sforniti di motore ai quali egli si sospendeva con le braccia e coi quali si lanciava dalla sommità di una collina in opportune giornate di vento: la corrente di questo, seguendo il pendio della collina assumeva direzione ascendente (fig. 1) ed egli correndo contro di essa si staccava da terra per ritornarvi dolcemente, dopo aver percorso spesso anche oltre cento metri.
I voli di Lilienthal naturalmente, data la mancanza del motore e la località in cui venivano eseguiti, non erano orizzontali ma discendenti; però il vento, che, come si è detto, era ascendente, rendeva meno rapida la discesa perché spingeva l'apparecchio verso l'alto e talora, se aumentava di intensità durante una discesa, riusciva addirittura a sollevarlo momentaneamente ancora più in alto del punto di partenza. Nel 1896 il Lilienthal, dopo aver compiuti oltre 2000 voli, trovava sventuratamente la morte.
In America seguirono il metodo di questo valoroso sperimentatore i fratelli Orville e Wilbur Wright, i quali iniziarono i loro voli, senza motore, all'incirca nel 1900; essi modificarono successivamente i loro apparecchi e radunarono un utilissimo complesso di cognizioni, in base alle quali nel 1903 essi poterono costruire su buoni dati di fatto un aeroplano con motore e volare con esso il 26 dicembre 1903. Si può dire che da quest'epoca comincia lo sviluppo pratico della tecnica dell'aeroplano, che in breve tempo fu migliorata fino allo stato attuale.
L'aeroplano prende diverse denominazioni a seconda della forma e dell'uso che può avere.
Una prima distinzione si basa sul numero delle superficie per mezzo delle quali si sostiene nel volo e cioè delle ali. Gli aeroplani con una sola ala si chiamano monoplani (figg. 2 e 3); quelli con due ali sovrapposte biplani (fig. 4), e sesquiplani quando una delle due ali è sensiblmente più piccola dell'altra (fig. 5). Quelli con più di due ali sovrapposte chiamansi con nome generico multiplani, ed in particolare triplani (fig. 6) quando le ali sovrapposte sono tre. I tipi più correnti sono i monoplani, i sesquiplani ed i biplani. I triplani sono ormai rari. È poi rarissimo il caso in cui si siano progettati o costruiti multiplani con più di tre ali sovrapposte. A titolo di curiosità si può ricordare che nel 1921 all'esposizione di aeronautica di Parigi figurava un piccolo multiplano con circa 20 ali sovrapposte. L'insieme di queste ali rammentava una persiana ingrandita (velivolo a persiana). Esso offriva la particolarità di dare poco ingombro, di rendere migliori talune condizioni di equilibrio in volo, e possibile la visibilità in quasi tutte le direzioni.
Nei riguardi dello scopo cui sono destinati, gli aeroplani si dividono in militari e civili.
Organi di un aeroplano. - Le parti essenziali di un aeroplano sono le seguenti:
1. Le ali, che chiamansi anche superficie portanti, perché nel moto dànno luogo ad una portanza cioè a quella forza che sostiene l'apparecchio in volo (v. aerodinamica). Naturalmente esse offrono anche una resistenza all'avanzamento, ma essa è molto minore della portanza e viene vinta dall'elica o dalle eliche (v. aerotecnica).
2. Il complesso motopropulsore, cioè l'insieme del motore (o dei motori) e dell'elica (o delle eliche). Questo serve per generare la forza che trascina in avanti l'aeroplano per fargli acquistare la velocità sufficiente perché le ali forniscano il sostentamento necessario. Se l'aeroplano ha un solo motore, chiamasi monomotore, se ne ha due, bimotore, e così trimotore, quadrimotore, e in genere multimotore, a seconda del numero dei motori. Ordinariamente le eliche sono tante quanti i motori, ossia ciascuna è azionata dal proprio motore; in taluni casi però due o più motori possono comandare una sola elica, mentre in altri (come nel Wright di cui si è detto) un solo motore azionava due eliche.
3. Il carrello (fig. 7), ossia il dispositivo che per la facile scorrevolezza sul suolo permette la partenza e l'arrivo. Quando l'aeroplano riprende terra, nel momento in cui incontra il suolo, la traiettoria non è rigorosamente tangente a questo e quindi si ha un certo urto, che può divenire forte se l'atterraggio è malamente eseguito. Il carrello, entro certi limiti, deve assorbire gli sforzi che nascono da tale urto, di modo che l'apparecchio non ne risulti danneggiato. Quindi ha organi elastici a questo scopo, come vedremo. Anche nella partenza, per le ineguaglianze del terreno vi possono essere degli urti, assorbiti dal carrello. A seconda delle dimensioni e del tipo, un aeroplano può avere uno o più carrelli.
Si può notare che sebbene i costruttori che precedettero i fratelli Wright avessero già muniti i loro aeroplani di carrelli, questi ultimi adottarono invece dei pattini; e ciò non consentiva al loro apparecchio di poter spiccare il volo completamente con i mezzi di bordo. Tale sistema fu quindi presto abbandonato ed attraverso qualche metamorfosi si giunse al carrello. I pattini, come si è detto, sono tornati in vigore per apparecchi destinati a partire e ad atterrare su terreno coperto di neve o sul ghiaccio.
