ADENET le roi
Poeta francese del sec. XIII, originario del Brabante. Menestrello non randagio, né oscuro, né indotto, ebbe una situazione stabile di poeta di corte presso le case di Brabante e di Fiandra. Protetto dapprima dal letterato Enrico II, duca del Brabante dal 1248 al 1261, e da due figli di costui, lo ritroviamo a varie riprese alla corte di Francia bene accolto dalla figlia Maria, sposa del re Filippo l'Ardito: soggiorni che sono ritratti in belle figure del ms. 3142 dell'Arsenal. In una di esse il poeta sta, nelle stanze della regina Maria (1285), in atto di ascoltare dalla bocca di Bianca, vedova dell'infante di Castiglia e figlia di S. Luigi, una leggenda spagnola inserita nel poema di Cléomadès, e porta in capo la corona di re dei menestrelli; in un'altra presenta la detta opera al duca d'Artois. Dalla casa di Brabante passò al servizio di Guido de Dampierre, conte di Fiandra, al cui seguito era ancora nel 1296: periodo lungo e proficuo, durante il quale consultò, a credere alla sua affermazione, un monaco di Saint-Denis, che gli avrebbe fornito la "vera storia" dell'altro poema di Bovon de Commarcis, e intraprese grandi viaggi al seguito del conte, spingendosi fino a Napoli e in Sicilia, dei quali paesi, come di Venezia e di Parigi, abbiamo nei suoi poemi descrizioni suggestive e vive. Oltre al citato Cléomadès, romanzo di pura fantasia, ultimo in ordine di tempo e giudicato il suo capolavoro, in cui fa l'apparizione un cavallo alato preso in prestito dai racconti orientali attraverso gli Ispano-arabi, oltre al citato Bovon de Commarcis, il quale appartiene alle chansons che narrano di guerre in Ispagna ed è forse una leggenda fiorita all'ombra delle abbazie, altre opere importann sono: Enfances Ogier le Danois, che è un rimaneggiamento di altro poema e ha come campo d'impresa l'Italia; Berte aux grands pieds, grazioso rimaneggiamento della nota leggenda sul motivo folkloristico della fidanzata sostituita e della sposa fedele e perseguitata. In tutte queste opere il poeta, anche quando segue narrazioni altrui, mette un'arte particolare che non ha certo l'ingenua robustezza delle vecchie geste, ma è scaltrita e addottrinata nella versificazione, nella lingua e nello stile. La chanson più che dell'epico ha del romanzesco, si è raffinata, ed è consona al gusto delle corti del sec. XIII.
Bibl.: L. Gautier, Les épopées françaises, 2ª ed., Parigi 1878-94, III; G. Paris, Hist. poét. de Charlemagne, Parigi 1865; A. Bovy, Adenet le Roi et son oeuvre, in Annales de la Société d'archéologie de Bruxelles, X e XII (1896 e 1898); J. Bédier, Légendes épiques, 2ª ed., Parigi 1914-1921, I-IV; E. Röll, Das Verhältnis des Siège des Barbastre zum Bueve de Commarcis, Greifswald 1909, cfr. anche le prefazioni alle ediz.: di Berte aux grands pieds, curata da P. Paris, Parigi, 2ª ed., 1836; di Cléomadès, curata da A. van Hasselt, Bruxelles 1888; di Berte aux grands pieds; di B. de Commarcis, e di Enfances Ogier, curate da A. Scheler, Bruxelles 1874.