ACQUAVIVA, Rodolfo, beato
Gesuita italiano e martire, nacque il 2 ottobre 1550 ad Atri, quinto figlio di Giov. Girolamo, duca di Atri, e di Donna Margherita Pii. Dopo vive opposizioni, fu ricevuto nel noviziato di Roma da S. Francesco Borgia (2 aprile 1568), e vi trovò lo zio Claudio Acquaviva, futuro generale della Compagnia, e l'angelico Stanislao Kostka. Portato vivamente alle missioni, lasciò Roma nel novembre del 1577, e, ordinato prete a Lisbona il 12 marzo 1578, sbarcò a Goa il 13. settembre. Dopo un anno, consacrato all'insegnamento della filosofia nella medesima città, fu mandato col p. Antonio di Monserrato alla corte del sultano della dinastia mongola musulmana dell'India Akbar, (v.), che dimostrava vivo interesse per le dottrine cristiane, desideroso d'istruirsi nella dottrina di Gesù Cristo. Akbar ricevette i missionarî con la più sincera benevolenza nella sua residenza favorita di Fatḥpūr-Sikrī, vicino ad Āgra; ascoltò i loro insegnamenti, i loro stessi rimproveri; assistette alle conferenze, in cui essi confutavano gli errori del Corano, affidò al p. Monserrato l'educazione del suo secondogenito, di 13 anni; ma non sembra che abbia mai pensato seriamente ad abbracciare il Cristianesimo, ed anzi finì col porre restrizioni alla libera predicazione del Vangelo. Nessuna conversione venne a consolare il cuore del p. Acquaviva nei tre anni che passò presso Akbar, dal 27 dicembre 1580 agl'inizî del 1583. Stimando un perder tempo il dimorarvi più a lungo, si fece richiamare a Goa. Fatto superiore della missione nella penisola di Salsete, vi si recò con altri quattro compagni: i pp. Alfonso Paceco, Pietro Berno, Antonio Francesco e il coadiutore Franceso Aranha; ma v'incontrarono una fiera opposizione da parte degl'Indù, attaccati alle loro superstizioni. Mentre i cinque missionarî andavano, il 15 luglio 1583, verso Cuncolim con alcuni cristiani a piantarvi una croce e a scegliere il posto per una futura cappella, i pagani inviperiti colsero l'occasione di liberarsene per sempre, e, sbucati loro addosso con lance e spade li trucidarono. Il p. Acquaviva fu ferito con cinque colpi di scimitarra e trapassato da frecce, finché cadde e morì. Ugual sorte ebbero i compagni. Il sangue dei martiri fu più fecondo del loro apostolato, perché nel 1595 Akbar richiamava i gesuiti, lasciava sorgere una comunità cristiana a Lahore, e nel 1610 tre principi della famiglia imperiale ricevevano solennemente il battesimo.
I corpi dei martiri furono portati a Goa; essi furono dichiarati Beati da Leone XIII il 2 aprile 1893.
Bibl.: D. Bartoli, Missione al Gran Mogol, Torino 1825; De Souza, Oriente conquistado, Bombaim 1881; J. Angelini, Storia della vita e martirio dei BB. Rodolfo A. ecc., Roma 1893; Gruber, Der selige Rudolf A. und seine Gefährten, Ratisbona 1894; Montserrat, Mongolicae Legationis Commentarius, in Mem. of the Asiatic Society of Bengal, III (1914), n. 9.