Ade
(gr. ῞ΑιδηϚ; lat. Hades)
Antica divinità, signore e custode dei defunti, sovrano dell'oltretomba. Rappresentato nel mondo greco per lo più come Zeus, ma con il volto corrucciato, i capelli disordinati sulla fronte, la lunga barba incolta, A. corrisponde nei Settanta alla traduzione dell'ebraico shĕ'ōl, sede dei defunti, buoni e cattivi (tradotto nella Vulgata come infernus, inferi, inferus; At. 2, 24-31; Sal. 94, 17; Mt. 16, 18; Is. 38, 10), a volte la morte stessa (Os. 13, 14), vinta (Ap. 1, 18; 1 Cor. 15, 55); l'A., nudo dinanzi all'Onnipotente (Gb. 26, 5-6), sarà costretto a rendere i morti nel momento della risurrezione di Cristo (Ap. 20, 13-14). Sono spesso ricordate le porte (Sal. 9, 14; 106, 16; 107, 14-16; Is. 45, 2; Sap. 16, 13) che racchiudono il regno dell'oscurità (Gb. 10, 21-22; 38, 17; Sal. 88, 7-13), situato nel profondo della terra (Sir. 51, 5-6), mostro insaziabile (Ab. 2, 5) e abisso divorante (Gb. 26, 5; Is. 38, 17-18); si narra inoltre della predicazione di Cristo agli spiriti 'in prigione' (1 Pt. 4, 6). Testi significativi sono gli apocrifi Le questioni di Bartolomeo (I, 1-20), le Odi di Salomone (17, 9; 24; 29, 4; 42, 11-17) e il Vangelo di Nicodemo (Discesa di Cristo agli Inferi), dove A., come nell'Antichità, è al tempo stesso l'oltretomba e il suo sovrano e dove è descritto ampiamente il dialogo tra Satana e A., che ingordamente tutti divora; apre infatti la bocca, per farne uscire un'anima, in una miniatura del sec. 12° relativa a Sal. 15, 10 (Roma, BAV, gr. 1927, c.21r). A. è anche associato, confuso e identificato con l'inferno, soprattutto a partire dal Nuovo Testamento (Lc. 16, 19-31), nel quale fu accolto il concetto (Is. 50, 11; 66, 44) di un destino differenziato per i morti nell'oltretomba, secondo i meriti; dopo la risurrezione, l'ade verrà sostituito dall'inferno in senso stretto, la Geenna della sofferenza eterna (Ap. 20, 9-14).
Nell'iconografia medievale è collegato sostanzialmente all'idea di limbo, preinferno, luogo di soggiorno dei defunti vissuti prima dell'avvento di Cristo e delle anime in attesa della sua risurrezione e del Giudizio universale (Ippolito, Liber adversus graecos, PG, X, col. 800A; Gregorio di Nissa, De anima et resurrectione, PG, XLVI, coll. 68A-B). Nelle immagini del Giudizio universale, in genere A. è rappresentato frontalmente, in trono in quanto sovrano, accanto al Maligno e tra i diavoli, nelle figurazioni dell'inferno nell'arte bizantina a partire dai secc. 9° e 10°, mentre è meno diffuso in Occidente, circondato dalle fiamme o da serpenti (Conques, Sainte-Foy, lunetta del portale, 1130-1135). La figura compare principalmente in rappresentazioni dell'Anastasi, come personificazione del regno dei defunti annientato da Cristo (Popovich, 1963) o come A.-morte, non sempre chiaramente distinto da Satana (Kartsonis, 1986).
L'iconografia più caratteristica e più frequente, di stampo fortemente antichizzante e diffusa soprattutto dal sec. 10°, lo vede raffigurato in numerosissimi esempi per lo più con aspetto vigoroso, con lunghi capelli e una disordinata barba bianca, coperto solo da un perizoma, riverso sulla schiena o prono e calpestato da Cristo, come in una miniatura delle Omelie del monaco Giacomo (Roma, BAV, gr. 1162, c. 48v, fine del sec. 11°-inizi del 12°; inoltre: Torcello, controfacciata del duomo, mosaico, 1175 ca.; Benevento, duomo, formella dell'imposta bronzea, fine sec. 12°- prima metà del 13°; Otranto, S. Pietro, affresco del sec. 14°). Compaiono spesso le porte incrociate, un motivo che rimase a lungo nella tradizione figurativa dell'immagine della Discesa al limbo, simbolo sufficiente di per sé a indicare la vittoria sull'A., anche quando manca la personificazione.
La figura è di piccole dimensioni nelle rappresentazioni delle chiese rupestri della Cappadocia, nonché, per es., in S. Maria Antiqua a Roma, dove appare scuro e muscoloso (affreschi del 705-707); è raffigurato anche spesso in catene o, secondo un'iconografia tardobizantina, nel momento in cui viene legato dagli angeli (affreschi nella chiesa del monastero di Sopočani, Serbia; 1265 ca.).
Nei salteri bizantini con decorazioni marginali A. è un grosso gigante scuro, caratterizzato da tratti satanici, come esemplifica una miniatura della c. 109r del Salterio Barberini (Roma, BAV, gr. 372; 1100 ca.), mentre alla c.109v giace sulla schiena, sovrastato dalla mandorla in cui sta il Cristo; nelle rappresentazioni della Risurrezione di Lazzaro è raffigurato mentre stringe a sé le anime che vorrebbero sfuggire al suo abbraccio (Monte Athos, monastero del Pantocratore, 61, c. 29r).
Nel Salterio di Utrecht (Utrecht, Bibl. der Rijksuniv., 32; 830 ca.) A. è una figura nuda calpestata (c. 8r) oppure emerge da un antro pieno di fiamme, nel quale due personaggi armati gettano le anime degli uomini senza Dio (c. 53r). Nei mosaici di Dafnì (1080-1100) la sua sconfitta è sottolineata dall'asta di Cristo che lo trafigge, secondo un'iconografia estremamente diffusa che ha un parallelo significativo nelle rappresentazioni imperiali della calcatio del nemico; in un avorio bizantino del sec. 10° (New York, Metropolitan Mus. of Art), nell'immagine della Crocifissione, la grande figura di vecchio dal cui ventre nasce la croce rappresenterebbe A. piuttosto che Adamo (Frazer, 1974), analogamente alla raffigurazione negli affreschi della chiesa di S. Giorgio a Pološko (Macedonia, dopo il 1340 - prima del 1378), dove è identificato da un'iscrizione.
Il regno dell'oltretomba è immaginato come tenebrae (Cimitile, chiesa dei Ss. Martiri, affreschi del 900 ca.) e, nell'antro buio, possono essere sparsi i resti delle sue porte, scardinate e distrutte: chiavi, paletti, lucchetti e serrature. Nel mondo occidentale l'enfasi posta sull'aspetto infernale dell'oltretomba comportò uno spostamento di significato simbolico: Adamo non viene salvato dal regno dei morti o dalla morte in senso stretto, bensì dal peccato. L'incarico affidato da Cristo al "potere infernale", come riferito nel Vangelo di Nicodemo (6,22), di custodire nel suo regno Satana, sconfitto e incatenato (Ap. 20, 1-3), appare in una raffigurazione della Discesa al limbo di un exultet (Roma, BAV, lat. 9820). Il volto di A. è raffigurato a volte nei salteri, in rapporto a illustrazioni dell'apologo di Barlaam e Iosafat.
Bibliografia
Fonti:
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