Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Scritta in un periodo di mutamento radicale nel linguaggio musicale con l’affermazione dello stile monodico e concertato e delle forme del teatro musicale, la Barca di Venezia per Padova di Adriano Banchieri rappresenta un interessante tentativo di conciliare la polifonia madrigalistica con l’elemento monodico e con esigenze di tipo drammatico. L’ambientazione realistica dell’opera ne fa inoltre un interessante quadro di una particolare occasione sociale del fare musica, punto di contatto tra repertorio colto e popolare.
Con la seconda edizione della Barca di Venezia per Padova il noto compositore e teoretico bolognese Adriano Banchieri (1568-1634) ripropone al pubblico, a diciotto anni dalla prima comparsa, una raccolta di madrigali a cinque voci in un periodo in cui la fortuna del madrigale polifonico sta chiaramente scemando.
Nella nuova edizione non si nota tuttavia un tentativo di aggiornamento sostanziale dello stile musicale: nonostante i numerosi ritocchi alle composizioni, l’unico dato significativo è la sostituzione di un madrigale con un’“aria” a due voci. Nemmeno l’aggiunta del “basso continuo” per lo spinetto o chitarrone modifica, se non occasionalmente, la scrittura compositiva trattandosi in generale di un semplice basso seguente la cui funzione non strutturale bensì accessoria è chiarita dal carattere facoltativo del suo utilizzo.
Se è vero che alcune composizioni introducono delle parti monodiche (e questo già dalla prima edizione, senza che la successiva aggiunta del basso continuo ne incrementi sensibilmente la presenza), è altresì vero che la scrittura basata su una polifonia a 5 parti rimane l’onnipresente tessuto connettivo dell’opera.
La resistenza di Banchieri ad abbandonare il genere polifonico (come avviene invece nella sua produzione sacra) nasce da una motivazione culturale assai diversa da quella che ispira le intonazioni musicali degli artefici della nuova monodia e dello stile concertato. Ciò appare evidente già a partire dal carattere realistico, comico e popolaresco del supporto letterario utilizzato nella Barca di Venezia per Padova e di cui lo stesso Banchieri è autore, eccezion fatta per i testi dialcuni madrigali aulici.
Lontana da ambienti di prestigio sociale e culturale, dove la riflessione erudita e la presenza di virtuosi cantori e suonatori consente lo sviluppo dei nuovi stili musicali, l’opera di Banchieri si ispira a un clima municipale borghese e popolare e ha come destinatario il cantore dilettante per il quale la pratica conviviale del cantare in compagnia, soddisfatta dal madrigale polifonico di stile leggero, è ancora preferita a quella dell’ascolto passivo del solista virtuoso, tendenzialmente imposta dal nuovo stile concertato.
Tuttavia la Barca di Venezia per Padova è un’opera di stile pienamente secentesco. Le espressioni “nuova mescolanza” e “capricciata” che ricorrono nelle due edizioni dell’opera come autoqualificazione della stessa appartengono alla terminologia di una poetica barocca intesa soprattutto come ricerca di novità, di varietà, di commistioni inusitate, per usare un termine musicale “concertazione” di elementi disparati.
Le nuove mete poetiche sono però concretizzate prima che nel linguaggio musicale, che rimane conservatore a tutela della sua accessibilità da parte del cantore non specializzato, nell’elemento letterario, realistico, popolare la cui valenza drammatica Banchieri cercherà di tradurre musicalmente piegando a una molteplicità di soluzioni originali i mezzi musicali tradizionali.
Su questo tentativo di assorbire nell’ambito del madrigale polifonico, da un lato, le tendenze teatralizzanti e, dall’altro, l’elemento monodico che di queste è un portato (oltre che, di per sé, accattivante elemento di novità) concentreremo la nostra analisi prendendo a riferimento privilegiato la seconda edizione dell’opera da cui sono tratti gli esempi sonori.
Nella tradizione del madrigale drammatico, la Barca di Venezia per Padova utilizza una cornice narrativa di carattere realistico: il viaggio di una imbarcazione per il trasporto pubblico di passeggeri e merci lungo il canale del Brenta tra Venezia e Padova, “traghettando”, secondo la narrazione, a Lizzafusina (oggi Fusina) e Dolo.
Nel Cinquecento, lo scrittore italiano Tommaso Garzoni (1549-1589) aveva offerto una descrizione particolarmente attinente, per quanto viziata da acceso moralismo, dell’ambiente, delle situazioni e dei personaggi rappresentati musicalmente da Banchieri.
Nella Barca di Venezia per Padova non esiste una vera vicenda drammatica. Il viaggio è un pretesto per isolate situazioni drammatizzabili musicalmente e la “barca” è in sostanza una galleria di personaggi fissi dalla cui caratterizzazione discendono i vari episodi musicali.
