aere (aire; are)
È la forma normale della lingua dantesca, con lo stesso valore di ‛ aria ' (di cui si ha un solo esempio in D.: Vn XXVII 5 cfr. anche Detto 242, 245). Ha una frequenza abbastanza alta, ma è quasi esclusivo della Commedia; appare poche volte nelle Rime e nel Convivio, mai nelle altre opere. Indica spesso, genericamente, l'elemento fisico, l' " aria ", in cui si snoda la lunga riga delle gru (If V 47) o la schiera degli augei che vernan lungo 'l Nilo (Pg XXIV 65), o si spazia l'allodetta di Pd XX 73 (cfr. ancora If V 84, e, nella forma ‛ are ', certamente dovuta alla rima, Vn XXIII 24 52 mi parve vedere... / cader li augelli volando per fare); l'aria attraverso cui potrebbe ‛ andare ' uno spirto (If XII 96) o saprebbe ‛ levarsi ' a volo un essere umano, secondo quanto afferma, parlando a gioco, Griffolino d'Arezzo (XXIX 113; cfr. anche Pd VIII 126); o ancora, quella che l'angelo nocchiero va trattando... con l'etterne penne (Pg II 35), o quella che ‛ fendono ' le verdi ali degli angeli che mettono in fuga il serpente della valletta dei principi (Pg VIII 106; cfr. anche XIV 131 folgore parve quando l'aere fende, / voce che giunse di contra; If VIII 14). Una zona d'aria più ristretta è quella che Gerione con le branche... a sé raccolse (If XVII 105). Cfr. ancora Pg XXIX 23 e 35, dove si tratta dell'aere che s'illumina all'avanzare della processione nel Paradiso terrestre (al v. 74 il termine viene piuttosto a identificarsi con " cielo "); Pg XIII 43; If 148, XVII 113; XXIX 60 (da accostare a Cv IV XXVII 17). Con valore del tutto generico in If XXIV 51 santa la qual [fama] chi sua vita consuma, / cotal vestigio in terra di sé lascia, / qual fummo in aere e in acqua la schiuma; Pg XXXI 145; Cv II IV 17 afferma chi ha li occhi chiusi l'aere essere luminoso, e XIII 22. In Pd VII 125 l'aere è accostato agli altri elementi fondamentali: l'acqua, il foco, la terra.
In due luoghi del D. lirico (e tale concentrazione è significativa) ricorre la forma ‛ aire ', con valore assai vicino: Rime LXVII 6 sento... / raccoglier l'aire del sezza' sospiro; Cv III Amor che ne la mente 36 desiri, / che prendon aire e diventan sospiri (ripreso in XIII 11).
Il termine ricorre anche nella descrizione di fenomeni atmosferici, o con il valore generico di " atmosfera ": 'l pregno aere è quello che in acqua si converse e travolse il corpo di Bonconte (Pg V 118; con lo stesso aggettivo in Pd X 68; e cfr. anche Pg XXV 91); ne l'aere si raccoglie / quell'umido vapor che in acqua riede, / tosto che sale dove 'l freddo il coglie (Pg V 109); e così ancora If XXXI 36, Pd XXVII 68, XXVIII 80; Levasi... /lo vento peregrin che l'aere turba / ... e passa il mare, onde conduce copia / di nebbia tal che... / questo emisferio chiude tutto... / e poi si solve, e cade... / in noiosa pioggia, / onde l'aere s'attrista tutto e piagne (Rime C 15 e 22; cfr. anche CII 28); Pg XXVIII 104 e 107, Pd XIII 6, Cv II VI 9 e XV 5.
L'atmosfera opprimente e triste dell'Inferno è spesso indicata da a. unito ad aggettivi o espressioni varie: l'aere maligno e perso è quello che travolge i lussuriosi (If V 86 e 89); grasso è l'aere che il messo celeste si ‛ rimuove ' dal volto (IX 82), grosso e scuro quello in cui viene nuotando Gerione (XVI 130; e cfr. ancora VI 11 e IX 6. Anche nel terzo girone del Purgatorio l'aere è reso amaro e sozzo dal fumo che avvolge gl'iracondi, e che ha tolto a D. e a Virgilio li occhi e l'aere puro: Pg XVI 13 e XV 145). L'aere sanza stelle (If III 23) indica genericamente l'atmosfera infernale, mentre l'aere dolce che dal sol s'allegra è quello che si respira nel dolce mondo (VII 122; VI 88) e l'aere bruno è quello che, al calar della sera, toglie li animai che sono in terra / da le fatiche loro (II 1; anche in Pg VIII 49 l'appressarsi della sera è indicato con l'espressione Temp'era già che l'aere s'annerava); in Pd XXII 117 quand'io senti' di prima l'aere tosco, tutta la frase significa " quando io nacqui ".
Vale ancora " aria ", ma in un contesto un po' particolare, in Pg XXV 94, dove Stazio spiega la formazione del corpo umano: l'aere vicin [all'anima: " quasi materia ", dice Benvenuto] quivi si mette / e in quella forma ch'è in lui suggella / virtualmente l'alma che ristette: "l'aria vicina all'anima si dispone in quella forma che imprime in lei l'anima che era rimasta fino allora in stato di esistenza solo virtuale, cioè la vegetativa" (Porena). V. anche aura; per la trattazione dottrinale, v. ARIA.
In Pg I 15 de l'aer, puro infino al primo giro, è variante ‛ facilior ' (se non chiosa subentrata nel testo) di del mezzo, puro, ecc. (cfr. Petrocchi, ad l., e Introduzione 187).