MALATESTA, Adeodato
Nacque a Modena il 14 maggio 1806 da Giuseppe, capitano delle guardie del duca Ercole III, e da Carlotta Montessori di Correggio. Terzo di undici figli, trascorse l'infanzia a Fiorano, cittadina d'origine del padre, dove la famiglia si era trasferita. Undicenne frequentò corsi di retorica e filosofia al seminario di Modena, mostrando presto uno spiccato interesse per l'arte: tra il 1819 e il 1820 eseguì due quadri con frutta e un ritratto del cappellano di Fiorano don Antonio Maletti (opere perdute), lavori che spinsero lo zio materno, Giacomo Guzzoni, appassionato d'arte e dilettante di pittura di paesaggio, a iscriverlo all'Accademia Atestina di belle arti di Modena, diretta da Giuseppe Maria Soli.
Asioli (1905) segnala come il M. adolescente si avvalesse "dello studio della storia e di non pochi classici, anche latini" (p. 5) e, dopo le prime e incerte prove spontanee, comprendesse l'utilità di copiare incisioni e calchi "applicando per istinto il precetto di Leonardo", raccogliendo "sassi, fogliami, frutta, insetti, uccelli, che con improvvisata tavolozza si studiava ritrarre diligentemente" (p. 8). Durante l'alunnato modenese, in cui ebbe come insegnante Biagio Magnanini, il M. studiò le opere di Guido Mazzoni e di Antonio Begarelli, manifestando già le sue doti nel campo della ritrattistica: ne è prova l'Autoritratto giovanile (1825: Mantova, collezione privata, ripr. in La virtù(, p. 114) sul verso di un foglio riutilizzato per uno studio di nudo (ibid., p. 113). Alcune opere (quadri e disegni) comparvero alle esposizioni dell'Accademia (1820-21), quando questa era diretta dallo scultore Giuseppe Pisani, ritratto più volte dal M. anche in acqueforti.
Nel 1825, alla mostra dei lavori degli alunni meritevoli, il M. propose studi di nudo, ritratti, immagini mitologiche e una tela, prima sua opera impegnativa, Rinaldo e Armida (conservata a Modena in collezione privata, ripr. in Modelli d'arte(, p. 94, fig. I.1), copia da Alessandro Tiarini, che sarebbe stata seguita da un'Adorazione del Bambino (1827: Modena, Museo civico), tratta da Gerrit van Honthorst (Gherardo delle Notti), e da una Madonna col Bambino e s. Giovannino (1828: Ibid., collezione privata, ripr. in Modelli d'arte(, p. 101, fig. I.3), tratta da Palma il Vecchio (Iacopo Negretti).
Gli ultimi due dipinti risalgono agli anni (1826-29) di perfezionamento all'Accademia di belle arti di Firenze, diretta da P. Benvenuti. A quel periodo, interrotto nel 1828 per una polmonite, appartengono anche il Ritratto di Bernardino Rossi (Modena, collezione privata, ripr. ibid., p. 106, fig. 10) e il suo primo lavoro d'invenzione, Filottete nell'isola di Lemno (1827: Ibid., Museo civico), inviato all'Atestina: in una posa patetica appare l'amico pittore G. Fiorucci trasformato in eroe tragico e ideale, che a Chiaffredo Hugues si rivelò un "moderno Laocoonte" (p. 8). L'interesse del M. per gli effetti luministici notturni, a lume di candela, studiati e copiati da esempi caravaggeschi e fiamminghi nelle sale degli Uffizi, sono sintetizzati nell'Uomo che soffia su un tizzone (1828: Modena, Museo civico), in cui si ravvisa un forte realismo, che dalla fine degli anni Quaranta e nel decennio seguente riaffiorerà, accentuato dalla lezione di Eugène Delacroix e dalla conoscenza diretta di Domenico Morelli, nella Testa di vecchio con turbante conservata a Modena in collezione privata (ripr. in Modelli d'arte(, p. 107, fig. I.9), nella Testa di vecchio (Modena, Museo civico), nel Ritratto di arabo con fucile e barracano (1849: Reggio Emilia, collezione privata, ripr. ibid., p. 155, fig. I.57) e nei Quattro filosofi (Modena, Galleria Estense).
Nel 1829 il M. tornò a Modena, portando con sé il S. Francesco che riceve le stimmate (Modena, chiesa di S. Francesco), modulato su espressioni ispirate dalla pittura del Cigoli (Ludovico Cardi). Vi rimase poco più di un anno: verso la fine del 1830 partì per un pensionato a Roma, interrotto a causa di amicizie con simpatizzanti dei moti carbonari del 1831. A quegli anni appartengono l'incompiuto Ritratto di Ciro Menotti e Abramo Rimini (1831 circa), ora nel Museo civico del Risorgimento di Modena, il Ritratto del dottor Antonio Tori (1833) del municipio di Spilamberto e quelli di Francesco Raffaeli (1833: Modena, Museo civico) e dello scultore Antonio Bosa (1839: Bassano, Museo civico).