4. Pattino di coda (o béquille). Per far sì che l'aeroplano, una volta toccata terra tornando da un volo, si fermi in uno spazio relativamente breve, dietro al carrello, alla estremità posteriore (cioè a poppa, o in coda), vi è una appendice che, strisciando sul terreno, lo frena. Ad essa si dà il nome di pattino di coda, da noi confondersi coi pattini di cui sopra (12, fig. 7). Esso tocca terra poco tempo dopo le ruote del carrello e quando l'aeroplano è molto inclinato all'indietro (appoppato); le ali pertanto aggiungono per proprio conto un'azione frenante per la resistenza che esse offrono all'avanzamento con la loro forte inclinazione sulla direzione del moto. L'aeroplano fermo poggia sul carrello e sul pattino. In partenza, però, quest'ultimo striscia soltanto per un primo tratto, perché poi, con l'aumentare della velocità, l'apparecchio tende ad inclinarsi in avanti, sollevandolo.
È chiaro che, analogamente a quanto avviene per il carrello, il pattino è collegato elasticamente con l'apparecchio. Talvolta esso è orientabile; il pilota se ne serve in tal caso per poter cambiare direzione a terra a bassa velocità, poiché allora i timoni ed altri organi di cui ora parleremo sono poco efficaci.
In taluni aeroplani per necessità costruttive (fig. 6) vi sono due pattini di coda. In taluni altri, rari però, manca il pattino ed al suo posto vi è una ruota. Ma allora occorre provvedere alla frenatura con un apposito dispositivo per limitare la corsa dopo toccato il suolo.
5. Piani di coda. Nella parte posteriore dell'apparecchio (cioè a poppa, o in coda) vi sono delle superficie minori ma simili ad ali, disposte le une press'a poco orizzontalmente e le altre verticalmente.
In generale, sia nelle orizzontali sia nelle verticali, si distingue una parte normalmente fissa ed una parte mobile a volontà del pilota.
La parte orizzontale o piano fisso orizzontale (10, fig. 7) ha la funzione di dare una stabilità longitudinale automatica all'aeroplano: se una piccola perturbazione infatti muta il suo assetto, il piano fisso lo riconduce alla posizione primitiva dopo una serie di piccole oscillazioni. Però se la perturbazione è forte, occorre la manovra della parte mobile orizzontale da parte del pilota (5, fig. 7) in aiuto della fissa. Quest'ultima chiamasi timone di profondità, perché, oltre che a quanto si è detto, serve a volontà del pilota per far salire o discendere l'apparecchio (è analogo al timone orizzontale dei sommergibili e dei dirigibili).
La parte fissa verticale o deriva (9, fig. 7) ha anch'essa per la sua posizione la funzione di riportare l'aeroplano sulla propria rotta (dopo una serie di impercettibili oscillazioni) qualora da una perturbazione ne fosse deviato. Anche qui, al di là di un certo limite, occorre il concorso del piano mobile verticale manovrato dal pilota, o timone di direzione (analogo al timone delle navi di superficie). Quest'ultimo (7, fig. 7) ha anche l'ufficio di poter far cambiare la rotta all'aeroplano, a volontà. In molti casi può ancora efficacemente concorrere a ristabilire l'equilibrio trasversale che si regola normalmente con gli alettoni, come diremo.
Ai piani fissi verticali ed orizzontali si è dato talora il nome di impennaggi per analogia con le penne poste in fondo alle frecce per stabilizzarle nelle loro traiettorie.
La posizione generalmente adottata per i piani fissi e mobili è a poppa; ma in alcuni casi la loro ubicazione è stata diversa.
Presenta un certo interesse ricordare che si sono anche costruiti aeroplani privi dei piani anzidetti, e cioè addirittura senza coda, sfruttando ingegnosi accorgimenti nella loro costruzione; ma la cosa non ha avuto seguito.
Si può notare infine che in taluni piccoli aeroplani può mancare un piano fisso ed essere sostituito completamente da quello mobile; così pure in taluni altri i piani fissi possono subire, a volontà del pilota, dei piccoli spostamenti o nuovi assetti per annullare alcune azioni persistenti le quali durante un viaggio possono tendere a mutare l'equilibrio dell'aeroplano. Così, ad esempio, in un apparecchio da bombardamento, dopo il lancio parziale o totale delle bombe, l'alleggerimento conseguente può recare perturbazioni nelle condizioni di equilibrio, che il pilota dovrebbe continuamente correggere col timone di profondità sempre nello stesso senso. La manovra persistente del timone di profondità può essere allora utilmente eliminata disponendo il piano fisso orizzontale ad una incidenza lievemente diversa, che un pilota provetto immediatamente individua con pochi tentativi, dal suo posto, e continuando a volare, mediante opportuni comandi meccanici.
6. Alettoni (3, fig. 7). Sono delle piccole parti mobili generalmente ricavate nelle ali, dalla parte posteriore (parte poppiera) e verso le estremità esterne. Gli alettoni sono comandati dal pilota e si spostano in modo tale che se uno di essi ruota verso l'alto, il simmetrico ruota verso il basso. In questa guisa si generano delle dissimmetrie che alterano principalmente l'equilibrio trasversale: l'aeroplano allora tende a sbandarsi da un lato. Se quindi, durante la navigazione, un'azione perturbatrice tende a far variare l'assetto trasversale dell'apparecchio, si manovrano gli alettoni in guisa da agire in senso opposto, e così si riporta l'apparecchio alla sua posizione normale.
