AERONAUTICA (I, p. 594; App. I, p. 32)
I progressi nel campo aeronautico, notevolissimi in questi ultimi anni, si identificano oggi col perfezionamento dell'aeroplano; il "più leggero" dell'aria è oramai, si può dire, quasi completamente dimenticato. Sembra pertanto più rispondente all'attuale situazione della tecnica e della pratica aggiornare la voce, per ciò che riguarda lo sviluppo generale del mezzo aereo e il suo impiego, sotto l'esponente aviazione.
Industria aeronautica.
Si classificano come aeronautiche le industrie che costruiscono cellule d'aeromobili, propulsori ed accessorî speciali per aviazione. Questi tre gruppi generalmente fanno capo ad imprese diverse e comunque comportano sistemi di lavorazione ed impianti nettamente distinti. Il primo usufruisce, a sua volta, della produziorie di numerose altre industrie ausiliarie (dei semilavorati in acciai speciali ed in leghe leggere, dei compensati, delle tele, delle vernici e collanti, dei materiali sintetici e trasparenti, dei pneumatici, dei cavi e condotti, ecc.) che, pur non potendo definirsi specificatamente aeronautiche, ne hanno alcune particolari caratteristiche comuni, quali l'accuratezza dei collaudi e l'estrema selezione dei materiali e in genere, come conseguenza, il costo di produzione assai elevato.
Un'opportuna, seppure arbitraria, suddivisione delle industrie costruttrici di cellule per aeromobili può basarsi sul tipo di costruzione che, per la sua stessa natura, fa capo, almeno nel tempo, ad impianti totalmente diversi. Si distinguono pertanto:
1) Industrie che si dedicano alla costruzione di strutture reticolari costituite da elementi in compressione, generalmente di legno e da elementi in trazione di fili d'acciaio.
Sono le prime in ordine di tempo. Nate agli albori dell'aviazione, ne sopravvivono ancora talune per alianti o piccoli velivoli; conservano per lo più un ciclo di lavorazione a carattere d'artigianato.
2) Industrie per la costruzione di aeromobili con strutture reticolari in tubi d'acciaio, a guscio e semiguscio in legno e miste.
Hanno contribuito a dare la tipica fisionomia alla maggior parte delle fabbriche aeronautiche, sin quasi all'inizio della seconda Guerra mondiale.
Nella lavorazione del legno occorre una estrema accuratezza nella scelta ed una perfetta stagionatura, spesso artificiale. La caratteristica degli impianti è determinata dalla pratica delle giunzioni con colle (generalmente alla caseina o a base fenolica), richiedenti notevoli pressioni; tale esigenza, unitamente alla molteplicità e alle dimensioni delle parti impronta l'attrezzatura d'officina che, in grandi scali di montaggio, ha complessi sistemi per rendere accessibili e possibilmente serrabili in presse e morsetti tutte le giunzioni strutturali. Lo sviluppo della tecnologia del legno ha fatto tali progressi che, ancora oggi, tale tipo di costruzione non può dirsi superato per velivoli a bassi carichi superficiali, prodotti in piccole e medie serie, ed ha avuto qualche brillante affermazione in velivoli bellici di alte caratteristiche (il britannico Mosquito).
Accanto al reparto falegnameria ed assemblaggio parti in legno, sorge il reparto di saldatura che, utilizzando quasi tutti i processi di saldatura autogena conosciuti, costruisce i particolari in lamiera e profilato, e le strutture tubolari, con acciai ad alta caratteristica. La successiva lavorazione è fatta nel reparto meccanica che spesso diventa il più importante e delicato di tutta l'impresa; esso costituisce il nucleo intorno a cui man mano si trasformano gli altri, adattandosi ai nuovi sistemi di lavorazione. Esso non differisce praticamente - come pure i reparti montaggio e allestimento - da quelli analoghi delle industrie dell'ultimo tipo.
3) Industrie per la costruzione di strutture a guscio o semiguscio in leghe leggere.
Ultimo in ordine di tempo, questo genere di costruzione è nato dalla necessità di robustezza dei velivoli moderni, ma si è generalizzato soprattutto per la sua suscettibilità di consentire una produzione industriale organizzata con sistemi del tipo automobilistico. Ad esso si riferiscono, in massima parte, le sbalorditive cifre di produzione della seconda Guerra mondiale. L'impianto più caratteristico di queste industrie è quello per la lavorazione delle lamiere in lega leggera.
