Menjou, Adolphe (propr. Adolphe Jean)
Attore cinematografico statunitense, nato a Pittsburgh (Pennsylvania) il 18 febbraio 1890, da madre irlandese e padre francese, e morto a Hollywood il 29 ottobre 1963. Lo stile irreprensibile, l'atteggiamento ironicamente distaccato, la ricercatezza nel vestire, l'origine francese sapientemente sfruttata e un paio di baffi neri, con le punte in su, che gli conferivano un'aria lievemente sprezzante, lo resero l'interprete ideale di personaggi sofisticati e mondani e uno degli attori più pagati del cinema muto hollywoodiano.
Figlio di immigrati, studiò alla Culver Military Academy e, nel 1908, ingegneria alla Cornell University di Ithaca, che però abbandonò per iscriversi al College of Liberal Arts. Collaborò poi alla gestione dei ristoranti di famiglia e a ventidue anni si trasferì a New York per fare l'attore, mantenendosi con vari lavori e ottenendo piccole parti in diversi film. Arruolatosi contro la Germania nella Prima guerra mondiale, e tentata una carriera da production manager per una compagnia cinematografica, tornò all'attività di attore nel 1920, iniziando a lavorare anche a Hollywood. M. cominciò ad acquistare una certa notorietà nella parte di Luigi XIII in The three musketeers (1921; I tre moschettieri) di Fred Niblo, ma la grande occasione gli venne offerta da Charlie Chaplin, che lo scritturò per un ruolo a lui congeniale, quello del viveur in A woman of Paris (1923; Una donna di Parigi). Come M. ricorda nell'autobiografia, It took nine tailors (1952), Chaplin gli insegnò la differenza tra la recitazione teatrale e quella cinematografica, a misurare la gestualità e l'espressività e a evitare le eccessive sottolineature a cui era stato abituato; nel film, inoltre, considerato un vero e proprio studio psicologico di caratteri, si delinearono lo stile personale e quella tipologia di personaggio che avrebbero fatto la fortuna dell'attore: un uomo di mondo, egoista e finemente edonista, insensibile ma intelligente, teso a realizzare il proprio tornaconto. Un ruolo simile gli propose Ernst Lubitsch nella commedia The marriage circle (1924; Matrimonio in quattro), in cui M. è il ricco dottor Josef Stock, che assiste scettico ai tentativi della moglie di insidiare una coppia di amici felicemente sposata; Stock, mantenendosi elegantemente in disparte e osservando le sottili vicende degli altri personaggi senza prendervi parte e tuttavia senza subirle, si distingue da tutti gli altri protagonisti, da quelli positivi ma ingenui come da quelli eccessivamente maliziosi, risultando infine la figura meno convenzionale. Nel 1926 coronò il suo successo nel muto come protagonista di Sorrows of Satan (L'angoscia di Satana) di David W. Griffith, nella parte di un diavolo lussurioso e, naturalmente, in frac. Con l'avvento del sonoro, M. avrebbe più volte riproposto quella figura che lo aveva reso "divo nel giro di una notte" (Ch. Chaplin, My autobiography, 1964; trad. it. 1964, p. 357), simulando addirittura un accento francese, e continuando a lavorare con i più importanti registi dell'epoca (Frank Capra, William Wellman, Gregory La Cava e altri), anche se ormai nuove forme di divismo stavano emergendo. Metafora di questo passaggio si potrebbe considerare Morocco (1930; Marocco) di Joseph von Sternberg, in cui M. è il ricco, affabile corteggiatore della cantante (Marlene Dietrich), costretto però a rassegnarsi all'amore della donna per il giovane legionario (Gary Cooper). In questa nuova fase della sua carriera, tuttavia, l'attore ebbe anche modo di misurarsi con personaggi diversi dai precedenti e più complessi: spesso interpretò uomini di potere o di successo, come in The front page (1931; Prima pagina) di Lewis Milestone, che gli valse una nomination all'Academy Award, in cui è il direttore del "Chicago press", il tipico giornalista americano privo di scrupoli e disposto a tutto; talvolta, però, diede vita anche a figure più travagliate, come quella dell'italiano donnaiolo e gradasso ma in realtà sofferente di A farewell to arms (1932; Addio alle armi) di Frank Borzage. Negli anni successivi, le sue interpretazioni sarebbero diminuite di importanza e M. avrebbe iniziato a lavorare anche per la televisione. Tra i più convinti collaboratori della commissione McCarthy per le attività antiamericane ‒ denunciò numerosi colleghi e chiese la condanna anche di Chaplin ‒ M. partecipò al film antisovietico Man on a tightrope (1953; Salto mortale) di Elia Kazan. La sua ultima grande interpretazione fu quella del vecchio, cinico e aristocratico generale Broulard che, senza mai lasciare le lussuose stanze del potere, dirige con spietata indifferenza la tragedia che sta per consumarsi al fronte in Paths of glory (1957; Orizzonti di gloria) di Stanley Kubrick.
L. Buñuel, Variations sur la moustache de Menjou, in "Cinématographe", September-October 1983.