COARI, Adelaide
Nacque a Milano il 4 nov. 1881 da Carlo, negoziante di legnami, e da Anna Isola. La convinta religiosità dei genitori lascerà un'impronta profonda sulla personalità della C., spingendola a privilegiare costantemente l'aspetto confessionale in ogni sua scelta, sia politica sia pedagogica.
Nel 1901, due anni dopo aver conseguito, nel capoluogo lombardo, il diploma magistrale, ottenne due incarichi: uno nel settore scolastico, come maestra in una scuola pubblica rurale a Cascina (Milano) e l'altro nel campo sociale, come segretaria di redazione del giornale L'Azione muliebre, primo organo di stampa del nascente femminismo cattolico milanese.
Il periodico si dimostra fin dai primi numeri una pubblicazione ben scritta, di discreto livello culturale, che tenta una analisi sulla condizione della donna, subordinata, però, alle direttive ecclesiastiche. Mancano sia una chiara coscienza delle cause che erano alla base della oppressione femminile (prova ne sia il fatto che la guida delle iniziative viene regolarmente delegata alle gerarchie superiori della Chiesa), sia la capacità di individuare gli obiettivi verso cui indirizzare l'attività del movimento che rimase circoscritta in un ambito quasi esclusivamente assistenziale concretandosi in una serie di iniziative rispondenti a istanze tradizionali che andavano dalla protezione della giovane, dell'operaia, dell'emigrante, alla lotta contro la tratta delle bianche, e non in tentativi volti a modificare i rapporti giuridici esistenti fra i sessi. Il giornale si farà anche promotore del Comitato italiano per la protezione della giovane, fondato a Milano nel giugno 1902.
Verso la fine dello stesso anno, la C., insieme con Adele Colombo, Angiolina Dotti e Pierina Corbetta, fu tra le fondatrici del Fascio democratico milanese, organizzazione che si proponeva essenzialmente una modernizzazione del concetto di "associazione femminile cristiana".
Il Fascio (che contava all'origine una cinquantina di aderenti, per la maggior parte giovani maestre e studentesse), anche se tentava di collegarsi alla realtà sociale, non arrivò mai ad articolare un programma organico; le donne dell'associazione, infatti, sebbene insistessero con forza sulla necessità di una maggior cultura e di più ampi diritti civili per la parte più debole della società, si dimostrano ancora incerte nel formulare tali richieste, raggiungendo un punto di chiarezza solo sulla necessità di un'organizzazione "separata" per le donne cattoliche.
La C. collaborò contemporaneamente a La Donna, settimanale formativo-propagandistico del Fascio che, pur mantenendo anch'esso un carattere rigidamente confessionale, tentava più ampiamente di porsi come associazione per la battaglia femminile. Nel novembre del 1903 partecipò al congresso di Bologna dell'Opera dei congressi, ove si discusse, tra l'altro, della questione femminile, prendendo la decisione di istituire una sezione femminile, il cui statuto venne compilato dalla Coari.
Nel 1904 la C. si ritirò da L'Azione muliebre per le critiche mosse da don Mariani, diventato assistente ecclesiastico della rivista, alla sua attività sociale, considerata troppo estremistica, e in particolare alla sua partecipazione al Fascio democratico. A queste motivazioni di ordine esterno si aggiunse la stessa posizione critica della C. verso il periodico che avrebbe voluto, contro il parere di gran parte della redazione capeggiata dalla direttrice Baldo, più popolare e battagliero. Il dissenso fra la Baldo e la C. mostrava la scollatura esistente fra la linea ufficiale della Chiesa e le posizioni critiche, anche se del tutto "interne", del gruppo che faceva capo alla Coari. La prima infatti non andava oltre la formula del patronato e credeva necessaria una direzione borghese per le associazioni femminili, la seconda propendeva invece per la costituzione di organizzazioni autonome di operaie e tentava, senza peraltro riuscirvi, di sottrarre L'Azione muliebre all'ipotesi di un giornale per signore colte, disimpegnato dalle questioni sociali, verso cui stava progressivamente scivolando. Sempre nel 1904, in novembre, la C. venne incaricata dal Fascio di stendere il programma e in seguito di assumere la direzione del nuovo quindicinale femminile Pensiero e azione, nato l'8 dicembre, con la dichiarata funzione di favorire l'educazione e l'organizzazione delle operaie.
Il giornale si dimostrò sin dall'inizio l'organo di stampa di un gruppo compatto che si attestava su posizioni più aperte ed omogenee de L'Azione muliebre: si sarebbe schierato, ad esempio, nel 1905 in favore della concessione del diritto di voto alle donne, avversato invece da L'Azione muliebre.
Il 1905 fu l'anno più intenso per la C., che partecipò a tutta una serie di iniziative cultural-popolari (dai circoli di studio alle scuole per analfabeti): tra l'altro la redazione di Pensiero e azione creò Le Pagine dell'operaia, supplemento quindicinale alla rivista. Nella seconda metà del 1905 la C., continuando la sua attività assistenziale, si recò, a nome della federazione milanese, a soccorrere i terremotati di Cosenza e Catania. Due anni dopo, partecipò, come componente del comitato esecutivo, al convegno femminile tenutosi alla villa Reale di Milano, dove, per la prima volta, le forze cattoliche più aperte proposero un programma di lavoro organico che si scontrò con la mentalità clericale e integralista molto diffusa negli ambienti ecclesiastici in funzione antimodernista.