Lo stampaggio viene effettuato per lo più mediante batterie di presse idrauliche che talora raggiungono dimensioni eccezionali (v. fig. 1); le attrezzature, data anche la loro quantità, sono spesso ridotte ad uno stampo maschio che comprime la lamiera contro un cuscino di gomma. Generalmente non si effettua la tranciatura che viene sostituita dal taglio diretto dei lamierini in pacchi, con apposite fresatrici a contornare in copia (v. fig. 2). Infine, i materiali impiegati (duralluminio o leghe similari) richiedono, durante e dopo lo stampaggio, delicati trattamenti termici in forni speciali di grandi dimensioni e molto costosi. L'assemblaggio di queste parti e la loro unione che, salvo alcuni tentativi di saldatura limitati a strutture secondarie, viene realizzata mediante chiodatura (alcune centinaia di migliaia di chiodi nei velivoli di grandi dimensioni), costituisce un altro problema industriale di prim'ordine. Per la sua risoluzione si sono escogitate le più ingegnose macchine chiodatrici automatiche e soprattutto una estesa gamma di sistemi di chiodatura che giunge sino ai rivetti esplosivi, in cui la formazione della testa è ottenuta per semplice riscaldamento dell'estremità accessibile.
Già durante tutta la fase dell'assemblaggio e nelle successive del montaggio e dell'allestimento, in cui i grandi e complessi scali vengono man mano ridotti, finché l'aeromobile è unità formata (v. figg. 3, 4 e 5) si inseriscono gradatamente le parti meccaniche e le installazioni. Le une e le altre confluiscono nella catena, sia dai reparti della stessa impresa, sia quali subforniture di altre ditte specializzate. Coll'evolversi dei velivoli verso tipi sempre più perfezionati e complessi, la qualità e quantità di questi particolari hanno raggiunto limiti tali, da eguagliare e talora superare il costo della cellula nuda e del propulsore.
L'industria dei motori alternativi a scoppio per aviazione non presenta particolarità così rilevanti come quella delle cellule di volo; la caratterizzano solo l'accuratezza di lavorazione, la selezione dei materiali ed il maggiore sviluppo della parte sperimentale e di collaudo. La nuovissima produzione dei propulsori a turbina (a turbogetto, a turbopropulsore e misti) ha invece introdotto alcuni problemi nuovi, solo in parte risolti, particolarmente per le giranti, il cui materiale deve conservare elevatissime caratteristiche meccaniche a temperature eccezionalmente alte, e le cui pale presentano una lavorazione difficile; l'accurata rifinitura è effettuata per ora quasi del tutto a mano. Inoltre questa produzione, appena uscita dalla fase sperimentale, va posta su di un piano più scientifico che industriale. Essa è stata affrontata oltre che dalle ditte costruttrici di motori, anche da quelle produttrici di aeromobili; infatti, l'avvento dei reattori, con la più intima connessione tra propulsore e velivolo ed il continuo crescere della meccanicità di quest'ultimo, ha sempre più accostato i cicli e i sistemi produttivi dei due onde si va attenuando il divario iniziale esistente tra l'industria delle cellule e quella dei propulsori. L'opposto accade per gli accessorî, la cui industria si specializza sempre più con organizzazioni autonome in modo da snellire il compito delle imprese produttrici di velivoli moderni, migliorare e rendere più economica la produzione.
Ogni giorno più, particolari che prima erano di esclusiva ideazione e produzione delle industrie dei velivoli, tendono ad unificarsi così da essere spostati tra gli accessorî e le subforniture. Con tutto ciò gli uffici di progettazione delle grandi industrie produttrici di apparecchi militari e di linea, data soprattutto la preponderanza del lavoro sperimentale, gravano sempre in modo eccezionale sui costi di produzione: in alcune imprese americane le spese generali raggiungono e superano spesso il 200% del costo di lavorazione.
Una statistica americana del 1939 ci fornisce alcuni interessanti elementi caratteristici dell'industria aeronautica, utili per inquadrare i successivi dati di produzione; nel 1948 i valori in dollari debbono computarsi quasi raddoppiati:
L'industria aeronautica nelle varie nazioni.
