acqua
Bene essenziale per garantire l’esistenza delle varie forme di vita. La definizione stessa spiega la ragione per la quale l’a. è di proprietà pubblica. Diverso è il servizio idrico, che preleva l’a., la trasporta, la depura e fornisce a. potabile a cittadini e imprese, tramite un complesso sistema di infrastrutture. Il servizio idrico può essere pubblico o affidato ai privati. In Italia, la gestione del servizio idrico è pubblica ed è caratterizzata da tariffe basse e da elevate inefficienze. In molti altri Paesi, invece, è privata, ma anche in questi casi le imprese sono soggette a obblighi di servizio pubblico e operano in un regime di tariffe amministrate.
Posta uguale a 100 la quantità complessiva di a. disponibile nel corso di un anno, le famiglie ne consumano 5, l’agricoltura 30 e l’industria 65. In nessuno degli usi l’a. viene consumata integralmente. Un impianto idroelettrico sottrae a. da un fiume per immagazzinarla e restituirla a valle con un grado di qualità analogo a quello dell’a. prelevata; l’agricoltura restituisce a. alla falda, talvolta con l’aggiunta di residui dei pesticidi e dei concimi utilizzati; l’industria e le famiglie restituiscono a. inquinate. In linea di principio, chi inquina dovrebbe pagare per la depurazione delle a. usate, ma non sempre questo è possibile, essendo i costi della depurazione talvolta superiori alla disponibilità a pagare di famiglie e imprese. Per ragioni sociali, pertanto, il costo del trattamento degli scarichi civili è finanziato dalla fiscalità generale. Viceversa, il grado di inquinamento massimo consentito per gli scarichi agricoli e industriali è stabilito dalla legge, essendo trasferito sui privati il costo di una eventuale depurazione. Il consumo pro capite italiano di a. è relativamente elevato, 230 l al giorno, a fronte di una media europea di 150 l al giorno. Consumi annui elevati non escludono che, localmente e temporaneamente, possano determinarsi situazioni di scarsità, la cui gestione costituisce un problema economico.
Ogni prelievo di a. riduce, al netto delle restituzioni, la disponibilità per gli altri utenti. Di conseguenza, nel gestire il sistema delle autorizzazioni, le autorità pubbliche devono salvaguardare il mantenimento di quantità di a. residuali complessivamente sufficienti a garantire il consumo vitale della popolazione. Da questo punto di vista, la creazione dei bacini idrografici, avviata in Italia dalla l. 36/1994 (Disposizioni in materia di risorse idriche), favorisce una gestione unitaria delle a. all’interno dei singoli bacini. Tuttavia, essendo le tariffe dell’a. fissate indipendentemente da condizioni di scarsità, sia pure temporanee, i consumi non si modificano al variare delle quantità complessivamente disponibili, con effetti talvolta negativi in termini di disponibilità di a. per la popolazione.
La gestione dell’emergenza è affrontata in Italia tramite il ricorso a divieti ed esortazioni (nei periodi di siccità, per es., viene proibito di innaffiare i giardini o di farsi il bagno), con il rischio elevato che i divieti non siano rispettati per l’impossibilità di introdurre un sistema diffuso di controlli, e con la naturale conseguenza che la soluzione effettivamente adottata sia l’interruzione delle forniture per tutti. Un’alternativa ai razionamenti potrebbe essere rappresentata dal ricorso a prezzi differenziati in funzione delle condizioni di scarsità. Tuttavia, un meccanismo di mercato lasciato a sé stesso può condurre, nel caso dei servizi idrici, a risultati socialmente inaccettabili, fino a escludere i meno abbienti, spingendoli a livelli di consumi inferiori al minimo vitale. Tali condizioni di criticità possono essere risolte da un’opportuna regolazione dei prezzi. Potrebbero essere adottate, per es., tariffe crescenti in funzione delle quantità di a. individualmente consumate (ma con una quota fissa significativa volta a coprire i costi dell’infrastruttura). In questo modo verrebbero disincentivati gli usi più inefficienti, sfruttando la risposta degli utenti ai segnali di mercato.