Nonostante le polemiche che investirono immediatamente anche il lavoro della C., la rivista da lei diretta riuscì, pur se con grandi difficoltà, a vedere la luce regolarmente fino al giugno 1909, quando ne fu sospesa la pubblicazione. Dopo sette anni di intensa attività sociale, la C. si ritirò dalla scena politica abbandonando la redazione del periodico, soggiacendo a pressioni che la invitavano pretestuosamente a non compromettere monsignor G. Radini Tedeschi e il cardinale A. Ferrari, che sarebbero stati ritenuti corresponsabili di un movimento ormai considerato quasi eretico per le sue affinità con il modernismo sul terreno della prassi.
Da allora la C. circoscrisse la sua attività al campo educativo, schierandosi nettamente a difesa della confessionalità della scuola. Nel 1909 riprese a riflettere sul suo insegnamento "senza metodo", cercando di sistematizzarlo.
Alla base della sua concezione pedagogica stava l'idea che fosse indispensabile procedere senza un programma stabilito: non bisogna preparare in modo rigido le lezioni, ma partire dalle esperienze del bambino, sforzandosi di ascoltarne gli interessi. Postulato del suo "metodo naturale" era che l'educatore è tale soprattutto per ispirazione divina e non deve quindi essere tanto un esperto, quanto e soprattutto una guida di anime. La C. si sforzò di attuare nella pratica quotidiana del suo insegnamento questa "pedagogia integrale".
Prese anche contatti con altre scuole d'avanguardia; già nel 1907 aveva visitato a Roma la Casa del bambino della Montessori, di cui aveva letto con attenzione Il metodo della pedagogia scientifica applicata all'educazione infantile. Ma si dissociò completamente da questo esperimento, criticandone il laicismo e l'antiautoritarismo che avrebbero mortificato il ruolo dell'educatore a semplice osservatore. Anche sulla "scuola rinnovata" della Pizzigoni espresse un giudizio negativo, per l'eccessiva rigidità nella preparazione delle lezioni che avrebbe costretto gli allievi ad un apprendimento passivo e nozionistico. Invece nel 1910, visitando alla Montesca le scuole dipendenti dall'amministrazione Franchetti, ne rimase favorevolmente colpita. Nelle teorizzazioni di G. Lombardo-Radice credette poi di ritrovare quell'"attivismo cristiano" da lei sempre posto in cima agli interessi pedagogici e accettò più tardi di collaborare con lui, uscendo così dall'isolamento quasi assoluto in cui aveva sempre operato.
Nel 1909 si recò nel Mezzogiorno, per soccorrere i terremotati di Messina e della Calabria. In aprile venne invitata dal senatore L. Franchetti a far parte della commissione per il progetto di un nuovo istituto agricolo-industriale da fondarsi nei paesi più colpiti. Fu anche designata a dirigere, sempre nel Mezzogiorno, un istituto per maestre, con l'obbligo però di avvalersi del metodo Montessori, condizione questa che, data la sua posizione ideologica, la indusse a declinare l'incarico. Il Franchetti, infatti, nonostante la grande stima per la C., era per una netta laicizzazione della scuola. Nel 1909 pubblicò a Milano Niccolò Tommaseo, con prefazione di A. Fogazzaro, una biografia centrata soprattutto sulle sue teorie pedagogiche che la C. mostrava di condividere in polemica con quelle del positivismo.
Ritornata nel 1913 a Milano, riprese l'insegnamento fino al luglio 1915, quando, su invito di don G. Semeria, si recò ad Udine, quale rappresentante della federazione milanese, per assistere negli ospedali da campo i soldati feriti provenienti dal fronte. Nell'ottobre del 1916 riprese l'insegnamento a Milano, diventando poco dopo ispettrice nelle scuole elementari. Dal 1917 lavorò anche per la biblioteca circolante dei maestri, mentre stava per nascere il Gruppo d'azione per le scuole del popolo, che pubblicherà il periodico omonimo di collegamento e informazione per i maestri cattolici.
Fra il 1926 e il '34 la C. ricoprì l'incarico di direttrice centrale per le scuole rurali lombarde, interessandosi soprattutto dell'edilizia scolastica rurale. Sempre a Milano, nel settembre, del 1929, organizzò il Cenacolo di Lentate con corsi a carattere essenzialmente religioso per le maestre delle scuole rurali. Il veto del partito fascista ai raduni di maestri non organizzati dalle proprie associazioni stroncò, nel 1934, l'attività del Cenacolo. Sempre in quell'anno, laC. aderì al regime fascista. Insegnò fino al 1939 quando, andata in pensione, si trasferì a Rovegno (Genova). Si occupò allora dell'Opera dei figli di don Orione, da lei conosciuto anni prima, e si dedicò ad ordinare gli appunti delle sue esperienze scolastiche. Su pressione degli amici pubblicò nel 1962 a Brescia Ho cercato la mia scuola. Spirito e tecnica, che, per ammissione della stessa autrice, non è un lavoro organico di didattica, ma una raccolta di impressioni personali.
La C. morì a Rovegno il 16 febbr. 1966.
Fonti e Bibl.: Loreto, Arch. della S. Casa, Archivio Coari; P. Gaiotti De Biase, Le origini del movim. cattolico femminile, Brescia 1963, ad Indicem; G. De Rosa, Storia del movimento cattolico in Italia, Bari 1966, pp. 226-29; A. Cimini, A. C. e il movim. cattolico femminile, in Studia Picena, XLII (1975), pp. 132-200; C. A., in Protagoniste femm. del primo novecento…, a. c. di E. Santarelli, Milano 1976, estr. da Problemi del Socialismo, 4, 1976; Il femminismo cristiano, a cura di F. M. Cecchini, Roma1979, pp. 14 s., 32 s., 36, 42, 45, 188.