FERRARESI, Adriano
Nacque a Roma da Luisa e da Filippo il 25 febbr. 1851; fin da giovane fu particolarmente interessato allo studio della letteratura e alla pratica della poesia e della pittura. Completò gli studi liceali a Firenze e tornò poi a Roma, dove frequentò la scuola di T. Minardi per approfondire la tecnica del disegno; questi sono i fattori determinanti per la sua prima formazione artistica, fortemente influenzata da un lato dai capolavori di pittura fiorentina del Quattrocento, che ebbe modo di esaminare direttamente, dall'altro dalle teorie puriste dei maestro, messe in pratica dai suoi più fedeli allievi, tra gli altri il pittore C. Fracassini, al quale il F. era unito da stretti vincoli di amicizia.
Su consiglio dello stesso Minardi il F. decise di frequentare l'atelier di G. De Sanctis per approfondire la difficile tecnica dell'acquerello in cui questi era maestro (Ovidi, 1902) e di aprire poi finalmente un proprio studio in via Gregoriana. La devozione umana e professionale del F. nei confronti del Minardi è testimoniata da un Ritratto ad olio su cartone del maestro nel letto di morte al termine della sua lunga e dolorosa malattia.
L'opera, firmata e datata 1870, in deposito presso il Museo di Roma (di propr. del Museo di palazzo Venezia), dimostra già una completa padronanza del mezzo pittorico, unita ad una sensibilità introspettiva non comune.
Nello stesso anno il F. firmò e datò La breccia di Porta Pia (olio su tela e cartone; in deposito anchesso al Museo di Roma), dove sperimentò la visione a macchie, giocando su forti contrasti di luci e ombre con i quali costruiva l'immagine.
L'attenzione del F. non si concentra tanto sulla celebrazione retorica del fatto, ma piuttosto sul significato simbolico e storico di quel muro crollato, di fronte al quale i passanti si soffermano pensierosi.
La tecnica ad olio fu impiegata anche in un dipinto successivo a questi primi esordi, L'indovina (Roma, Galleria comunale d'arte moderna e contemporanea), in cui il F. interpretò una tematica cara ai caravaggeschi e dove "rivelò le sue speciali doti di artista per la semplicità della composizione, correttezza di disegno, verità di caratteri e vaghezza di colorito" (Ovidi, 1902). La figura della vecchia, già celebrata dai suoi contemporanei, verrà poi riproposta isolatamente in un quadro della Galleria comunale di Roma che, assieme con un altro vivace olio su cartone Ritratto maschile (ibid.), dimostra quanto il F. si sia distinto anche nel genere ritrattistico.
Del F. si ricordano anche le miniature su pergamena con i ritratti di G. Verdi e del principe Tommaso di Savoia, decorati con pregevoli fregi a rilievo in oro, secondo una pratica antica della cui riscoperta l'artista andava fiero (Ovidi, 1902).
Nel 1876 gli fu affidato l'insegnamento del disegno presso la Scuola professionale femminile, fondata per iniziativa del comune di Roma, a due anni dall'istituzione del Museo artistico industriale, e diretta da A. Prandi; non senza iniziali esitazioni l'artista accettò l'incarico, dedicandosi con passione alla professione e portando le sue alunne a vincere vari premi in diverse mostre, in particolare quella allestita nel palazzo delle Esposizioni nel 1890 (Magni, 1906).
Il F. si dedicò anche alla pittura su maiolica, nella quale in breve tempo acquistò particolare perizia. 1 suoi lavori in maiolica dipinta furono esposti alla Grande Esposizione nazionale di belle arti di Napoli del 1877, dove per la prima volta in Italia all'interno di una mostra venne riservata una sezione alle arti minori, cui tuttavia il pubblico non tributò particolare interesse. Nuovamente nel 1880 partecipò con una serie di vasi e piatti all'Esposizione di Torino, dove la giuria gli conferì - magra soddisfazione - una "menzione onorevole": l'amarezza e la delusione di questo ingiusto giudizio - lamentato anche dai contemporanei (Novelli, 1888) - allontanarono il F. dalle pubbliche esposizioni, ad eccezione della mostra dei Museo artistico industriale, che si tenne nel 1881 nei locali di via Capo le Case.