Italia (XIX, p. 771; App. I, p. 749).- L'industria aeronautica italiana si mantenne all'avanguardia fino all'inizio della seconda Guerra mondiale. Successivamente, in parte per la crisi di organizzazione generale del paese e soprattutto per ragioni economiche, non riuscì a superare la fase critica di passaggio dal secondo al terzo tipo di produzione; altrettanto, e forse più arretrata, rimase l'industria motoristica. Solo "L'aeronautica d'Italia" (Fiat), impostò la produzione di un velivolo da caccia con metodi moderni di costruzione (terzo tipo).
Stati Uniti d'Amenca. - I dati dell'industria aeronautica americana, possono considerarsi come valori base di quella mondiale (da soli ne superano il 50%).
Le principali industrie americane di velivoli nel 1948 sono le seguenti (tra parentesi è indicato, in milioni di dollari, il valore della produzione nel 1947): Beech Aircraft Corporation (26); Bell Aircraft Corporation (11); Boeing Airplan Co. (14); Consolidated Vultee Aircraft Corporation (31); Curtiss Wright Corporation (59); Douglas Aircraft Co. (92); Fairchild E. and A. Corporation; Grumman Aircr. Eng. Corporation; Lockheed Aircr. Corporation (133); Glenn. L. Martin Co.; Mc Donnell Aircr. Corporation (11); North American Aviation Inc. (z9); Northrop Aircr. Inc. (29); Republic Aviation Inc. (20); Ryan Aeronautical Corporation; United Aircraft Corporation (144).
Tra le precedenti non sono comprese le industrie per soli apparecchi da turismo, che nel 1947 hanno prodotto circa 16.000 unità per un valore complessivo di 53.206.000 dollari.
Inghilterra. - L'industria aeronautica britannica, in primissimo piano come qualità e capacità di produzione, ha utilizzato negli ultimi anni della seconda Guerra mondiale 2.000.000 di dipendenti in oltre 1500 imprese. Ridotta a poco più del 10%, essa per la parte militare gravò sul bilancio del 1947-48 con una spesa di circa 140.000.000 di sterline.
I principali gruppi per la produzione dei velivoli sono: Airspeed; Armstrong Whitworth; Avro; Blackburn; Boulton Paul; Bristol; De Havilland; Fairey; G. A. (General Aircraft) Gloster; Handley Page; Hawker; Miles; Percival; Short; Supermarine; Vickers; Westland.
I motori per aeronautica inglesi sono già da tempo tra i migliori del mondo, tanto da essere riprodotti su licenza in numerosi paesi (Italia, Svezia, Cecoslovacchia, Svizzera, Francia e persino nell'America del Nord). Tale tradizione è stata continuata per i propulsori a reazione, decisamente d'avanguardia.
Francia. - Si valutano a circa 70.000 i dipendenti dell'industria aeronautica francese nel 1948. La produzione è ancora in fase di assestamento, però è orientata verso buoni apparecchi moderni da turismo, di linea e militari anche a reazione. L'industria aeronautica francese è completamente nazionalizzata sin dal 1936. Sono state in tal modo formate sei "Sociétés nationales de constructions aéronautiques" rispettivamente: de l'ouest, comprendente Bréguet, Loire-Nieuport; du sud-ouest, comprendente Marcel Bloch, SASO, UCA, Lioré et Olivier, Blériot; du nord, con Potez, CAMS, Amiot, ANF, Mureaux, Bréguet; du centre, con Hanriot, Farman; du sud-est, con Lioré et Olivier, Potez, CAMS, Romano, SPCA; du midi, con Dewoitine. L'industria dei motori non è ancora nazionalizzata.
Germanìa. - Della produzione aeronautica tedesca immediatamente prima e durante la seconda Guerra mondiale, si conoscono solo dati stimati. Essa si aggirava sulle 18.000 unità nel 1939 e raggiunse forse le 40.000 unità nel 1942. Qualitativamente essa fu superata solo negli ultimi anni del conflitto. Comunque, nonostante lo scarso impiego, esistevano in studio ed allo stato sperimentale velivoli a reazione pura ed i Tedeschi rimasero sino all'ultimo all'avanguardia, anche in considerazione dell'apporto recato in tale campo dalle V1 e V2. Un panorama industriale germanico alla vigilia del conflitto ci presenta i seguenti grandi gruppi industriali per i velivoli: Arado, B. F. W. (Messerschmitt), Bucker, Dornier, Fieseler, Focke-Wulf, Gotha, Heinkel, Henschel, Iunkers, Siebel.
