STIFTER, Adalbert
Scrittore, nato a Oberplan, nella Foresta Boema, il 23 ottobre 1805, morto a Linz, il 28 gennaio 1868. Di modesta famiglia, perdette assai presto il padre (1817) e fu affidato ai benedettini del chiostro di Kremsmünster, dai quali ebbe la sua istruzione. Passò nel 1826 a Vienna per studiarvi diritto, ma più l'attrassero le scienze e la pittura, in cui per qualche tempo credette vedere la sua vocazione. Vi rimase fino al 1848, dando lezioni private, fra l'altro a un figlio di Metternich, e vi sposò - dopo la rinuncia al suo sogno di amore per Fanny Greipl, negatagli dai genitori - Amalia Mohaupt, che gli fu compagna premurosa, ma che non gli diede pieno appagamento, né il conforto dei figli. Sperata invano una cattedra, entrò nell'amministrazione scolastica, come ispettore, poi consigliere, stabilendosi a Linz, ove rimase fino alla tragica morte (malato di cancro, si tagliò la gola in un attimo di accecamento), interessandosi a problemi educativi, dando tutto sé stesso al suo ufficio e all'attività letteraria, iniziata solo tardi, e perseguita, dopo il primo successo, come una missione.
Spirito raccolto e tormentato, trovò rifugio nella natura, che apprese fin da fanciullo ad amare e più tardi a studiare, osservandone i tratti e le vibrazioni più lievi, ed ebbe cara la solitudine e i semplici. Schiettamente cattolico, non chiuso a sensi di libertà, fu, specie dopo i moti del 1848, più incline a un moderato conservatorismo, nella concezione di uno stato patriarcale, tutto inteso alla formazione umana e religiosa dei cittadini. Analogamente nella sua prosa, che, movendo dai romantici e da Jean Paul, si volge, attraverso a uno spiccato influsso goethiano, a un contemperamento di classicismo e realismo, ci porta (in una decisa opposizione a ogni letteratura di tendenza e a Hebbel, che non gli risparmiò le sue punte) in un mondo ritratto con minuzia amorosa, rasentante quasi la pedanteria, fra una natura e un'umanità, ove tutto è ordine e misura, ove non l'inconsueto o le intime complicazioni hanno importanza, bensì il lento volgersi delle cose e le semplici eterne leggi umane, fra persone che, senza audacie e urti violenti, in una mite rassegnazione o in un calmo ritmo sicuro, intesson la loro vita buona e operosa. Incominciò con novelle e racconti, riuniti sotto i titoli di Studien (voll. 6, 1844-50) e Bunte Steine (voll. 2, 1853), narrazioni lineari, chiare di colori e di luci, respiranti l'aria del suo paese; e continuò coi romanzi, robusti, ma lenti e gravi di digressioni, Der Nachsommer (1857), in cui un giovane è guidato alla sua formazione di uomo e studioso, e Witiko (1865-67), in cui, attraverso una vicenda tratta dalla storia boema, assistiamo al fondarsi di una stirpe e al formarsi di una comunità, salendo dai problemi dell'individuo singolo a quelli dell'individuo nello stato. Trascurato a lungo, lo St. è ora oggetto di vivo interesse, anche come rappresentante tipico del cosiddetto Biedermeier austriaco. A Eger è sorta una Stifter Gesellschaft, che ne coltiva e promove lo studio.
Edizioni: Sämmtliche Werke, a cura di A. Sauer, ecc., Praga 1901 segg., yoll. I-XXII (comprende anche le lettere); scelte di R. Fürst (Lipsia, 1899), A. Kleineke (Lipsia 1899), G. Wilhelm (Berlino 1910), H. Amelungk (Obenhausen 1925), A. v. Grolman (Lipsia y934). Trad. ital. di Lo scapolo ed altri racconti, a cura di L. Mazzucchetti (Milano 1935).
Bibl.: A. R. Hein, A. St., Praga 1902; W. Kosch, St. und die Romantik. ivi 1905; E. Bertram, Studien zu St.s Novellentechnik, Dortmund 1907; E. Alker, Keller u. St., Vienna 1925; A. Grolman, A. St.s Romane, Halle 1926; D. Sieber, St.s Nachsommer, Jena 1927; G. Weidt, Naturschilder. bei A. v. Droste u. A. St., Berlino 1930; E. Bertram, Deut Gestalten, Lipsia 1935.