Tra i lavori dei F. realizzati in maiolica si ricorda un caminetto in stile moresco nel palazzo del conte Gamberini nella zona romana del Macao (Castro Pretorio; cfr. necr., 1892); inoltre nel 1878 adattò ad un medaglione originale dei fratelli Della Robbia le sue due figure di s. Ivo e s. Bernardo per il frontone della facciata della ricostruita chiesa di S. Ivo dei Bretoni a Roma (F. Macé de Lépinay, Architecture religieuse à Rome à la fin du XIX siècle: la reconstruction de Saint-Yves-des-Bretons, in Les fondations nationales dans la Rome pontificale, Roma 1981, p. 433 n. 44). Il suo capolavoro in questo campo può tuttavia essere considerato la serie di dieci quadri in mattonelle raffiguranti, in formato più grande del vero, le Otto beatitudini, l'Agnello divino e il Crocifisso adorato da due angeli, dalla Madonna e s. Pietro, per la facciata della cattedrale di Ðakovo (o Djakovo, od. Croazia), opera che il F. non vide mai compiuta a causa della sua prematura morte. Il recupero sistematico e filologico di tecniche desuete e materiali del passato avvicinò il F. alle contemporanee correnti europee, in particolare al movimento inglese delle Arts and crafts di W. Morris, orientato a rivalutare l'importanza delle arti applicate come ritorno all'ideale medievale del lavoro artigianale, da considerarsi al pari delle cosiddette arti maggiori.
Anche la produzione pittorica del F. è caratterizzata dalla scelta di soggetti storicistici e di ambientazioni neoquattrocentesche. Dipinti come Ilbacio (olio su tela, Roma, Gall. comunale d'arte moderna) datato 1874 e non finito (secondo quanto attesta una scritta postuma e probabilmente apocrifa, forse del fratello Francesco), piuttosto identificabile con la coppia dantesca di Paolo e Francesca, dimostrano un'attitudine romantica nella scelta del tema letterario, cui si associa tuttavia un rigoroso senso dello spazio e della resa pittorica. In un'altra opera, La monaca (acquerello su carta, ibid.), il F. mostra un particolare virtuosismo esecutivo, oltre che un uso intellettualistico della simbologia floreale mariana, secondo una predilezione già precedentemente manifestata dal gruppo preraffaellita la cui lezione era nota al pittore forse per merito di Nino Costa. Ancora legato al gusto per lo storicismo appare il dipinto raffigurante Benvenuto Cellini studia il flauto in presenza del padre (olio su tela, ibid.), esposto alla VII Esposizione dell'Associazione degli artisti italiani (Catal., Firenze 1911-12, p. 169 n. 189), di cui rimane, sempre presso la Galleria comunale di Roma, un pregevole bozzetto.
Più vicini alla pittura dei macchiaioli sono alcuni quadri di straordinaria freschezza esecutiva, come la Via delle Tre Madonne del 1880 (acquerello su cartone, ibid.) dall'atmosfera di soleggiata ariosità, o il celebre Ritratto della madre del 1886 (olio su cartone, ibid.), nel quale C. d'Aloisio da Vasto ravvisa i modi di G. Toma (IlMuseo di Roma e la Galleria comunale d'arte moderna a palazzo Braschi, Roma 1952, pp. 30, 32). L'interesse per la "macchia" si manifesta inoltre nei bozzetti preparatori, come nelle Donne con braciere del 1870 (olio su tavoletta, Roma, Gall. comunale d'arte moderna), dove addirittura viene adottato un procedimento analogo a quello di G. Fattori e T. Signorini: la pittura su tavola non preparata in modo da mettere in evidenza le venature del legno del supporto.
Non si ha più notizia di una tempera raffigurante Venere che concede il premio al vincitore della gara dei tritoni, eseguita su commissione del principe Baldassarre Odescalchi secondo lo stile quattrocentesco: l'opera, che fu lodata dai contemporanei per la composizione, per il disegno e per le pieghe "specialmente in quelle del velo sottilissimo che copre in parte la figura di Venere" (Necr., 1892), dovette tuttavia essere oggetto di una lunga controversia tra il committente e il F., insoddisfatto della esigua cifra di valutazione del quadro (Magni, 1906). La disputa, che provocò all'artista grave dispiacere, finì in favore del F. solo pochi giorni prima della sua prematura morte.