Russia. - La capacità produttiva dell'industria aeronautica russa è stata stimata di circa 40.000 unità all'anno nel 1946 e di oltre 75.000 nel 1948. La flotta aerea civile di linea è pianificata alla cifra di 500.000 t. per il 1949 (nel 1939 era di circa 40.000 t.). Come sviluppo qualitativo, l'industria aeronautica russa ha derivato la sua produzione in gran parte da quella nordamericana (costruzioni su licenza e con apporto di tecnici e mezzi di lavoro, durante la guerra, e liberamente copiata nel dopoguerra) ed inoltre essa si è avvantaggiata degli impianti e dei tecnici della Germania occupata per il più recente sviluppo degli apparecchi a reazione.
Altri paesi. - Industrie aeronautiche sviluppate già prima dell'ultima guerra posseggono: il Belgio (Fairley, Renard, Stampe et Vertongen, Tipsy), la Cecoslovacchia (Aero-Beneš-Mraz, Praga-Zlin), il Canada (Boeing, Canadian Vickers, De Havilland, Fairchild, Fleet, Norduyn), il Giappone (Kawasaki, Mitsubishi, Nakajma, Tatikawa), l'Olanda (Fokker, Koolhoven), la Polonia (PWS, PZL, RWD). Tutti gli altri paesi industrialmente progrediti hanno in apprestamento, o già in esercizio, impianti per lo più sorti col contributo tecnico ed economico delle maggiori industrie straniere. Tecnici e capitali italiani sono stati così introdotti nell'Ameriea del sud.
La situazione dell'industria aeronautica nel dopoguerra. - Con la fine della seconda guerra mondiale, ha avuto inizio un periodo particolarmente difficile per le industrie aeronautiche delle potenze occidentali, sviluppatesi notevolmente durante il periodo bellico. La forte riduzione delle forniture militari è una delle cause principali delle attuali difficoltà di tali industrie, che hanno dovuto limitare la propria attività nel dopoguerra, per effetto anche del notevole numero di velivoli militari da trasporto posti in vendita come residuati di guerra nel biennio 1946-47 (valutati a più di 10.000) e parzialmente adattati per i servizî civili. D'altro canto, i prezzi delle nuove costruzioni sono risultati così elevati da non incoraggiare notevoli acquisti da parte delle imprese di trasporti aerei.
L'unica grande industria degli S. U. che stia attraversando gravi difficoltà finanziarie è proprio quella aeronautica. I 182.000 velivoli militari da essa costruiti nel biennio 1943-44 testimoniano il grandioso sviluppo della sua attrezzatura, ma costituiscono altresì la causa principale della sua attuale debolezza. Le dimensioni delle maggiori aziende non sono infatti proporzionate alle esigenze di una normale produzione di pace e influenzano sfavorevolmente i costi. Appena finita la guerra, la costruzione di velivoli militari è scesa negli S. U. a cifre modeste - 1.330 nel 1946 e 1.800 nel 1947 - mentre nel 1943-44 costituiva l'unica attività delle diverse fabbriche. Il numero di velivoli civili prodotto nel dopoguerra è passato da 34.874 nel 1946, a 15.400 nel 1947 e la maggior parte di essi è costituita da piccoli apparecchi da turismo.
Il rapido aumento dei costi di produzione ha reso alquanto aleatoria la progettazione e la costruzione di nuovi modelli civili di grande portata, destinati non più all'accomodante amministrazione militare ma ad imprese civili che debbono avere la possibilità di effettuare normali ammortamenti del materiale di volo senza essere costrette, a tal fine, ad aumentare le tariffe. Nel 1947 il costo di un prototipo di grande portata e autonomia (ad esempio, il Boeing Stratocruiser da 80 passeggeri) oscillava fra 30 e 40 milioni di dollari (circa 24 miliardi di lire), mentre era previsto per la produzione in serie un prezzo di vendita unitario di 1,3 milioni di dollari (circa 780 milioni di lire). Di fronte a prezzi così elevati alcune imprese di trasporti aerei hanno declinato, durante il 1947, numerose ordinazioni passate alle fabbriche americane, accrescendone in tal modo le difficoltà finanziarie. La Air Policy Commission, alla fine del 1947, ha suggerito al governo degli S. U. alcuni provvedimenti che dovrebbero contribuire ad attenuare la crisi delle industrie aeronautiche, fra i quali l'immediato aumento della dotazione di velivoli delle forze armate. Nuove ordinazioni di fortezze volanti sono già state passate dall'amministrazione militare alle fabbriche statunitensi.