Gli alettoni oltre che a ristabilire l'equilibrio trasversale dell'apparecchio servono anche ad agevolare altre manovre. Normalmente, ad esempio, non si muta la rotta senza sbandare dal lato dell'accostata l'aeroplano mediante gli alettoni; sebbene il timone di direzione in molti apparecchi abbia anche questa tendenza, ciò diviene necessario, e tanto più quanto più rapidamente e correttamente si voglia compiere tale accostata. Iniziatasi l'accostata non occorre più l'azione degli alettoni, perché l'aeroplano resta sbandato ed anzi spesso occorre far ruotare gli alettoni in senso contrario perché esso potrebbe automaticamente tendere a sbandarsi troppo. Altro caso in cui gli alettoni possono rendere qualche servizio è nel mutare direzione a terra con l'aeroplano a bassa velocità, in aiuto del timone di direzione e dell'eventuale pattino orientabile. In questa circostanza gli alettoni vengono rotati in senso contrario a quello che si adopererebbe se l'aeroplano fosse in volo.
Gli alettoni sono sempre a coppia (destro e sinistro). Nei monoplani ve n'è una sola coppia; negli altri aeroplani ve ne possono essere anche due coppie, le quali però sono sempre comandate tutte insieme dal pilota.
In qualche tipo di biplano gli alettoni sono disposti fra l'ala inferiore e la superiore. Talvolta possono addirittura mancare perché l'ala si può deformare (tecnicamente: svergolare; franc. gauchir), sempre però per azione del pilota, in modo da produrre dissimmetria di portanza tra le due ali, con funzione analoga a quella degli alettoni. Questo dispositivo destinato sia a ristabilire l'equilibrio trasversale turbato per una qualunque circostanza, sia ad eseguire le evoluzioni, fu brevettato dal Mouillard e dallo Chanut (v. aeronautica) e applicato dai fratelli Wright in America. Date le dimensioni e la necessità di rigidità nell'ala degli apparecchi attuali esso è andato in disuso, salvo qualche caso eccezionale (fig. 18).
7. La fusoliera (fig. 7, 1) è l'elemento, che oltre a collegare le ali coi piani di coda e col carrello, contiene il carico che si vuole trasportare in volo, e cioè pilota, passeggeri, posta, merci, ordigni bellici, serbatoi per benzina, ecc. Negli aeroplani monomotori porta anche il motore, anteriormente, ed ancora avanti al motore, se questo è raffreddato ad acqua, può portare un radiatore a nido d'ape, dinanzi al quale è l'elica (fig. 7, 13). Alla parte inferiore della fusoliera nella estremità posteriore (a poppa) trovasi il pattino, di cui si è già detto.
In alcuni aeroplani molto grandi comparvero anche due fusoliere, una navicella (detta anche carlinga) centrale dentro la quale potevano allogarsi l'equipaggio ed eventualmente i passeggeri o altri carichi. In tal caso ogni fusoliera portava anteriormente un motore con la propria elica, come negli apparecchi a una fusoliera. La navicella portava a volte anch'essa posteriormente un motore con l'elica disposta dietro al motore, detta in tal caso propulsiva o spingente mentre le altre venivano chiamate trattive. Un esempio di aeroplano a due fusoliere si ha nel triplano della fig. 6: alla coda di ciascuna fusoliera è disposto un pattino.
In passato talvolta il collegamento tra ali e piani di coda era fatto invece che da fusoliere da due travi reticolari controventate trasversalmente, che avevano il solo compito accennato (figg. 8, 13, 14, 16, 19). L'equipaggio, il motore, il rimanente del carico erano allogati nella navicella. Tale concezione costruttiva permetteva maggiore visibilità e maggior leggerezza, ma aumentava le resistenze passive. Gli aeroplani così fatti si chiamano a trave di coda. Caduti in disuso sono stati recentemente e felicemente ripristinati dall'ing. Marchetti (v. aeronautica).
8. Comandi e strumenti. Per poter essere padrone della manovra dell'aeroplano, il pilota deve avere a sua disposizione i comandi degli alettoni, del timone di profondità, del timone di direzione del motore, quelli eventuali dei piani fissi, ecc., e deve possedere un certo numero di istrumenti di controllo.
In quasi tutti gli aeroplani destinati a trasportare più uomini vi è tendenza a mettere il doppio comando, in modo che oltre al pilota possa manovrare l'apparecchio anche un'altra persona dell'equipaggio, ciò che è indispensabile nei grandi aeroplani militari, negli aeroplani civili che trasportano passeggeri, nei casi di lunghi viaggi, ecc. Naturalmente l'azione sui comandi deve essere affidata sempre ad un individuo solo. Il doppio comando è stato applicato per la prima volta negli aeroplani da scuola. E poiché è avvenuto in talune circostanze che l'allievo pilota, spaventato, abbia immobilizzato i comandi, mettendo l'istruttore nelle condizioni di non poter più governare l'aeroplano, con conseguenti gravi pericoli, l'istruttore ha il mezzo di rendere folli i comandi di cui dispone l'allievo, rendendosi istantaneamente lui solo padrone di ogni manovra, come se il secondo comando non esistesse più.