Nel 1890 il F. espose un dipinto dal titolo Un appuntamento alla Esposizione di belle arti di Roma, dal cui catalogo risulta che condivideva con il fratello Francesco lo studio in via Labicana 9 (Catal., Roma 1890, p. 35 n. 170);nel 1891era annoverato tra i soci appartenenti alla Associazione degli acquarellisti di Roma e alla sedicesima mostra della Società espose tre acquerelli Ifiori della Vergine, Miserere mei Deus e Costume del 1600 (Catal., Roma 1891, p. 14 nn. 127 s., p. 17 n. 163).
Oltre all'attività di poeta, pittore e insegnante, il F. svolse anche quella di bibliotecario dell'Associazione artistica internazionale (di cui fu uno dei fondatori nel 1870), che tenne le sue mostre iniziali presso la Casina del Pincio, mentre la prima sede effettiva fu in piazza del Popolo, vicina a quella dell'Associazione amatori e cuitori di belle arti. Nell'antico teatro Alibert (oggi edificio d'angolo tra via Margutta e via Alibert), che fu sede dell'istituzione prima che fosse definitivamente spostata in via Margutta 54, il F., in collaborazione con altri artisti, realizzo alcune decorazioni in stile neomedievale; di questi affreschi si è persa ogni traccia a causa di incauti rifacimenti interni (cfr. Novelli, 1888;A. Jandolo, Le memorie di un antiquario, Milano 1938, p. 425).
Morì a Roma il 15 genn. 1892.
Proprio in quell'anno il lascito del F. veniva esposto, a cura del fratello Francesco, alla mostra della Promotrice a palazzo delle Esposizioni: un ragguardevole numero di opere comprendenti, oltre che diversi oggetti in maiolica, un Ritratto ad olio in forma quadrata, un olio raffigurante Un indovino, diversi acquerelli, Un frate, Un soldato del '500, Una monaca (forse identificabile con quello della Galleria comunale d'arte moderna di Roma) e il celeberrimo Mercato di uccelli nel 1400, giudicato una delle sue opere migliori. Questo acquerello, noto anche con il titolo Il falconiere (ora presso i depositi della Galleria nazionale d'arte moderna di Roma, già esposto a Monaco nel 1888 alla Jubileumausstattung), evidenzia un forte gusto per il dettaglio - che porta il F. a ricostruire con puntigliosa meticolosità storica l'ambientazione - in cui si ravvisano voluti virtuosismi come nella raffigurazione del tabernacolo della Vergine in maiolica.
Fonti e Bibl.: Necr., in La Tribuna illustrata, 1892, n. 144, p. 199; C. Novelli, L'arte della ceramica all'Esposizione di Venezia del 1887..., Roma 1888, pp. 40 s.; G. De Sanctis, Tommaso Minardi e il suo tempo, Roma, 1900, pp. 227, 239; E. Ovidi, T. Minardi e la sua scuola, Roma 1902, pp. 154 s.; B. Magni, Prose d'arte, Roma 1906, pp. 341 s.; A. Muñoz, La Galleria Mussolini darte moderna italiana in Campidoglio, Roma 1931, p. 12; Mostra di Roma nell'800 (catal.), Roma 1932; U. Fleres, La Galleria nazionale d'arte moderna in Roma, Roma 1932, p. 23; A. Minghetti, I ceramisti ital., Roma 1946, p. 181; L. R. Schidlof, Laminiature en Europe, Graz 1964, I, p. 260; C. Pietrangeli, Il Museo di Roma. Documenti e iconografia, Roma 1971, pp. 169, 187; G. F. Lomonaco, Acquerelli dell'Ottocento. La Società degli acquarellisti a Roma, Roma 1987, p. 122; R. Mammuccari, La Società degli acquarellisti in Roma, Velletri 1987, p. 161; P. Grassi-L. Zangarini, La festa degli artisti a Tor Cervara, Roma 1989, p. 26, fig. 6; Catalogo generale della Galleria comunale d'arte moderna e contemporanea, a cura di G. Bonasegale, I, Roma 1995, p. 691; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XI, pp. 439 s.; Enc. biografica e bibliografica ital., A. Minghetti, Ceramisti, Milano1939, p. 181.