Le difficoltà di fronte alle quali si è trovata, alla fine della guerra, l'industria britannica sono di altro genere e derivano principalmente dal fatto che essa, in seguito a un accordo intervenuto fra lo stato maggiore americano e quello inglese, ha costruito nel periodo bellico prevalentemente velivoli da caccia e da offesa, trovandosi, alla fine della guerra, in ritardo di tre o quattro anni rispetto alle industrie statunitensi nella progettazione e sperimentazione di moderni aeroplani da trasporto. Ciò nonostante, i nuovi velivoli civili britannici stanno affermandosi rapidamente sul mercato mondiale, mentre i motori inglesi a reazione per l'aviazione hanno caratteristiche così elevate che gli stessi S. U. intendono costruirli, su licenza, nelle proprie fabbriche. L'avvenire dell'industria inglese è perciò meno preoccupante di quello della rivale americana, anche perché una parte della sua attrezzatura è stata opportunamente convertita, per essere destinata a produzioni meccaniche diverse. Inoltre il governo, che ha nazionalizzato i servizî aerei civili, può sempre aiutare l'industria aeronautica, assicurandole buone commesse per l'aviazione civile.
L'attività dell'industria aeronautica sovietica è circondata dalla più stretta riservatezza, ma è ovvio che essa non incontri le difficoltà che si presentano alle industrie private degli altri paesi.
In Francia, la nazionalizzazione dell'industria aeronautica non ha dato finora buoni risultati nel campo tecnico e in quello finanziario. La produzione del dopoguerra è stata esigua (1959 velivoli nel 1946 e 1445 nel 1947) e numerosi tipi costruiti recentemente non sono all'altezza di quelli similari britannici e americani. L'industria è sovraccarica di personale e produce a costi elevati. Tanto la Francia quanto l'Italia sono rimaste molto indietro nella progettazione di motori d'aviazione di elevata potenza unitaria, ciò che influisce sulle caratteristiche e sulle prestazioni dei maggiori velivoli da trasporto.
L'industria italiana, che prima della guerra godeva di una meritata fama, ha parzialmente convertito la sua attrezzatura, poiché le limitazioni imposte dal trattato di pace non le consentono un'attività economicamente conveniente. Alcune officine producono ora materiale rotabile ferro-tramviario, motocarri, carrozzerie per autoveicoli, ecc. Tuttavia, le principali fabbriche (la Breda, la Fiat, la Macchi, la SAI) non hanno abbandonato la progettazione e la costruzione su scala ridotta di nuovi velivoli, che potranno essere sviluppati e perfezionati non appena saranno abolite le attuali limitazioni.
Diritto aeronautico (I, p. 621; App. I, p. 38).
Negli ultimì anni l'evoluzione del diritto dell'aviazione, comunemente detto in Italia "diritto aeronautico", è stata notevole sia nel campo nazionale, sia in quello internazionale, tanto sotto l'aspetto sistematico, quanto sotto quello legislativo.
Diritto italiano. - Al diritto dell'aviazione, il cui oggetto resta limitato e precisato dallo studio dell'ambiente (atmosfera e superficie) in cui l'attività aviatoria si svolge, dal mezzo (aeromobile) con cui si attua, nonché da tutti i tipici rapporti giuridici pubblici e privati cui essa dà luogo, si era fin qui generalmente riconosciuta un'autonomia scientifica, didattica e soprattutto legislativa. In Italia tuttavia - antesignano A. Scialoia - era venuta sorgendo una scuola la quale, traendo partito dal fatto che questo diritto si suole impropriamente chiamare "diritto della navigazione aerea" sostiene l'unità del diritto della navigazione sia marittima sia aerea ed afferma che il diritto del mare deve costituire il diritto comune di ogni specie di navigazione. Fondandosi su tale presupposto, questa scuola è riuscita a far promulgare nel 1942 un "codice della navigazione aerea", che disciplina e la navigazione acquea (marittima ed interna) e la navigazione aerea.