Elementi che costituiscono l'aeroplano.
Ali. - Le ali non sono dei semplici piani, perché il piano ha poca capacità a portare (v. aerodinamica), ma superficie curve con spessore decrescente dall'avanti all'indietro, ossia dal cosiddetto bordo d'attacco (fig. 7, 30), verso il bordo d'uscita (fig. 7, 31). La sezione dell'ala con un piano parallelo al piano di simmetria, si chiama profilo dell'ala.
Il profilo è prescelto a seconda delle qualità aerodinamiche che deve avere l'aeroplano ed ha uno spessore sufficiente perché dentro l'ala possano essere contenuti gli elementi costruttivi che sopportano gli sforzi, con la voluta robustezza.
Il contorno (pianta) dell'ala nel caso costruttivamente più semplice è rettangolare ed il profilo è costante.
La dimensione maggiore perpendicolare al piano di simmetria si chiama apertura, la dimensione nel senso del profilo chiamasi profondità; allungamento è il rapporto fra apertura e profondità.
Spesso il contorno dell'ala non è rettangolare e può avere, ad esempio, una qualunque delle altre forme indicate nella fig. 9; il profilo e quindi la profondità sono conseguentemente variabili dal centro verso l'estremità di ciascun'ala.
L'allungamento è allora il rapporto fra la superficie racchiusa dal contorno dell'ala e il quadrato della profondità misurata a metà di una semi-ala. Si è riscontrato sperimentalmente che l'allungamento più opportuno per conciliare le esigenze aerodinamiche con quelle costruttive oscilla tra 6 e 7. In taluni aeroplani costruiti per scopi speciali l'allungamento può essere sensibilmente più grande o più piccolo.
A seconda della forma del contorno, un'ala, a parità di condizioni, può guadagnare o perdere leggermente dal lato aerodinamico.
Oggi si ritengono ottimi i tipi b ed f (fig. 9). I contorni g ed h hanno, rispetto agli altri, la particolarità di portare la risultante dell'azione aerodinamica un pochino indietro, e ciò può essere vantaggioso per risolvere dei problemi di centraggio. Si dice che in tal caso l'ala presenta un V orizzontale.
I tipi g ed h collaborano inoltre con la deriva nel dare all'aeroplano la stabilità di rotta, perché appena esso accosta, ad esempio, verso destra, la semi-ala sinistra, presentando maggiore resistenza dell'altra, tende a rimetterlo in rotta.
Il tipo indicato con c rende maggiormente efficaci gli alettoni perché aumenta il loro braccio di leva.
Da questi pochi cenni si vede che, a seconda dei casi, converrà più un certo contorno d'ala a preferenza degli altri, e ciò spiega perché né tutti i costruttori né lo stesso costruttore scelgono nelle loro produzioni lo stesso contorno.
Può infine notarsi che a talune ali, onde migliorare la stabilità longitudinale dell'aeroplano, si dà per costruzione una piccola torsione in modo che non tutti i profili che su di essa possono tracciarsi attacchino l'aria col medesimo angolo.
Talora, guardando un aeroplano di fronte, si vede che una semi-ala non è in prolungamento dell'altra, ma che esse formano un V molto aperto al vertice, generalmente in basso. Questo V (chiamato V trasversale) serve per migliorare la stabilità trasversale e per contrastare la scivolata d'ala.
Circa la struttura dell'ala, accenneremo anzitutto al tipo quasi esclusivamente adottato tempo fa e molto in uso anche oggi: l'ala internamente ha uno scheletro, con due spine dorsali che vanno, nel senso dell'apertura, dalla fusoliera verso l'estremità; sono poste l'una vicino al bordo d'attacco e l'altra ad una distanza un po' più sensibile dal bordo d'uscita. Esse chiamansi rispettivamente lungherone anteriore e lungherone posteriore.
Nel senso della profondità sono poste, ed assicurate ai lungheroni numerose leggere strutture, le centine, che completano lo scheletro, e cioè l'ossatura dell'ala (figg. 10 e 11). Le centine hanno nel loro contorno la forma del profilo dell'ala; anteriormente, ossia al bordo di attacco, sono rinforzate per resistere ai rilevanti sforzi che prevalentemente colà si manifestano; posteriormente sono collegate di solito da un filo metallico. Oltre che essere assicurate al bordo di attacco, ai lungheroni e al bordo d'uscita, le centine, specie se di legno, sono tenute in punti intermedî mediante coppie di fettucce che corrono nel senso dei lungheroni (fig. 10).
I due lungheroni, anteriore e posteriore, vengono collegati l'uno con l'altro in modo da formare una travatura reticolare. Come si vede in fig. 10 d, e, vi sono quindi ogni tanto dei rompitratta e un sistema di diagonali e controdiagonali, crociere interne. Come rompitratta possono essere usate centine speciali opportunamente rinforzate.
Il bordo d'attacco dell'ala è molto cimentato in volo e talora anche a terra, quando si eseguono le manovre a braccia per spostare l'aeroplano, onde la sua ossatura viene irrobustita mediante centine addizionali incomplete (fig. 10, g) che vanno semplicemente dal bordo d'attacco al lungherone anteriore (il bordo di attacco in sostanza è un lungheroncino).