Il canto è eletto a intrattenimento collettivo dalla compagnia viaggiante. Quasi la metà dei brani della Barca di Venezia per Padova è pertanto musica “diegetica”, esecuzione musicale nella narrazione: madrigali aulici cantati “a libro” da cinque cantori sotto la guida di un “mastro di solfa”, cui si contrappongono, nella coscienza della loro diversa valenza sociale e culturale, le ariette e canzoni popolareggianti eseguite “a mente” o improvvisate dalla cortigiana Rizzolina. Tra questi due repertori si inserisce una “sinagoga” di ebrei che risulta in questo caso qualcosa di più di una semplice mascherata.
Gli altri brani formano una sorta di cornice a queste esecuzioni e comprendono un prologo, due mascherate di “caratterizzazione ambientale” (pescatori nel porto veneziano e mendicanti nel porto di Padova), due dialoghi con uguale disposizione simmetrica (il saluto del “parone di barca” alla Ninetta e il finale congedo e pagamento del barcaiolo), tre proposte di intrattenimento da parte del barcaiolo, di un libraio e di un “mastro di musica”, la presentazione dei cantori di madrigali, quella di Rizzolina e un brindisi inaugurale al canto.
La caratterizzazione dei numerosi ed eterogenei personaggi, basata sull’estrazione socio-culturale (borghese o popolare), sulla provenienza etnico-linguistica (veneta, toscana, bolognese, napoletana, tedesca, bresciana, ebrea ecc.), sulla natura seria o burlesca, rivela quel legame col repertorio comico già caratteristico delle raccolte di madrigali e canzonette di Orazio Vecchi e di Banchieri, che essi stessi definiscono commedie armoniche. Non a caso i cinque cantori che si presentano “in diversi lenguaggi” a cantare i madrigali (Colla Francisco napoletano, Cecco Bimbi fiorentino, Zorzetto veneziano, Petronio bolognese e Vaine tedesco) portano nomi e tratti di figure secondarie della commedia dell’arte.
Nella Barca di Venezia per Padova si ripropone dunque la contraddizione tipica del madrigale drammatico tra dramma e polifonia che è anche motivo della sua inattualità; la polifonia, infatti, non consente l’individuazione del personaggio con la singola parte vocale e quindi col singolo esecutore, che è invece fondamentale presupposto dei generi musicali monodici rappresentativi che vanno acquistando egemonia.
I tentativi di Banchieri di ovviare a questa contraddizione generano un ventaglio di soluzioni ingegnose, arricchite dall’occasionale adozione del principio monodico che viene però a sua volta saldamente integrato nella struttura polifonica.
Nel caso istituzionale, la rappresentazione del singolo personaggio si realizza tramite la pluralità del complesso polifonico, come avviene d’altronde nel comune monologo madrigalistico. Nell’opera di Banchieri lo si ritrova appunto nei madrigali aulici e nelle proposte di intrattenimento avanzate dal maestro di musica, dal barcaiolo e dal libraio.
In queste ultime due, al fine di affermare il carattere individuale del personaggio, l’intonazione polifonica è preceduta da una frase “a solo” nel registro vocale appropriato. Il personaggio rappresentato può essere però anche "collettivo", riconferendo così coerenza rappresentativa all’esecuzione corale. È questo il caso tipico delle mascherate che mettono in scena una categoria di persone e che di fatto sono un genere performativo. Il secondo brano della Barca è infatti una mascherata di pescatori che, intrecciata alle grida di un venditore, funge da prima ambientazione sonora della vicenda.
Il brano seguente, Partenza del padrone di barca, alla Ninetta sua favorita, è un dialogo madrigalistico dove i due personaggi sono rappresentati mediante l’articolazione delle cinque voci in due gruppi (Parone: contralto, tenore e basso; Ninetta: soprano I e II in eco). Il carattere realistico e spontaneo della scena è rafforzato dalla ricorrente sovrapposizione degli enunciati dei due interlocutori che emergono dal brusio delle grida dei barcaioli in dialetto.
Un’ulteriore possibilità di rendere la polifonia funzionale alla rappresentazione di personaggi è esemplificata dalla mascherata o “sinagoga” di ebrei dove le tre parti della costruzione polifonica identificano tre personaggi distinti, in una specie di moderno concertato operistico. Alto e basso corrispondono a Bethel e Samuel, i due ebrei, cui si aggiunge il bresciano nel ruolo vocale (tenore) del suo precedente intervento intonando un testo autonomo.
L’intero brano è di grande interesse perché mostra per certi versi un superamento delle forme tradizionali della polifonia al fine di una maggiore elasticità drammaturgica.
Qui il monismo del numero chiuso corrispondente alla forma della mascherata è rotto col suo inserimento in una struttura più ampia che concatena causalmente interventi di personaggi diversi. Si tratta di un trattamento insolito nell’ambito di una raccolta di madrigali, e vicino piuttosto ad una concezione operistica o cantatistica.
