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Adattamento del diritto interno al diritto UE

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L’adattamento del diritto interno al diritto dell'Unione Europea  riguarda anzitutto i trattati comunitari. L’adattamento a tutti i trattati che hanno segnato, nel tempo, le tappe successive del processo d’integrazione europea, dal Trattato istitutivo della Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio  del 1951 fino al Trattato di Lisbona del 2007, è sempre intervenuto in Italia mediante ordine di esecuzione in forma di legge ordinaria (Adattamento del diritto interno al diritto internazionale). L’esigenza di una legge di revisione costituzionale è stata esclusa sulla base del fondamento costituzionale della partecipazione dell’Italia al processo di integrazione europea, ravvisato fin dal 1951 nell’art. 11 della Costituzione, che consente, in condizioni di parità con altri Stati, le limitazioni di sovranità necessarie a un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni. In conseguenza di ciò, l’Italia ha accettato le limitazioni della sovranità legislativa derivanti dall’art. 288 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (già art. 249 del Trattato sulla Comunità Europea), che stabilisce la diretta applicabilità nell’ordinamento interno, senza ulteriori procedimenti di adattamento, dei regolamenti comunitari.

L’adattamento agli atti normativi comunitari. - La l. 183 del 16 aprile 1987, sul coordinamento delle politiche riguardanti l’appartenenza dell’Italia alle Comunità Europee e l’adeguamento dell’ordinamento interno agli atti normativi comunitari, ha costituito uno dei primi provvedimenti diretti a definire meccanismi, procedure e organi destinati a svolgere un ruolo chiave nell’attuazione del diritto comunitario. La successiva l. 86 del 9 marzo 1989, contenente norme generali sulla partecipazione dell’Italia al processo normativo comunitario e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari, ha affidato a uno strumento periodico di intervento, la cosiddetta “legge comunitaria” annuale, il compito di garantire la corretta e tempestiva attuazione degli obblighi comunitari derivanti da direttive e da sentenze di condanna in procedimenti d’infrazione (Corte di giustizia dell'Unione Europea). La l. 86/1989 è stata sostituita dalla l. 11 del 4 febbraio 2005, che ha confermato la legge comunitaria annuale come strumento nel quale sono contenute le disposizioni necessarie per adeguare l’ordinamento interno al diritto comunitario, previa verifica dello stato di conformità del medesimo. Resta infine la possibilità di provvedere all’attuazione degli obblighi comunitari mediante leggi ad hoc.

Il primato del diritto dell’UE sul diritto interno. - Il trasferimento di competenze dallo Stato all’Unione Europea comporta anche il primato del diritto dell’Unione sulle norme di diritto interno contrastanti, precedenti e successive, quale ne sia il rango, anche costituzionale. Il diritto dell’UE prevale in ragione della sua natura particolare e in conseguenza del carattere esclusivo della competenza comunitaria. La preminenza del diritto dell’UE non è tuttavia concepita come produttiva di effetti assoluti nell’ordinamento interno, nel senso che essa renderebbe nullo o abrogato il diritto interno in contrasto con il diritto comunitario. Tale conflitto deve essere risolto mediante la non applicazione del diritto interno incompatibile, senza doverne attendere la previa rimozione in via legislativa o mediante procedimenti costituzionali. L’obbligo di applicare una norma comunitaria a preferenza di una norma interna contrastante opera in presenza non soltanto di regolamenti comunitari, ma anche di altre norme comunitarie aventi effetti diretti. Quando la norma comunitaria non sia direttamente applicabile né produca effetti diretti, la norma interna contrastante deve essere interpretata in modo da renderla conforme a quella comunitaria. Allorché il contrasto fra norma interna e norma comunitaria non è superabile in via interpretativa, spetta a ciascuno Stato membro porre in essere una diversa normativa conforme agli obblighi comunitari. Fintanto che ciò non avviene, il diritto dell’UE rende esperibile il procedimento di infrazione davanti alla Corte di giustizia e l’azione davanti ai giudici nazionali per far valere la responsabilità dello Stato membro inadempiente.

Il rispetto del diritto dell’UE come principio costituzionale. - Il principio della conformità dell’attività legislativa statale e regionale agli obblighi comunitari è stato ribadito dall’art. 117, co. 1, Cost., come riformato dalla l. cost. 3/2001, mentre la Corte costituzionale ha definitivamente accolto tale impostazione dei rapporti tra diritto comunitario e diritto interno nella sentenza Granital del 1984, nella quale ha affermato che il diritto interno e il diritto comunitario devono coordinarsi secondo la ripartizione di competenza voluta dai Trattati comunitari, nel senso di assicurare la prevalenza degli atti comunitari direttamente applicabili. La successiva giurisprudenza costituzionale ha chiarito che tale principio si applica anche alle statuizioni risultanti dalle sentenze interpretative della Corte di giustizia dell’UE (sentenza 113/23 aprile 1985), dalle sentenze di inadempimento e dalle norme dei Trattati comunitari alle quali deve riconoscersi efficacia diretta (sentenza 389/11 luglio 1989) e, infine, dalle direttive aventi effetti diretti (sentenza 64/2 febbraio 1990). Se la norma non è direttamente applicabile e non produce effetti diretti, il contrasto della legge con la norma comunitaria non dà luogo alla disapplicazione del diritto interno contrastante: resta in questo caso la possibilità di trarre dall’art. 11 una ragione di illegittimità costituzionale della stessa legge.

Voci correlate

Decisioni. Diritto dell'Unione Europea

Unione Europea

Vedi anche
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Vocabolario
extra-Ue
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