Talora sopra le false centine si mette un ulteriore rinforzo di metallo leggiero o di legno compensato sottile (il legno compensato è costituito da un numero dispari di fogli di legno incollati l'uno sull'altro, con l'avvertenza che il senso delle fibre di ogni foglio sia perpendicolare a quello delle fibre dei fogli ad esso adiacenti: risulta molto leggiero e sottile rispetto alla sua resistenza).
Le ali sono rivestite con tela di lino o di cotone o di seta, opportunamente cucita alle centine con ottimo refe. La tela in corrispondenza delle cuciture è rinforzata mediante speciali fettucce disposte una sotto e una sopra al refe. Oltre alla cucitura sulle centine la tela ha delle giunture, perché l'industria tessile la fornisce con altezza limitata. Queste ultime giunture sono poste in genere, almeno nelle costruzioni italiane, diagonalmente rispetto all'ala.
La tela, dopo cucita viene verniciata con tre mani di apposita vernice che va sotto il nome generico di emaillite ed ha la facoltà di dare alla tela una ulteriore tensione, rendendola anche più resistente. Sopra all'emaillite, che è igroscopica, si dà un'altra mano di vernice a finire lucida, generalmente trasparente, che preserva l'ala dall'umidità e la rende finemente liscia.
I margini estremi dell'ala, a seconda della forma, sono di struttura differente. Nel caso più semplice, dell'ala rettangolare a profilo costante, i margini possono essere costituiti dalle due centine più esterne, opportunamente irrobustite per resistere sia alla tensione della tela, sia a qualche lieve urto accidentale.
Con un'ala costruita come si è detto, in volo l'aria esercita le sue pressioni e depressioni sulla tela, che attraverso le centine sono trasmesse ai lungheroni; si comprende facilmente che questi ultimi elementi sono d'importanza vitale.
In taluni monoplani (fig. 2), le due mezze ali s'incastrano nella fusoliera ed hanno i lungheroni continui da un'ala all'altra, restando completamente libere, senza nessun altro sostegno. Tali monoplani si dicono con ala a sbalzo o a cantilever. I lungheroni, in tal caso, non sono appoggiati. In altri monoplani (fig. 3) se lo spessore dell'ala (dipendente dal profilo scelto) non è abbastanza grande per consentire l'impiego di lungheroni sufficientemente robusti, questi vengono aiutati con dei saettoni, cioè con delle aste inclinate che partendo dalla fusoliera (o dal carrello) vanno ad unirsi ognuna con ciascun lungherone assorbendogli così una parte degli sforzi. Naturalmente i saettoni, essendo esterni, causano una resistenza all: avanzamento che viene ridotta al minimo possibile dando loro una forma di buona penetrazione.
Nei biplani (in particolare nei sesquiplani e analogamente nei multiplani) i lungheroni dell'ala superiore sono generalmente collegati con quelli dell'ala inferiore, in modo da formare una travatura reticolare nello spazio, che irrobustisce moltissimo le ali. L'insieme delle ali così collegate prende il nome di cellula. Le denominazioni dei varî elementi costituenti la cellula sono di massima quelle segnate nella fig. 7.
In una cellula normalmente si notano elementi rigidi (aste) verticali o quasi, chiamati montanti e degli elementi costituiti dai fili o cavi d'acciaio che vanno dalla base di un montante al vertice dell'altro (o dalla fusoliera ai montanti) chiamati diagonali e centrodiagonali se sono nel piano dei due lungheroni anteriori o dei posteriori, crociere quando collegano i montanti corrispondenti ai due lungheroni, anteriore e posteriore (fig. 13). Durante il volo normale lavorano i montanti, le diagonali e, leggermente, talune crociere. Le controdiagonali (fig. 13) lavorano soltanto al momento dell'atterraggio e durante il riposo a terra dell'aeroplano. Possono però lavorare in certe condizioni speciali di volo (volo rovescio, cioè con aeroplano capovolto, ecc.).
Si comprende che tutti gli elementi della cellula esposti al vento sono profilati opportunamente per la buona penetrazione. Spesso le diagonali e le controdiagonali non sono a sezione circolare, ma a sezione pisciforme o lenticolare. In talune cellule non esistono fili o cavi, ma gli elementi sono tutti rigidi: la cellula allora è del tipo indicato nella fig. 11 e chiamasi cellula rigida. In altri biplani o sesquiplani, al contrario, le ali superiori ed inferiori sono quasi completamente indipendenti (fig. 10, d); vi sono soltanto dei deboli collegamenti verso i margini, che hanno secondaria importanza e e che se anche fossero tolti non comprometterebbero, di massima, la resistenza dell'aeroplano. Naturalmente in tali casi le ali sono calcolate come ali monoplane a sbalzo e ciascuna resiste agli sforzi per proprio conto.
Tutti gli elementi di forza di una cellula e cioè lungheroni, rompitratta, montanti, aste diagonali, ecc., sono di materiali sceltissimi; quelli rigidi sono poi costruiti in modo da raggiungere la massima leggerezza possibile nonostante la forte resistenza.
Ogni pezzo è quindi tubolare od opportunamente alleggerito delle parti che non contribuirebbero quasi nulla alla robustezza, anche se di legno.
Nel parlare della struttura più in uso dell'ala si è parlato di rue lungheroni; però, sebbene raramente, il numero dei lungheroni può essere ridotto ad uno, ovvero può essere maggiore di due.