Tale codice realizza, però, a giudizio di molti, solo formalmente l'asserita unità del diritto della navigazione, poiché in sostanza esso risulta costituito, salvo qualche parte accessoria veramente comune alle due specie di navigazione (dispos. preliminari e dispos. penali), da due diversi e separati codici, autosufficienti. L'esempio italiano non ha finora trovato eco presso altre nazioni, dove il diritto aeronautico continua a svolgersi in maniera autonoma.
Il codice della navigazione costituisce attualmente in Italia la principale fonte del diritto aeronautico interno. L'art. 1329 nelle sue disposizioni finali dichiara, infatti, che "con l'entrata in vigore delle norme del codice sono abrogate le disposizioni..... del r. decr. legge 20 agosto 1923, n. 2207, convertito in legge 31 gennaio 1926, n. 723, del regolamento per la navigazione aerea approvato con il r. decr. 11 gennaio 1925, n. 356 - che come è noto erano le fonti preminenti del diritto aviatorio italiano - nonché le altre disposizioni concernenti le materie disciplinate dal codice della navigazione e contrarie o incompatibili col codice stesso".
Senonché molte disposizioni di questo codice non sono ancora entrate in vigore, perché un altro articolo delle stesse disposizioni finali (art. 1328) dichiara che "le disposizioni del codice che richiedono per la loro applicazione l'emanazione di particolari norme regolamentari non entrano in vigore fino a quando dette norme non sono state emanate". E poiché molte, e forse la maggior parte delle norme del codice, per quanto riguarda la materia aeronautica, hanno bisogno di tali norme regolamentari (come è dimostrato dall'ampiezza dell'abrogato regolamento del 1925 dianzi accennato), è chiaro che esse non sono ancora entrate in vigore. La qual cosa crea uno stato di incertezza e di confusione. D'altro canto, tali norme regolamentari che hanno sempre seguito e devono fatalmente seguire per la intrinseca natura del traffico aereo quelle internazionali, non possono ancora essere emanate, perché queste ultime sono in via di trasformazione per opera della nuova Organizzazione internazionale dell'aviazione civile (ICAO) di cui si dirà qui appresso. Si aggiunga che una notevole massa delle norme dello stesso codice (parte aeronautica), riproducono sostanzialmente disposizioni di convenzioni internazionali anch'esse oggi sottoposte a più o meno profonda revisione sicché nessuna stabilità si può prevedere per lo stesso codice.
Gli eventi hanno pertanto dimostrato che la riforma italiana della legislazione aeronautica - a parte la questione del sistema a cui essa si è ispirata - era prematura e che conveniva seguire il metodo di adeguare progressivamente la legislazione interna a quella internazionale.
Non si può e non si deve però disconoscere che, dal lato dottrinale, il codice della navigazione rappresenta un interessante tentativo di codificazione che è servito a precisare e a completare molti istituti giuridici tipici del diritto aeronautico. Tale, ad esempio, è da considerare il titolo delle "disposizioni preliminari" che precisa le fonti del diritto della navigazione e detta le norme relative alle leggi applicabili alle varie situazioni giuridiche in cui può venirsi a trovare l'aeromobile, nonché ai fatti ed agli atti compiuti a bordo; materia questa che, anche nel campo internazionale, non ha ancora trovato una sua specifica disciplina legislativa.
A proposito della gerarchia delle fonti del diritto della navigazione, quale è stata fissata nel nuovo codice, il legislatore italiano dispone (art. 1) che "ove manchino disposizioni del diritto della navigazione e non ve ne siano di applicabili per analogia, si applica il codice civile". Ora è chiaro che il rinvio al solo codice civile è troppo limitativo, poiché la materia disciplinata dal codice non è solo privatistica, ma altresì pubblicistica, ed anche per situazioni giuridiche di diritto pubblico può essere talora necessario fare ricorso al diritto generale, come, ad esempio, in materia di concessioni o autorizzazioni o di polizia in senso generale. Laonde il rinvio avrebbe dovuto essere fatto al diritto comune e non soltanto al codice civile. È, naturalmente, dubbio che a tale incompletezza possa rimediare l'interprete per mezzo dell'interpretazione estensiva.