Incitato da Pisani, riprese gli studi a Venezia, dove si trasferì nel 1833 e rimase fino alla primavera del 1837, dopo le nozze con la modenese Emilia Malverti, che gli darà quattro figli: Narciso, Giuseppe, Caterina e Ildegonda (o Aldegonda). A Venezia il M. disertava le aule accademiche per dipingere S. Mauro abate che ridona la vista ad un cieco (1834: Correggio, Museo civico) commissionatogli per la chiesa di S. Sebastiano a Correggio, cui seguiranno il Battesimo di Cristo per la cattedrale ungherese di Eger, un Martirio di s. Bartolomeo (1837: Fiumalbo, chiesa di S. Bartolomeo) e una S. Filomena (1836: Modena, chiesa del Voto), che il M. riproporrà nel 1840 per la chiesa dell'Assunta di Pievepelago. Ormai famoso, approfittò della magnanimità ducale che gli diede l'opportunità di perfezionarsi a tempo indeterminato ancora a Roma (dicembre 1837): vi resterà fino al 1839, quando, scomparso Pisani, il 29 dicembre, fu nominato direttore dell'Accademia Atestina. Lasciata Roma, dove a palazzo Altemps era stato al centro del dibattito sui nuovi orientamenti della pittura italiana, in bilico tra nuove tendenze europee e forti tradizioni locali, fu accolto nella sua Modena con onori trionfali (anche per la fresca nomina, nel maggio del 1839, ad aggregato dei Virtuosi al Pantheon). Portava con sé la complessa pala raffaellesca nell'impianto, ma veneta nella cromia, del S. Francesco che resuscita un annegato (1839 circa: Massa, duomo) e si apprestava a riformare il corpo accademico e il regolamento dell'Atestina. Nel 1845 fece approvare dal duca la Società d'incoraggiamento per gli artisti degli Stati Estensi, voluta anche dal poeta, nonché segretario dell'Accademia, Antonio Peretti. Furono scelte importanti e innovative che gli valsero apprezzamenti: su tutte si alzarono le lodi del critico purista Pietro Selvatico e quelle dell'anticonformista G.B. Cavalcaselle, pronto a lasciare l'Accademia veneziana per seguire il moderno insegnamento malatestiano, che però registrava anche detrattori famosi, quali Adolfo Venturi. Nonostante l'assiduo impegno didattico, il M. non smise mai di essere anche artista, spesso assistito, per le numerose commissioni, da aiuti di bottega, tra cui il fratello Massimiliano e, più avanti, il figlio Narciso.
Nelle opere del M. riaffiorano stimoli e suggestioni captate, recepite e studiate durante i soggiorni nelle capitali artistiche italiane: dalla neoquattrocentesca Madonna in trono col Bambino ed i ss. Alfonso e Luigi (1841 circa: Modena, chiesa delle domenicane) alla carraccesca Educazione della Vergine (1843: Concordia, casa parrocchiale); dagli overbeckiani Tobiolo che ridona la vista al padre (1843: Modena, collezione privata, ripr. in Modelli d'arte(, p. 139, fig. I.43) e Agar nel deserto (1845-59: Milano, collezione Oldani Castriziano, ripr. ibid., p. 166, fig. I.73) alla hayeziana scena del Dante che incontra Sapia (1839-42 circa: Modena, collezione privata, ripr. ibid., p. 142, fig. I.44); dai cinque quadri (di cui uno risulta disperso) dipinti per la chiesa bolognese di S. Giuseppe, il nazareno e raffaellesco Sposalizio della Vergine (1844), il più mistico Gesù crocifisso sul Calvario (1850), la devozionale Madonna orante (1855), le romantiche Fuga in Egitto (1864) e Sacra Famiglia (1868), fino al Transito di s. Giuseppe (1862: Verona, chiesa di S. Nicolò), tela intrisa di echi di pittura veneta, o al morelliano S. Celestino papa che consegna a Cirillo il decreto sull'eresia di Nestorio (1873: Castelnuovo Rangone, chiesa di S. Celestino); dalla ieratica Cena in Emmaus (1875: Legnago, duomo), all'iconografia sacra e senza tempo del tardo Sposalizio di s. Caterina (1879: Modena, chiesa di S. Carlo), considerato dallo stesso M. suo testamento artistico.