I lungheroni sono o di legno (generalmente spruce), o di acciaio, o di una lega speciale di alluminio che prende il nome di duralluminio. Quando i lungheroni sono di legno le centine sono pure di legno. Quando i lungheroni sono metallici in genere anche le centine sono metalliche.
Il rivestimento delle ali, oltre che essere di tela, può essere tutto od in parte di legno compensato o di lamiera metallica. Quando però si adopera la copertura di legno o metallica si può modificare la struttura interna togliendo ad esempio i rompitratta e le crociere interne, il cui lavoro può essere assorbito dal rivestimento che entra a costituire la membratura resistente senza soverchio aggravio di peso rispetto alla struttura coperta di tela.
I montanti (o le aste di una cellula rigida) possono essere di legno, generalmente spruce, o di acciaio o di duralluminio. Essi debbono essere ben profilati perché esposti al vento. Se quindi si usassero tubi metallici a sezione circolare, occorrerebbe aggiunger loro una leggera carenatura in legno e tela ecc., per trasformare la sezione da circolare in pisciforme.
Le diagonali e controdiagonali sono, come si è accennato, o di cavo di acciaio ad alta resistenza o di filo di acciaio a forma penetrante (tiranti trafilati).
Spesso per maggior sicurezza si fanno doppie, e cioè formate da due fili o due cavi che corrono parallelamente e molto vicini. Si profitta di ciò, quando sono di cavo, per carenare la coppia di cavi mediante bandelle di legno che le riuniscono, formando così un profilo di buona penetrazione. Le crociere sono quasi sempre di filo (tiranti trafilati).
Tutti questi elementi non rigidi per varie ragioni hanno bisogno di poter essere tirati o allentati a seconda delle circostanze. I cavi sono quindi muniti di tenditori simili agli arridatoi in uso nella marina, e i fili (tiranti trafilati) sono alle due estremità filettati in senso opposto; resta così, in questi, abolito il tenditore. I tiranti trafilati rispetto ai cavi segnano un progresso per la migliore penetrazione, per l'abolizione del tenditore e per il fatto che all'attacco possono essere fatti anche più robusti che nella parte profilata; per i cavi invece l'attacco, per necessità costruttive, costituisce una zona di minore resistenza.
2. Complesso moto-propulsore. - Abbiamo detto che attualmente, negli aeroplani monomotori a fusoliera, il motore è nella parte anteriore di questa. Quando l'aeroplano è a trave di coda il motore è nella navicella, anteriormente (fig. 8) o posteriormente (figg. 14, 16). Quando è a due fusoliere, vi sono generalmente due o tre motori, collocati come è stato detto. La sistemazione del motore, specialmente nei plurimotori, può essere molto varia, a seconda della struttura prescelta e del tipo di motore adottato (figg. 17, 19).
I motori ora in uso sono quasi generalmente fissi, con raffreddamento ad acqua o con raffreddamento ad aria. Se la loro potenza supera un certo limite (intorno ai 500 HP) essi sono sempre a raffreddamento ad acqua, almeno allo stato attuale della tecnica (figg. 23, 25, 27).
Talvolta si fa girare il motore più velocemente dell'elica con l'intermediario di un riduttore, che in talune costruzioni può far parte integrante di esso e in altre può esserne separato (fig. 27). La struttura che regge il motore deve essere robusta e nello stesso tempo leggiera; inoltre il motore dev'essere facilmente accessibile. Nel caso di aeroplani veloci, con motore raffreddato ad acqua, esso è protetto da opportune cappottine che migliorano la penetrazione, ma che debbono essere facilmente rimovibili per ispezionare il motore. Negli aeroplani veloci con motore raffreddato ad aria, si adoperano ancora delle cappottine, ma generalmente più limitate perché debbono lasciare sporgere le alette dei cilindri onde queste possano essere investite dall'aria per il refrigeramento (fig. 26).
In taluni aeroplani deve essere possibile la sostituzione del motore in tempo brevissimo, e perciò la struttura che lo sopporta è studiata a questo scopo ed asportabile con esso.
Il motore raffreddato ad acqua è fornito di radiatore (per quest'ultima) che può essere a nido d'api, analogo a quello delle automobili (fig. 26) ovvero di una forma più adatta a conferirgli una buona penetrazione e maggiore leggerezza (radiatore ad alette, fig. 31). Col variare della quota cambia la temperatura e la pressione dell'aria, e ciò a parità di quote può accadere ad un aeroplano anche nel corso di un lungo viaggio. Il radiatore quindi in certi momenti può essere troppo efficace: occorre perciò fornirlo di un dispositivo per ridurre il flusso dell'aria che lo investe chiamato appunto parzializzatore, e comandato dal pilota. Spesso è munito di radiatore anche il circuito dell'olio di lubrificazione (e ciò anche nei motori raffreddati ad aria). Non mancano casi in cui il parzializzatore esiste anche nel circuito dell'olio.
Lo scappamento dei motori può essere libero ovvero tutto lo scarico può esser convogliato in un collettore, talvolta con dispositivo di silenziamento (fig. 13).
