adocchiare
. Parasinteto verbale, che ricorre una volta nelle Rime, 3 volte nell'Inferno, 2 in ciascuna delle altre due cantiche, mai in prosa.
Il significato fondamentale di a., comune a tutte le attestazioni, è quello di " guardare bene, con attenzione ": Pg IV 109 adocchia / colui che mostra sé più negligente / che se pigrizia fosse sua serocchia; Rime CVI 52. Nei passi seguenti, poi, l'azione dell'a. richiede uno sforzo fisico: Pd XXV 118 Qual è colui ch'adocchia e s'argomenta / di vedere eclissar lo sole un poco, / che, per veder, non vedente diventa; XXVIII 15 E com'io mi rivolsi e furon tocchi / li miei [occhi] da ciò che pare in quel volume, / quandunque nel suo giro ben s'adocchi; If XVIII 123. In If XV 22, dove a. è costruito passivamente, lo sforzo viene reso mirabilmente dalla duplice similitudine dei due che s'incontrano di sera sotto nuova luna e del vecchio sartor che aguzza le ciglia per infilare l'ago. Finalmente, in If XXIX 138 se ben t'adocchio, e in Pg XXI 30 l'anima sua [di D.]... / non potea venir sola, / però ch'al nostro modo non adocchia, a. significa piuttosto " ravvisare ", " vedere chiaramente ": nel primo passo tuttavia il Pézard (ad l.) preferisce interpretare il verbo nel significato più comune: Capocchio vede apparire sul viso del poeta, ch'egli sta fissando, un segno che gli fa pensare di essere stato riconosciuto, ma è degno di nota il fatto che nel secondo passo il verbo viene adoperato per indicare il modo più perfetto di vedere proprio delle anime disincarnate.