ADMETO ("Αδμητος, Admētus)
Figlio di Ferete, della stirpe degli Eolidi, e di Climene o Periclimene, una delle figlie di Minia. Di consueto appare quale signore di Fere in Tessaglia, alle falde del monte Calcedonio e poco a sud della palude Bebiade: un'altra tradizione lo fa signore di Bebe, Glafira, Iolco e Fere; un'altra ancora di gran parte della Tessaglia, giungendo il suo dominio ad oriente sino al monte Pelio e al mare e ad occidente sino ai Molossi. Come Tessalo egli è ricco di greggi e di cavalli e a ciò alludono anche i nomi dei figli Eumelo, Perimele ed Ippaso.
Sue qualità principali sono la religiosità, la giustizia, l'ospitalità. Per esse appunto quando Apollo viene da Giove condannato a servire per un più o meno lungo spazio di tempo in pena d'avere ucciso i Ciclopi (fabbricatori del fulmine con cui Giove aveva abbattuto il figlio di Apollo, Asclepio) o i figli dei Ciclopi o il serpente Pitone, Apollo sceglie di dimorare presso Admeto. Apollo custodisce al suo padrone terreno le greggi le quali prosperano straordinariamente come di straordinaria velocità divengono i suoi cavalli. Secondo una leggenda Apollo non ama Admeto solo per la sua religiosità e giustizia, ma pure per la sua bellezza.
Quando A. si presenta fra gli aspiranti alla mano di Alcesti, figlia di Pelia, la benevolenza di Apollo per lui si palesa evidente poiché, asserendo Pelia che avrebbe dato la figlia solo a chi avesse saputo aggiogare al cocchio un leone e un cinghiale, Apollo dona al giovane A. un cocchio con un così poco consueto attacco. Nella celebrazione delle nozze A. dimentica di sacrificare ad Artemide. e la collera di questa si palesa con ciò, che A. trova la stanza nuziale piena di nodi di serpenti. Però Apollo si offre di riconciliare A. con Artemide, non solo, ma gli ottiene dalle Moire (alle quali egli secondo una versione estorce la promessa dopo di averle ubbriacate) che quando giungerà per A. l'ora della morte egli sarà salvo se altri si offrirà di morire per lui. Viene questo istante, e si rifiutano di sacrificarsi per A. il padre e la madre stessi; affronta il sacrificio la fida sposa Alcesti. La quale secondo la versione primitiva doveva restare nell'Ade, mentre la leggenda posteriore narra poi del suo ritorno fra le braccia dello sposo, o per l'ammirazione destata dalla sua virtù in Persefone, o per l'intervento di Eracle che la strappa a Tanato vincendolo nella lotta (spiegazione razionalistica di ciò in Palefato, n. XLI).
A. prende pure parte a due tra le più famose imprese mitiche greche, la spedizione degli Argonauti e la caccia al cinghiale calidonio; inoltre, secondo una leggenda meno diffusa, ai ludi celebrati da Adrasto in onore del morto padre Pelia (gara al pugilato fra A. e l'Ampicide Mopso), e, secondo Stazio, ai ludi Nemei, dove egli vince una clamide su cui è istoriata la leggenda di Ero e di Leandro. Un'isolata tradizione d 'origine attica (Fanodemo presso Scol. Aristof., Vespe, 1239) narra che nei suoi tardi anni A., cacciato da Fere, trova rifugio con la moglie e il figlio Ippaso in Atene dove è ospitato da Teseo.
Admeto in origine sembra, stando fra l'altro al significato del nome "l'indomito", una ipostasi di Ade. Una qualche notorietà ebbe pure un altro Admeto, troiano, figlio di Augea, che secondo la Iliuperside di Lesche e la pittura di Polignoto in Delfi inspirata a quel poema, ferì Megete e fu ucciso da Filottete.
Bibl.: Si veggano soprattutto: art. Admetos di Engelmann in Roscher, Lexikon d. griechischen u. römischen Mythologie, I, coll. 69-70; art. Admetos di Wentzel, in Pauly-Wissowa-Kroll, Real-Encycl. der class. Altertumswiss., I, i, coll. 377 segg.; Preller-Robert, Griechische Mythologie, 4ª ed., II, i, pp. 29-34, e si tenga sempre presente l'Alcesti euripidea. Cfr. alcesti.