Si misurò anche con la pittura storica: nel 1841, all'inaugurazione del nuovo teatro modenese, fu presentato il suo sipario che celebrava gli antichi fasti estensi del Duca Ercole I in atto di esaminare i disegni per il teatro di Ferrara; contemporaneamente a Firenze si espose la Vestizione di Alfonso III in abito da cappuccino (ora all'Accademia militare di Modena: cartone presso il Museo civico) e già da allora si ha notizia che il M. lavorasse alla controversa Disfatta di Ezzelino da Romano (1856: Modena, Accademia militare), grande quadro di cui si conservano diversi studi (Ibid., Galleria Estense) e a cui, nel bene e nel male, sarà legata nel tempo l'alterna fortuna del M. pittore di storia. Al 1845 circa risale la Dedizione di Enrico IV a Gregorio VII a Canossa (Ibid.), di cui esistono due versioni, una delle quali sarà ultimata da Narciso nel 1882.
Il M. non fu mai pittore d'avanguardia, limite che in parte gli derivava dalla rigorosa formazione accademica, ma che aveva pure dato al suo naturale talento solide basi per affrontare anche la pittura di genere, filone più adatto a soddisfare le nuove richieste e le più duttili esigenze del mutato mercato artistico ottocentesco: al riguardo si segnalano l'espressiva Vecchia che fila (1849), il quasi macchiaiolo Paride giardiniere (1870), entrambi nel Museo civico di Modena; Il riso e Il pianto (1850 circa: Modena, collezione privata, ripr. in Modelli d'arte(, p. 162 figg. I.67-68), tele influenzate dalla pittura di S. Lega e realizzate per il conte Ferdinando Tarabini Castellani; o la neosecentesca Rivendugliola (1852: Bologna, collezione privata, ripr. ibid., p. 163 fig. I.69).
Fluviale fu la produzione ritrattistica: nel catalogo di Asioli si annoverano ben cinquecento titoli; sono ritratti di regnanti come quello di Francesco IV d'Austria-Este e della consorte Maria Beatrice di Savoia (Modena, Accademia militare) o quello dell'Arciduca Ferdinando Carlo Vittorio d'Austria-Este (1851: Modena, collezione privata, ripr. in Modelli d'arte(, p. 152 fig. I.55); di nobili come quelli della marchesa Anna Campori Seghizzi (1847: Ibid., Museo civico), di Enrico di Chambord duca di Bordeaux (1849: Ibid., Accademia militare), di Maria Teresa d'Austria-Este (1852: Ibid., Museo civico), di Lucia Scandiani Martinelli e del Conte Paolo Gnoli (entrambi 1850: Ibid.) o il Doppio ritratto di Lotario Alfonso e Lorenzo Rangoni (1850-52 circa: Modena, collezione privata, ripr. in Modelli d'arte(, p. 151, fig. I.53) o quelli della Marchesa Giulia Seghizzi Coccapani Imperiali (1862) e della Contessa Carolina Gherardi Araldi (1870 circa: entrambi, Ibid., Museo civico) e il nuovo ritratto di Bernardino Rossi (Ibid., Istituto d'arte), o ancora quello di Costanza Montecuccoli bambina (1875: Ibid., collezione Cavazzuti, ripr. in Tommasi, 1998, p. 53) e molti altri, per i quali si rinvia a Martinelli Braglia, in Modelli(, 1998, pp. 57-65.
Il M. fu artista a tuttotondo, pronto a cimentarsi anche con il restauro (già nel 1833 è documentata la sua presenza nel cantiere della parrocchiale e nel santuario della Comuna presso Ostiglia: Ferriani, in La virtù(, p. 118; mentre risalgono al 1854 e al 1866, rispettivamente, gli interventi nella chiesa modenese di S. Domenico, nella quale affrescherà anche la cupola con l'Apoteosi di s. Domenico, e quelli nel santuario della beata Vergine del Castello di Fiorano, edificio per cui ritoccherà gran parte delle pitture di Sigismondo Caula), ma pure capace di fornire progetti (Rivi, in Modelli(, 1998, p. 70) di sculture: sua la statua di Antonio Muratori, situata nell'omonima piazza modenese, inaugurata nel 1853. Tante, forse troppe, le commissioni accettate: alla fine della sua vita, il M. contò anche sull'aiuto del cognato Carlo Goldoni e del devoto allievo Antonio Simonazzi. Nonostante ciò, le tele, con rammarico dei committenti, rimanevano anni nel suo studio, sottoposte a interventi continui e distanziati nel tempo.
La lunga carriera del M. si completò nel 1859, quando il dittatore L.C. Farini lo nominò direttore della commissione emiliana per la conservazione delle opere d'arte e presidente del Consorzio delle accademie di Bologna, Parma e Modena. Quando nel 1877 il Consorzio fu sciolto, il M. divenne direttore dell'Istituto di belle arti, e nel 1882, grazie al regio decreto che sanciva la definitiva e netta divisione tra musei e istituzioni scolastiche, assunse l'incarico di direttore della Galleria Estense. Nel 1886 fu organizzata dalla città, presso il foro Boario, l'esposizione di più di trecento sue opere: enorme in ambito locale fu l'impatto dell'evento, invece del tutto ignorato a livello nazionale.