Si deve però notare che il silenziamento in un motore d'aviazione è relativo: resta sempre il rombo dell'elica che ancora non si è riusciti ad eliminare. Il convogliamento dei gas di scarico è indispensabile nei casi in cui essi, per la postazione e per il tipo di motore scelto (ad esempio motore a stella situato a prora) vadano ad investire l'equipaggio, causando, se non gravi disturbi, almeno malessere (nei voli notturni inoltre le fiamme dello scarico abbaglierebbero il pilota).
La benzina giunge al motore da appositi serbatoi situati o nella fusoliera o nella navicella, o talvolta addirittura nell'ala. L'alimentazione è fatta oggidì mediante una pompa aspirante e premente, comandata dal motore, spesso con l'intermediario di un alimentatore situato nell'ala, in qualche caso direttamente: ciò ad esempio quando non sia possibile sistemare l'alimentatore ad una cinquantina di centimetri al di sopra dei carburatori.
3. Carrello. Il carrello normalmente è formato da tre parti essenziali: una rigida costituita dalle anse con relativi rinforzi (fig. 3) e che parte dalla fusoliera, una mobile, comportante due ruote e il relativo assale, infine una elastica che collega la parte mobile con la parte fissa. In casi speciali la parte elastica di cui si è detto è tra le anse e la fusoliera. Talune volte l'assale è interrotto, e ciò è utile in alcuni aeroplani militari, perché sotto la fusoliera è possibile la sistemazione d'una grossa e lunga bomba o di un siluro che altrimenti, al momento del lancio, urterebbe contro l'asse (fig. 27). Il collegamento elastico tra anse e ruote viene fatto generalmente da parecchi metri di cordone costituito da tanti fili di gomma che sono protetti all'esterno con una guaina di treccia di cotone (figg. 26, 27, 29). Tale materiale è facilmente soggetto ad alterarsi, e si tenta la sua sostituzione con dispositivi pneumatici o idropneumatici.
Una buona parte degli urti all'atterraggio (ed eventualmente alla partenza) viene però assorbito dagli stessi pneumatici delle ruote.
I grossi aeroplani hanno sovente più di un carrello.
Il carrello, malgrado sia ben carenato e lavorato con accuratezza, offre una resistenza passiva abbastanza forte, e influisce anche dannosamente sulla maneggevolezza dell'aeroplano in volo.
Per diminuire la resistenza all'avanzamento offerta dalle ruote, queste, se a raggi metallici si coprono lateralmente con tela (fig. 15); talvolta vengono mascherate insieme con le anse da apposite carenature, che proteggono anche l'elica da eventuali spruzzature di fango; infine in qualche caso, con opportuna manovra, il carrello viene fatto rientrare nell'apparecchio dopo spiccato il volo, per essere nuovamente messo fuori all'atto dell'atterraggio.
4. Pattino di coda. - Esso può essere in legno o in metallo. L'unione con la fusoliera è fatta con elastici dello stesso tipo di quelli usati per il carrello. Talvolta però si sopprimono gli elastici dando al pattino la forma di una semimolla a balestra.
5. e 6. Piani di coda ed alettoni. - Tutti questi organi nella loro struttura interna ed esterna sono molto somiglianti alle ali (fig 32). Abbiamo già detto che talvolta i piani fissi sono regolabili in volo, e ne abbiamo spiegata la ragione nel caso di quello orizzontale. Per quello verticale può notarsi che, ad esempio nei trimotori a due fusoliere e navicella, se durante il volo viene a mancare il motore di centro, la cosa che maggiormente aggrava la situazione è la conseguente riduzione di potenza e la maggiore resistenza dipendente dall'elica ferma; ma se viene a mancare un motore laterale oltre a ciò si crea un disquilibrio tra le azioni dei due restanti propulsori e le resistenze al moto.
Il pilota sarebbe costretto ad una persistente azione sul timone di direzione, alla quale si sommerebbero tutte le altre necessarie per correggere le perturbazioni secondarie. Spostando opportunamente il piano verticale, l'anzidetta azione viene eliminata.
È superfluo aggiungere che quando i piani fissi sono comandabili, come accade in alcuni apparecchi, i relativi comandi debbono necessariamente essere irreversibili.
I timoni di direzione e di profondità, quando lo sforzo da parte del pilota tende a superare un certo limite, vengono compensati con criterio analogo a quello normalmente in uso per i timoni delle navi. Nella fig. 7, ad esempio, il timone di direzione 7 è compensato con la parte 8, a proravia dell'asse di rotazione. Analogamente il timone orizzontale 5 è compensato con la parte 6. In sostanza la superficie del timone si espande davanti alla cerniera, per modo che si avvicina a questa il centro di pressione.
Una compensazione dello stesso genere occorre talvolta fare anche agli alettoni. Però ciascuno di questi può essere compensato anche in modo diverso, e cioè con l'aggiunta di un piccolo piano soprastante o sottostante all'alettone stesso.
È interessante osservare che le superficie che fanno compensazione, sebbene riducano lo sforzo del pilota, non riducono però l'intensità dell'azione dell'organo a cui appartengono, ma anzi la aumentano leggermente; esse aumentano però le resistenze all'avanzamento.
Per rendere ancora più agevoli i comandi degli organi anzidetti gli assi di rotazione sono montati su cuscinetti a sfere.
Nei grandi apparecchi i piani di coda possono essere multipli.
