JENNI, Adolfo
Nacque a Modena il 3 maggio 1911, figlio unico di Giovanni (Hans), svizzero tedesco del Cantone di Berna, e di Maria Barbieri della provincia modenese.
Il padre, venuto in Italia da giovane impiegato per imparare la lingua, si era poi stabilito definitivamente in Emilia, dove, a Parma, aveva creato un'industria alimentare.
In questa città lo J., che era di religione evangelica, frequentò le scuole fino alla licenza liceale. Dopo aver tentato gli studi di medicina e di legge, si iscrisse alla facoltà di lettere dell'Università di Bologna dove si laureò nel 1935. A 18 anni, dovendo scegliere tra la cittadinanza italiana e quella svizzera, aveva preferito quest'ultima, e per questo, come straniero, si trovò preclusa la strada dell'insegnamento nelle scuole statali. Nel 1936 decise perciò di cercare lavoro in Svizzera e si fermò a Zurigo, per perfezionare la sua conoscenza del tedesco. Dopo pochi mesi divenne lettore di italiano presso l'Università di Berna e in questa sede cominciò la carriera universitaria, durata quarant'anni. L'insegnamento e il lavoro di ricerca corrisposero, tuttavia, solo in parte alle aspirazioni dello J., che desiderava dedicarsi a opere creative di poesia e narrativa.
Egli si sentiva soprattutto scrittore e scrittore italiano, per cui non imparò mai lo Schweizer-deutsch (tedesco svizzero) e neppure bene il tedesco, come afferma in Raccogliere le vele (p. 3: manoscritto inedito, conservato a Berna, FondoA. Jenni).
Le prime raccolte di poesia (Le notti e i giorni, Bellinzona 1937; Foglie, ibid. 1938) furono più tardi ripudiate; l'habitus di critico letterario lo portò infatti a giudicare severamente i propri lavori per amore dell'arte. Nello stesso periodo apparvero anche alcune opere di narrativa: Miti e atmosfere (Roma 1937), il romanzo Regina (Modena 1939) e, a breve distanza, Annate (ibid. 1942).
Nel 1943 divenne libero docente di lingua e letteratura italiana, mentre usciva una terza raccolta di poesie, Le bandiere di carta (Lugano 1943). Due anni dopo fu nominato professore straordinario e nel 1954 ordinario della appena istituita cattedra di lingua e letteratura italiana - precedentemente l'insegnamento dell'italiano aveva fatto parte della cattedra di filologia romanza -, che tenne fino al 1976. Nel 1949 sposò Sabina Bürgi, da cui ebbe quattro figli.
Collegato con l'attività di docente dello J. fu il suo lavoro di critico, principalmente rivolto allo studio dei classici, fra cui, in particolare Dante, Petrarca, Tasso, Leopardi e Manzoni.
Tra i primi saggi si ricordano: La sestina lirica (Berna 1945) e Il "Purgatorio" nel complesso della "Commedia" e la soavità di Dante (ibid. 1946); nel periodo 1945-53 scrisse anche su Alfieri, Leopardi e Manzoni per le riviste Svizzera italiana, Convivium e Letterature moderne.
La produzione narrativa proseguì con Il recinto (Modena 1947) e Il tempo che passa (ibid. 1950), in cui fa la sua comparsa "Saverio", una specie di alter ego sostitutivo del più comune "egli" o "lui" delle precedenti opere, ma senza la consistenza di un vero personaggio; dopo Cose di questo mondo (Parma 1957), ne Il mestiere di scrivere (Bologna 1962) "Saverio" diventa "lo scrittore".
Figura simbolica e idealizzata, dovrebbe dar voce e oggettiva concretezza ai tanti aspetti del suo lavoro, ai problemi derivanti dal rapporto con un mondo indifferente all'arte e a quelli che nascono nella solitudine interiore. Ma lo J. non si distacca dal suo soggettivo modo di sentire e attribuisce a Saverio stati d'animo, dubbi, pensieri, senza alcuna mediazione di carattere narrativo.
Di fatto le opere creative dello J., intessute di momenti lirici ma anche di riflessioni, costituiscono un genere letterario misto, oscillante tra saggio e poesia; lo stile dello J. - scrive E. Giachery, amico e corrispondente epistolare - "si va attestando sul recitativo […]. A volte osmotico, a volte sottilmente dialettico, il rapporto prosa-poesia è una delle chiavi maestre per entrare nel cuore della poetica di Jenni e del suo modo di sentire il mondo e la vita" (p. 148).