Diritto internazionale. - La legislazione internazionale aeronautica - che in questa materia ha importanza preminente perché il traffico aereo è essenzialmeute internazionale e conseguentemente le singole legislazioni nazionali tendono a modellarsi su di essa - è, in questo momento in una fase di larga evoluzione; e ciò attraverso l'ICAO (International Civil Aviation Organisation) che si è sostituita alla vecchia CINA (Commission Internationale de Navigation Aérienne creata dalla convenzione di Parigi del 1919) ed al CITEJA (Comité International d'Experts Juridiques Aériens), che fìnora avevano avuto diritto di iniziativa in materia di legislazione di aviazione civile internazionale.
Sul finire della seconda Guerra mondiale, gli Stati Uniti, certi di conseguire una posizione preminente nei traffici aerei internazionali, convocarono a Chicago una conferenza mondiale dalla quale, dopo laboriosi lavori, uscì la "convenzione sulla navigazione aerea civile internazionale" del 7 dicembre 1944, destinata a sostituire quella di Parigi ed ora già entrata in vigore, nonché due altri accordi speciali detti del transito e del trasporto (Transit Agreement e Transport Agreement).
Questi atti, tutti relativi al diritto pubblico della navigazione aerea, innovano, per molti riguardi, la precedente legislazione aerea internazionale, costituita, come è noto, dalla detta convenzione di Parigi e da altre minori convenzioni come, ad esempio, quella sanitaria di Ginevra del 1933.
La convenzione di Chicago del 1944 batte nuove vie, specie per quanto riguarda la costituzione, gli scopi, il funzionamento della nuova organizzazione amministrativa e legislativa internazionale di cui è centro l'ICAO, i controlli, prima sconosciuti, sull'attività economica delle imprese di navigazione aerea intemazionale e l'ingerenza dell'ICAO nella organizzazione all'interno dei singoli stati contraenti, delle cosiddette facilities, ossia dell'infrastruttura o organizzazione alla superficie per la navigazione aerea (aeroporti, segnalazioni, servizî radioelettrici, ecc.).
La detta convenzione, inoltre, disciplina per la prima volta, con una disposizione piena di avvenire (art. 5), l'attività dell'aviazione libera mercantile, che oggi si sviluppa rigogliosa, accanto e talora in contrasto con l'aviazione regolare di linea. La convenzione di Chicago riconferma, per altro, il principio fondamentale della vecchia legislazione internazionale che lo spazio aereo è soggetto alla sovranità completa ed esclusiva degli stati su cui incombe e riconferma ancora che la istituzione di linee aeree internazionali è soggetta al consenso degli stati interessati. Tuttavia un'innovazione di grande portata fu tentata a Chicago relativamente a quest'ultima materia che è fra le più delicate del diritto internazionale aeronautico per i contrastanti interessi che involge.
Con i due suddetti agreements sul transito e sul trasporto si tentò di regolare, su base multilaterale, la concessione reciproca fra gli stati contraenti delle cosiddette cinque libertà dell'aria, ossia praticamente la completa libertà della navigazione aerea internazionale e del traffico aereo commerciale di linea (quest'ultimo specialmente coll'accordo sul trasporto). Ma se gli stati si sono mostrati proclivi a concedere automaticamente, sulla base di un accordo multilaterale, il diritto di sorvolo e di atterraggio sul proprio territorio per fini non commerciali agli aeromobili di linea degli stati contraenti, ossia le cosiddette prima e seconda libertà dell'aria, non così è stato relativamente al diritto di lasciare caricare e scaricare liberamente sul proprio territorio passeggeri, posta e merci in traffico internazionale diretti o provenienti da qualsiasi paese situato lungo la rotta delle linee aeree: ossia la cosiddetta quinta libertà. Perciò solo pochi stati hanno ratificato l'accordo sul trasporto che questa libertà sancisce, ed anzi alcuni fra glì stessi stati che l'avevano ratificato, si sono dopo poco tempo affrettati a denunciarlo; così, ad esempio, gli Stati Uniti d'America che dell'accordo erano stati strenui propugnatori.
Così ancor oggi la istituzione di linee aeree internazionali, ossia il traffico internazionale di linea, è regolato - come per il passato sotto la convenzione di Parigi - da accordi bilaterali che sono generalmente diretti a regolare il traffico fra i due paesi interessati (ossia la terza e quarta libertà), ma che possono concedere, come negare, il diritto di quinta libertà.