Un semplice ritornello corale a ritmo fisso (A) rappresenta l’assenso collettivo dei passeggeri alle esibizioni; un distico dialettale intonato dal bresciano in stile monodico (B) funge da presentazione della mascherata vera e propria (C); il tutto è composto secondo lo schema ABACA.
Il motivo A è in effetti una sorta di leitmotiv che interviene a incorniciare altre composizioni nella seconda parte dell’opera.
Nella tavola degli interlocutori è personificato sotto l’espressione “Strepito di belli humori”. L’esempio sonoro riproduce l’intera “scena” fino alle prime battute della parte C. Il testo della “sinagoga” è una sorta di gramelot ebraico. Le particolari sonorità vocali e strumentali sono una pura scelta esecutiva.
Nel brano Veneziano e tedesco i due personaggi, decisi a brindare prima di cantare, sono rappresentati, contemporaneamente, in un contesto non dialogico, rispettivamente da una singola voce (tenore, tedesco) che ripete un motivo ostinato e dalle rimanenti quattro (veneziano) in contrappunto durchkomponiert. Un trattamento simile ricorre anche nella mascherata di pescatori sopra considerata.
Una composizione siffatta (che ha un precedente nel cosiddetto madrigale arioso) potrebbe essere assimilata alle tradizionali composizioni su tenor, ma la differenza è sostanziale: la polifonia qui non si fonde contrappuntisticamente col tenor, ma è “concertata” con esso in virtù del ricorso alla differenziazione dinamica che solo in questi anni comincia a essere utilizzata come elemento strutturale prescrittivo. Lo spartito di Banchieri indica “cantate forte” per il tenore e “cantate piano” per le altre voci conferendo pari peso sonoro ai due elementi contrapposti della concertazione.
Consideriamo ora l’uso della monodia vera e propria. Nell’esigenza di non approdare a uno stile esecutivo virtuosistico, l’elemento monodico acquista in quest’opera una connotazione popolaresca esplicitata dal legame col personaggio della cortigiana Rizzolina o con parti comiche e dialettali.
Che il canto a solo esistesse come forma di espressione popolare è fatto assodato. La testimonianza artistica di Banchieri potrebbe però alludere a un’influenza della pratica musicale popolare sulle forme della giovane monodia d’arte.
L’accompagnamento strumentale, elemento basilare dello stile monodico, è introdotto nei brani eseguiti da Rizzolina come imitazione vocale del liuto suonato da Orazio suo amante. In tal modo tutti i cantori partecipano all’esecuzione “solistica”. L’introduzione del basso continuo nella seconda edizione dell’opera non elimina l’imitazione vocale dello strumento.
Tutti gli elementi citati sono esemplificati nell’ottava rima improvvisata da Rizzolina sulla base di un modulo di intonazione fisso, per distici. Nella seconda edizione dell’opera Orazio improvvisa una ottava di risposta secondo modalità tuttora vive nelle pratiche di improvvisazione popolare soprattutto nell’Italia centrale.
L’esigenza di combinare gli spunti monodici con la partecipazione corale e di sostenere musicalmente i primi, che nella prima edizione dell’opera sono privi del sostegno del basso continuo, porta Banchieri a fare uso di una struttura che alterna l’intervento del personaggio individuale al “coro” dei passeggeri, come nella “mattinata” in versi ottonari con cui si introduce il personaggio di Rizzolina e la cui struttura potrebbe di nuovo essere ispirata a un tipo di esecuzione popolare.
Nella presentazione dei cinque cantori di madrigali la struttura responsoriale, a rondò, della prima edizione dell’opera è eliminata in virtù dell’inserimento del basso continuo che fornisce sostegno armonico all’unico brano che possa essere effettivamente assimilato allo stile monodico e dove non manca qualche abbozzo di melisma di bravura in fine di verso.
Tuttavia il carattere comico dei personaggi, con le conseguenti implicite licenze interpretative, e il carattere collettivo dell’esecuzione, in cui al principio della sincronia si è sostituito quello della sequenzialità, svuotano di ogni tensione e responsabilità virtuosistica l’esecuzione di questo brano in stile “moderno”.
Questo sforzo di attualizzazione drammatica e musicale non mira naturalmente a una effettiva messa in scena della Barca di Venezia per Padova.
Nonostante Banchieri non abbia mancato di formulare proposte per una esecuzione pseudo-rappresentativa di questo genere d’opere, al pari degli altri madrigali drammatici la Barca di Venezia per Padova si accontenterà di animare quel “teatro dell’udito” allestito nelle riunioni di allegre brigate di dilettanti cosicché, come suggerisce l’editore nell seconda edizione dell’opera, “a Primavera et Estate si fugga l’otio, nelle hore di recreatione”.
“Godete e vivete felici cantando allegramente”.