ENGEL, Adolfo
Nacque il 25 apr. 1851 a Vicosoprano, nel Canton Ticino, in una famiglia facoltosa da Giangiacomo e da Carolina Stampa.
Dopo aver iniziato qui gli studi, li prosegui in Italia in seguito al trasferimento dei genitori a Caravaggio (Bergamo). Insignito di un premio per la fisica già nel 1870, s'iscrisse al politecnico di Milano, presso il quale consegui nel 1875 la laurea in ingegneria, meritandosi poi fama di valente professionista.
Personaggio dai molteplici interessi culturali, si formò presto anche una coscienza politica di orientamento radicale e, nel 1878, si fece iniziare alla massoneria e si candidò alle elezioni comunali di Caravaggio. Forte di una notevole personalità e di un'eccellente posizione come proprietario terriero nella stessa Caravaggio nonché nella vicina Treviglio, riusci eletto.
L'E. impresse una svolta nella vita pubblica di quel circondario, tradizionalmente soggetto all'influenza cattolica. In particolare, egli promosse la costruzione e l'apertura di scuole pubbliche, ed altre iniziative educative e culturali: fu tra i fondatori di una società di mutuo soccorso e si impegnò nell'assistenza sociale; fu dinamico presidente del comizio agrario e dell'ospedale della zona. Nel 1884 si distinse nell'assistenza alla popolazione colpita da un'epidemia di colera e l'anno seguente si uni alle squadre di volontari organizzate da Felice Cavallotti per il soccorso alle popolazioni colpite dallo stesso morbo a Palermo. L'opera prestata valse all'E. due medaglie al valore civile, che si aggiunsero ad una terza ricevuta per un coraggioso salvataggio da lui effettuato a Treviglio. A conclusione dell'esperienza siciliana, che fu anche tappa importante del suo sodalizio con il Cavallotti, l'E. si stabili a Treviglio e riprese la sua ascesa politica, divenendo consigliere provinciale nel 1886 ed infine, nel 1890, deputato alla Camera per quel collegio.
L'E. si inseri bene nella vita parlamentare, ricoprendo anche l'incarico di questore della Camera. Non molto frequenti ma ben preparati i suoi interventi in aula, che riguardarono sia questioni di rilievo nazionale, sia problemi particolari relativi soprattutto al suo collegio di provenienza. Si collocò nell'Estrema Sinistra legalitaria, senza peraltro opporsi sistematicamente ai provvedimenti delle maggioranze di governo, delle quali il suo raggruppamento non faceva parte. Richiamò innanzitutto l'attenzione sull'arretratezza della disciplina del lavoro notturno delle donne e dei fanciulli, ed ai primi segnali delle agitazioni che caratterizzarono il 1898 ne avverti prontamente l'importanza e ne previde gli sviluppi. Attribui il fenorneno al mancato interessamento delle classi abbienti e dei governi per i problemi delle classi subalterne, e sul terreno strettamente politico denunciò i pericoli di un allontanamento di queste ultime dalle istituzioni, ovvero di un loro inquadramento ad opera di socialisti e clericali, forze alle quali dava atto di prendersi cura delle masse, ma che d'altro canto riteneva intrinsecamente antinazionali. L'E. salutò dunque nella svolta giolittiana la formula mediante la quale si sarebbero stabiliti i giusti equilibri economico-sociali. Si può dire che da allora il suo radicalismo si venne orientando in senso sempre più liberale, mentre la convergenza tra lui e Giolitti si trasformò in un'intesa organica e duratura.
Sensibile ai temi istituzionali e deciso fautore dell'evoluzione in senso parlamentaristico dello statuto, nel periodo crispino e poi nella crisi del 1898 l'E. intervenne a varie riprese a difesa della dignità e del prestigio della Camera di fronte all'esecutivo. Si interessò inoltre di pubblica istruzione, sostenendo la scuola pubblica contro quella privata; di agricoltura, recando il contributo della propria esperienza personale; di trasporti, nei quali vedeva un poderoso fattore di incivilimento. In materia economica, si ispirava ai principi liberisti, dando ad essi una coloritura democratica.