7. Fusoliera. - La fusoliera nella sua struttura può assumere aspetti molto diversi. Spesso è costituita da una travatura reticolare in legno o in metallo. Il rivestimento, se la travatura interna è in legno, può essere fatto con tela o con legno compensato, se è metallica il rivestimento è o in tela o in lamierino di leghe leggiere. In ogni modo, presso al motore non si deve mai adoperare, perché in caso di incendio s'infiammerebbe facilmente: in tale compartimento pertanto il rivestimento è sempre metallico.
Quando il rivestimento è in compensato o in lamierino, occorre naturalmente far concorrere tali materiali a reggere gli sforzi della fusoliera in modo analogo a quanto si è detto per l'ala. In talune fusoliere in legno o metalliche manca la travatura interna ed allora lavorano quasi esclusivamente il compensato o il lamierino.
La fusoliera deve avere una buona forma di penetrazione, e debbono essere perciò evitate con somma cura sporgenze brusche o rientranze, ecc. La struttura delle navicelle è simile a quella della fusoliera. Nella fig. 32 si vede lo scheletro di una fusoliera costituita quasi interamente di legno e nella fig. 35 una parte di fusoliera metallica.
8. Comandi, strumenti, ecc. - I comandi di cui dispone il pilota sono parecchi, ed ogni giorno tendono ad aumentare.
Il timone di direzione viene comandato con i piedi per mezzo di una opportuna pedaliera, come è indicato schematicamente nella fig. 19. In A è l'asse di rotazione della pedaliera, in B è quello del timone, in C e D agiscono i piedi. Volendo accostare a dritta si spinge in avanti il piede destro, e volendo accostare a sinistra il sinistro.
Il timone di profondità è comandato a mano con una leva che abbassata in avanti fa discendere (tecnicamente: picchiare) l'aeroplano o tirata indietro lo fa salire (tecnicamente: cabrare).
Gli alettoni si governano nei piccoli aeroplani spostando la stessa leva ora detta, a dritta se si vuole lo sbandamento da quella parte, a sinistra se si vuole dalla parte opposta; nei grandi aeroplani è più agevole invece mettere sulla sommità della leva ora detta un volantino simile a quello delle automobili e comandare gli alettoni con la rotazione di quest'ultimo (rotazione a destra - sbandamento a destra, rotazione a sinistra - sbandamento a sinistra). In tal caso la leva non è mobile lateralmente. Il pilota dopo poche lezioni agisce sui comandi per memoria muscolare.
I comandi dei piani fissi (quando esistono) sono a parte e funzionano girando delle piccole manovelle nei due sensi, a seconda dell'effetto che si desidera ottenere.
Il motore viene comandato spesso, per semplicità, con un'unica manetta che regola simultaneamente l'anticipo all'accensione e le farfalle dei carburatori. Vi è inoltre un comando che impoverisce la miscela con l'aumento della quota e viceversa, perché con essa diminuisce od aumenta la densità dell'aria che va nei cilindri (v. motore: Motori d'aviazione).
Ricordiamo infine i comandi dei parzializzatori dei radiatori (costituiti da semplici leve).
Ai comandi ora detti si debbono aggiungere un commutatore, che serve per mettere separatamente o totalmente a massa i magneti, un magnetino di avviamento che fa scoccare delle scintille di capacità molto intense nei primi giri del motore, facilitandone l'avviamento, un avviatore per mettere in marcia automaticamente il motore. Gli avviatori possono essere di tipi molto diversi, ma attualmente non sono ancora sufficientemente perfezionati (nei motori di piccola potenza l'avviatore manca, e la partenza si fa a mano, agendo opportunamente sull'elica e girando simultaneamente o subito dopo il magnetino di avviamento).
Circa gli strumenti occorrenti per il controllo della navigazione, e cioè manometri per olio e benzina, termometri per acqua e per olio, contagiri, altimetri, indicatori di velocità, bussole ecc., sono disposti su una plancetta o su più plancette, che ricordano molto il cruscotto delle automobili (fig. 33).
Vicino al pilota è anche un avvisatore d'incendio, collegato coi punti ove questo più facilmente può verificarsi, nonché il comando di un estintore, il quale ultimo porta le sue diramazioni sui punti suddetti. (talvolta l'estintore è automatico).
Prova statica. - La natura particolarissima dell'impiego dell'aeroplano obbliga ad usare opportune cautele che garantiscono la solidità della costruzione progettata ancor prima che venga adoperato in volo.
Pertanto la costruzione di ogni tipo di aeroplano è preceduta da quella di un aeroplano (in vera grandezza) che si sottopone a opportune prove. Esso viene rovesciato, assicurato per il suo castello motore a un cavalletto, e sulle ali si pone un carico di sacchetti di sabbia che sta a riprodurre le azioni esercitate dall'aria in volo.
Il carico suddetto viene posto gradualmente, e ogni tanto durante l'operazione si osservano le deformazioni che subisce la cellula e si nota se sono in accordo con le previsioni dei calcoli.
Si aggiungono quindi nuovi sacchetti di sabbia, fino ad arrivare alla rottura dell'apparecchio. Da un rapporto, che è all'incirca quello del carico che ha causato la rottura al peso dell'apparecchio, può aversi quindi un indice sulla sicurezza in volo degli esemplari che verranno in seguito costruiti.