Negli anni Cinquanta lo J. estese la sua ricerca critica ai rapporti culturali italo-svizzeri e questo nuovo indirizzo lo portò a gravitare nell'area ticinese, da lui sentita come una seconda patria. Mentre continuava a occuparsi di Manzoni ("Sagacità dell'ingegno" nel Manzoni, Firenze 1957), pubblicò i saggi La cerchia di Maria Luigia e l'Istituto Fellenberg a Hofwil presso Berna (in Aurea Parma, XLI [1957], 2-3, pp. 1-13); Italiani all'Istituto Fellenberg di Hofwil, Berchet mancato insegnante in Svizzera e due sue lettere inedite (in Giorn. stor. della letteratura italiana, CXXXIV [1957], pp. 354-367); e Matilde Dembowski Viscontini in Svizzera e il Foscolo a Berna (in Arch. stor. lombardo, LXXXIV [1957], pp. 200-247), saggi di particolare interesse per la scarsa bibliografia relativa a tali argomenti.
Nell'ambito della produzione lirica, in Addio alla poesia (Parma 1959) lo J. accentua il già sperimentato uso dell'ibridismo nella commistione dei generi - lirica, prosa lirica, diaristica, narrativa - per porre in evidenza che, trascorso il tempo della poesia in versi, in altra forma intendeva ora esprimere sentimenti e pensieri: anziché "arie" avrebbe utilizzato "recitativi". E infatti è Recitativi il titolo della successiva raccolta (Lugano 1971) e la medesima tecnica, con sfumature diverse, lo J. adotta in Le occorrenze recitate (ibid. 1976), Ricapitolazione (ibid. 1980), Poesie e quasi poesie (Bellinzona 1987) e Mia cara giardiniera (ibid. 1992).
Sul piano della forma lo J. intese privilegiare chiarezza e semplicità di stile, sostenute dalla regolarità sintattica e dalla punteggiatura, considerando questa scelta come la sola avanguardia possibile.
Allo stesso modo gli scritti in prosa furono da lui classificati come "diaristica", "narrativa" e "prosa di romanzo", senza che si possa notare una reale diversificazione, come del resto accade a proposito della poesia in versi e di quella non versificata.
Il suo è un discorso che si pone da sempre "tra diaristico e narrativo; narrativo, però, in un'accezione tutta particolare, senza una vera e propria volontà di dar vita a strutture romanzesche tradizionali" (Giachery, p. 147).
Fra le opere di prosa creativa si ricordano ancora: Gli ultimi giorni dell'anno (Lugano 1964), i Quaderni di Saverio Adami (Bologna 1967), Un mazzo di fiori (Bellinzona 1970), Vicende e situazioni (Chiasso 1970), Le quattro stagioni (Parma 1973), Carte. Gli anni zero e uno (Lugano 1978), parte, quest'ultima, di una vastissima raccolta di scritti rimasti inediti (composti dai tardi anni Venti fino alla morte), che lo J. genericamente definiva come "diario o zibaldone"; inoltre le Cronache di uno (ibid. 1981) e Predichette laiche (ibid. 1982).
I lavori critici dedicati agli scrittori prediletti confluirono nel volume Dante e Manzoni (Bologna 1973), uscito contemporaneamente a Un libro "inedito" di Alessandro Manzoni (ibid. 1973). Dal 1957 al 1976 lo J. partecipò, inoltre, ad alcuni fra i congressi nazionali di studi manzoniani, tenutisi a Lecco (con relazioni pubblicate negli atti del III, VI, VII e XI congresso). Sono interessanti anche i suoi contributi al simposio di studi per i cento anni di F. Chiesa (Intorno alle quattro letterature della Svizzera, in Le quattro letterature della Svizzera nel secolo di Chiesa, Atti del Simposio di studio… 1971, a cura di M. Agliati, Lugano 1971, pp. 44-52) e al convegno sul mondo e la poesia di A. Pierro, che si svolse a Salerno nel 1985 (Lettera ad A. Pierro, in Il transito del vento. Il mondo e la poesia di A. Pierro…, a cura di R. Miccia, Napoli-Roma 1989, pp. 369-374). Ha lasciato incompiuto il romanzo autobiografico Fughe e ritorni.
Lo J. morì a Berna il 12 febbr. 1997.
Fonti e Bibl.: A Berna, presso l'Archivio svizzero di letteratura, Fondo A. Jenni, si conservano documenti sulla vita e l'opera dello J., corrispondenze, opere inedite e recensioni sugli scritti editi fino al 1996 (stato al giugno 2002). Si vedano, inoltre: E. De Michelis, Narratori al quadrato, Pisa 1962, ad ind.; Pagine ticinesi di Gianfranco Contini, a cura di R. Broggini, Lugano 1986, ad ind.; Letteratura delle regioni d'Italia. Storia e testi, G. Orelli, Svizzera italiana, Brescia 1986, pp. 175-177; E. Giachery, A. J. "nordico", in Id., Letteratura come amicizia, Roma 1996, ad ind.; G. Bonalumi - R. Martinoni - P.V. Mengaldo, Cento anni di poesia nella Svizzera italiana, Locarno 1997, pp. 149-162.