Ad ovviare a queste difficoltà dell'accordo bilaterale, che taluni ritengono un intralcio allo sviluppo del traffico internazionale, si è più recentemente tentato da parte dell'ICAO di fare adottare dagli stati membri un "accordo multilaterale sui diritti commerciali dei trasporti aerei internazionali" che, grosso modo, dovrebbe sostituire i due accordi di Chicago sul transito e sul trasporto e che comporterebbe la mutua concessione, sotto determinate limitazioni, del diritto della quinta libertà. Sinora il risultato di tali sforzi è stato però negativo, come dimostra l'ultima conferenza di Ginevra del novembre 1947, che era stata convocata per l'esame e l'adozione di un tale accordo. Se un tale accordo possa raggiungersi in futuro è difficile prevedere data la profonda differenza di vedute e di interessi dei varî stati.
Nel campo del diritto internazionale privato aeronautico, il movimento di unificazione procede molto più lentamente, benché sia da prevedere che, coll'assorbimento del CITEJA, da parte dell'ICAO questo movimento possa procedere più spedito. Si fa qui notare, per incidenza, l'importanza anche politica, dell'assorbimento del CITEJA nell'ICAO, che oltre tutto rappresenta un accentramento della funzione legislativa in materia di navigazione aerea internazionale.
Come è noto, delle quattro convenzioni di diritto aeronautico, quella di Varsavia del 1929 sul contratto di trasporto aereo internazionale, le due di Roma del 1933 sul sequestro conservativo degli aeromobili e sui danni ai terzi alla superficie e quella di Bruxelles del 1938 sull'assistenza e salvataggio degli aeromobili in mare, solo la prima è stata finora ratificata da un gran numero di stati ed è di applicazione generale, mentre le altre attendono ancora di essere ratificate e non hanno potuto fare la loro esperienza. Un movimento è tuttavia in atto, sia per rivedere la convenzione di Varsavia che per modificare le altre ed in particolare quella di Roma sui danni ai terzi alla superficie e relativo protocollo addizionale di Bruxelles 1938 sull'assicurazione obbligatoria di tali danni.
Quanto alla convenzione di Varsavia, che maggiormente interessa il gruppo dei trasportatori aerei nonché gli utenti di questi servizî, si sono manifestate due tendenze: l'una vorrebbe modificarla più o meno profondamente, l'altra sostiene invece che essa ha dato finora buoni risultati e non conviene quindi, mancando una sufficiente esperienza, ritoccarla. Una recente proposta, fatta in seno al comitato giuridico istituito l'anno scorso all'ICAO, tenderebbe a modificare il sistema della responsabilità del trasporto aereo sancito da quella convenzione per i danni arrecati alle persone trasportate, imponendo un'assicurazione obbligatoria infortunî per una somma tripla a quella in cui ora è limitata la responsabilità del trasportatore che, in tal modo, non sarebbe più responsabile. Crediamo che tale sistema, troppo semplicista e che non risolve in pieno il problema della responsabilità, non abbia probabilità di successo.
Intanto presso il comitato giuridico dell'ICAO sono allo studio varî altri progetti di convenzioni internazionali, quale quello sullo stato giuridico del comandante dell'aeromobile, sui danni per urto di aeromobili, sulla limitazione globale della responsabilità dell'esercente di aeromobile, ecc.
Un progetto che il detto comitato ha già definito e licenziato è quello sulla proprietà e diritti reali sugli aeromobili, che soprattutto gli Stati Uniti d'America hanno dichiarato urgente. Questo progetto è all'ordine del giorno dell'assemblea dell'ICAO fissata per il giugno 1948 a Ginevra, dove sarà approvato e sottoscritto dai varî stati membri, che lo tradurranno in regolare convenzione internazionale. Dal punto di vista della procedura, l'ICAO si sostituirà così alle normali conferenze diplomatiche, attraverso le quali i progetti di convenzione elaborati precedentemente dal CITEJA, venivano tradotti in convenzioni internazionali. In tal maniera l'ICAO diventerà una permanente conferenza diplomatica per le sottoscrizioni di tutte le convenzioni internazionali di diritto pubblico e privato in materia di aviazione civile internazionale.