Il M. morì a Modena il 24 dic. 1891.
L'attività del fratello Massimiliano (nato intorno al 1810 a Modena, dove morì dopo il 1860) è ancora relegata nell'ombra a causa dell'alta personalità del M. e dell'amplissima produzione della bottega; ma, anche se è nodo difficilmente districabile, si va ora delineando un catalogo più preciso delle sue opere, pubblicato da G. Martinelli Braglia in L'esercizio della tutela. Restauri tra Modena e Reggio Emilia (1985-1998), a cura di L. Bedini - J. Bentini - A. Mazza, Verona 1999, pp. 148 s. Di Massimiliano si segnalano, inoltre, una Madonna col Bambino in gloria ed i ss. Sebastiano, Filippo Neri e Valerio vescovo (1847: Nonantola, frazione Redù, chiesa della Natività di Maria Santissima) realizzata per la famiglia Salimbeni, e il Gonfalone processionale della Beata Vergine di Fiorano (Garuti, 1998).
Fonti e Bibl.: C. Hugues, Commemorazione del socio A. M., in Memorie della R. Acc. di scienze, lettere e arti di Modena, s. 2, IX (1893), pp. 1-66; F. Asioli, A. M. Notizie biografiche e artistiche, a cura di G. Canevazzi, Modena 1905; A. De Gubernatis, Diz. degli artisti viventi, Firenze 1906, pp. 271 s.; G. Martinelli Braglia, A. M., in Dall'accademia al vero. La pittura a Bologna prima e dopo l'Unità (catal.), a cura di R. Grandi, Bologna 1983, pp. 144-148; A. M. 1806-1986. Mostra documentaria nel 180( anniversario della nascita (catal.), a cura di C.F. Teodoro, Modena 1986; G. Martinelli Braglia, A. M.: appunti sulla ritrattistica, in Atti e memorie della Deputazione di storia patria per le antiche provincie modenesi, s. 11, XI (1989), pp. 299-316; Id., La pittura dell'Ottocento in Emilia Romagna, in La pittura in Italia. L'Ottocento, Milano 1991, I, ad ind.; II, pp. 893 s.; R. Carapelli, A. M. Puntualizzazioni documentarie e aggiunte inedite al pittore modenese, in Il Carrobbio, XVIII (1992), pp. 93-102; G. Guandalini, Pale di A. M. e di Luigi Manzini nella chiesa delle domenicane in Modena, in Atti e memorie della Deputazione di storia patria per le antiche provincie modenesi, s. 11, XV (1993), pp. 227-233; G. Martinelli Braglia, Romanticismo e revival nella Restaurazione modenese; i sipari di A. M. e Luigi Manzini nel teatro comunale, ibid., pp. 235-243; A. Garuti, Presenza di opere di A. M. nella provincia di Modena, ibid., XVI (1994), pp. 323-346; G. Martinelli Braglia, Adolfo Venturi e A. M., in Gli anni modenesi di Adolfo Venturi, Modena 1994, pp. 79-97; A. Garuti, Gli ex voto del santuario della Beata Vergine del Castello, Modena 1998, pp. 24 s. (per Massimiliano); Modelli d'arte e di devozione. A. M. (1806-1891) (catal.), a cura di D. Ferriani, Milano 1998; La virtù delle arti. A. M. e l'Accademia Atestina (catal.), a cura di G. Carriani, Vignola 1998; P. Curti, A. M., in Tesori ritrovati. La pittura del ducato estense nel collezionismo privato (catal.), a cura di J. Bentini, Milano 1998, pp. 178-181, 192; Lettere all'artista: testimonianze d'arte nell'Ottocento dall'epistolario di A. M., a cura di L. Rivi, Modena 1998; A.C. Tommasi, A. M., s.l. 1998; Luoghi di A. M.: inediti contributi su un pittore ottocentesco, a cura di R. Ariuli, Ferrara 1999; G. Martinelli Braglia, Pittura nel Ducato austro-estense, in Lo Stato di Modena: una capitale, una dinastia, una civiltà nella storia d'Europa. Atti del Convegno( 1998, a cura di A. Spaggiari - G. Trenti, Modena 2001, pp. 237 s. (per Massimiliano); L'Ottocento. Maestri di pittura a Modena e Carpi (catal.), a cura E. Barbolini Ferrari - A. Garuti, Carpi 2005, pp. 28-32; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIII, p. 587.