Cosi, egli era per una politica di alleggerimenti fiscali a beneficio dei ceti più poveri nel quadro di un generale contenimento della spesa pubblica (a cominciare da quella militare) e di ripianamento del deficit, mentre avversava le protezioni doganali e gli aiuti statali alle industrie cosiddette artificiali. Sul piano squisitamente ideologico l'E. ebbe modo di presentarsi come un cavallottiano mirante alla piena ed effettiva realizzazione della "libertà nella monarchia" e di richiamarsi frequentemente alle idealità del Risorgimento.
Anticlericale, lanciò nel 1891 una vera e propria accusa di doppiezza verso le istituzioni a carico delle gerarchie ecclesiastiche, invocando la vigilanza delle autorità ma invitando nel contempo ad astenersi da ogni eccesso persecutorio nei loro confronti. L'episodio ebbe all'epoca una certa risonanza, e da quel momento lo scontro tra l'E. ed i cattolici si fece sempre più duro e degenerò nel tempo in una lotta senza esclusione di colpi da entrambe le parti.
Intanto nel Bergamasco progrediva la mobilitazione dei cattolici contro di lui, sicché alle elezioni politiche del 1904 essi gli contrapposero un loro candidato, Agostino Cameroni, che risultò vincitore dopo la scoperta di brogli a favore dell'E. nel primo conteggio. Anche dopo la perdita del seggio alla Camera. comunque, l'E. continuò a svolgere attività politica e nel 1906 fu indicato da Giolitti per la nomina a senatore. Tuttavia egli poté ottenere la nomina soltanto il 3 giugno 1908, poiché i cattolici - quali che fossero state le effettive responsabilità dell'E. nell'oscura vicenda del 1904 - per ritorsione presentarono un ricorso con il pretesto di una sua incompleta acquisizione dei diritti politici connessa alla sua origine elvetica, ottenendo se non altro di ritardarne la nomina.
Al Senato, ad ogni modo, l'E. fu pressocché inattivo. Egli si dedicò piuttosto al circondario di Treviglio ed alla massoneria, in cui dal 1904 al 1909 era stato presidente della gran loggia di rito simbolico italiano, divenendo nel 1912 gran maestro.
L'E. fu stroncato da un improvviso attacco cardiaco a Roma il 28 apr. 1913.
Unico suo scritto è l'opuscolo: Ilprof. Stoppani e le acque del Brembo, Treviglio 1883.
Fonti e Bibl.: Necrologi in Gazzetta di Bergamo, 29 apr. 1913, e in L'Illustrazione italiana, 25 maggio 1913, p. 517. Cfr. inoltre: Atti parlamentari, Camera dei deputati. Discussioni, legislature XVII-XXI, ad Indices; Atti parlamentari, Senato, legislatura XXIII, CV, p. 8938; CVI, pp. 9351, 9369; G. Norsa, I radicali alla Camera, Roma 1892, passim; D. Cimone, Gli eletti della rappresentanza nazionale per la XXI, XXII e per la XXIII legislatura, Napoli 1902, ad Indicem; G. R. Crippa, Bergamaschi di sempre, Bergamo 1962, pp. 56-60; T. Santagiuliana-I. Santagiuliana, Storia di Treviglio, Bergamo 1965, p. 574e passim; A. Agazzi, Icattolici bergamaschi e l'attenuazione del non-expedit, in Rass. stor. del Risorg., LVIII (1971), pp. 53-77; A. A. Mola, Storia della massoneria italiana dall'Unità alla Repubblica, Milano 1976, ad Indicem; T. Sarti, IlParlamento subalpino e nazionale, Roma 1896, p. 1014; Chi è?, 1908, p. 110; Enc. biogr. e bibl. "Italiana", s. 42: A. Malatesta, Ministri, deputati, senatori dal 1848 al 1922, I, ad nomen.