BORICO, ACIDO
. Uno dei prodotti di idratazione dell'anidride borica, ha la formula B(OH)3. Esso si trova in natura libero e combinato. Libero nelle emanazioni dei vulcani, talvolta anche nelle acque dei geysers. In Toscana si ha acido borico libero nel vapore dei cosiddetti soffioni e nelle acque del sottosuolo. Combinato, si trova in moltissimi minerali, sia a costituire sali semplici (borati di calcio, di sodio, di magnesio), sia a costituire sali complessi (borosilicati).
L'industria boracifera si può storicamente riportare a tre fasi. Nella prima, che risale al Medioevo, essa ha per base il tinkal o tetra-borato sodico, proveniente dal Tibet e dal Cashmir. I Veneziani, ai quali lo fece conoscere Marco Polo, lo importavano fino dal 1200; sottoponendolo a un processo di raffinazione, che cercarono di mantenere segreto, ottenevano del borace assai puro, che veniva adoprato soprattutto dagli orafi. Tale arte passò poi in mano degli Olandesi. Dal borace si ricavava anche acido borico (con acido vetriolico), che fu conosciuto col nome di sale sedativo di Homberg e fu adoprato nella medicina del sec. XVIII in grazia di certe supposte virtù antispasmodiche.
Nel 1777 il chimico Uberto Francesco Höfer di Colonia sul Reno, "direttore delle spezierie di S. A. R. il serenissimo granduca di Toscana", come egli stesso si qualifica nell'ormai raro opuscolo pubblicato in Firenze nel 1778 per i tipi del Cambiagi, scoprì nel lagone detto Cerchiaio presso Monterotondo (nell'odierna provincia di Grosseto) l'acido borico, che egli chiamò sale sedativo o tinkal etrusco. Dalla scoperta dello Höfer nacque, dopo un periodo di tentativi non fortunati, l'industria boracifera toscana, e questa costituisce la seconda delle tre fasi sopra accennate.
Quasi un secolo dopo la scoperta dello Höfer s'inizia in America lo sfruttamento dei grandi giacimenti di borati e comincia così una terza fase, che è quella attuale, in cui, mentre da un lato continua, rinnovata e adeguata ai tempi, l'industria italiana dei soffioni, s'impianta anche una vera grande industria boracifera estera; giacché quella estera primitiva del tinkal non aveva mai avuto, rispetto a quella toscana, se non un valore secondario.
Industria boracifera italiana. - La scoperta dell'acido borico, fatta dallo Höfer nel lagone Cerchiaio di Monterotondo, e quella successiva ch'egli fece nelle acque di Castelnuovo (Val di Cecina), preconizzando anche l'esistenza dell'acido borico nei lagoni del Sasso (Sasso Pisano), di Montecerboli (l'odierno Larderello) e di altre località, fu confermata subito dal celebre anatomico e naturalista Paolo Mascagni nel suo Commentario dei Lagoni del Senese e del Volterrano (Siena 1779). Nello stesso anno egli affermò che l'acido borico "si inalza unitamente al vapore acquoso ed ai fluidi aeriformi dei Soffioni".
Questi lagoni e questi soffioni, dei quali si trova sicuro cenno fino dal sec. XIII e XIV (Ugolino da Montecatini e Ristoro d'Arezzo), e che sono poi nominati più tardi da Zaccaria Zacchi, Leandro Alberti, Michele Savonarola, Baccio Bacci, ecc., furono descritti in modo particolareggiato e scientifico da G. Targioni Tozzetti nei suoi Viaggi in Toscana (1742-69), più tardi dal Meneghini.
I soffioni scaturiscono dalle anfrattuosità del terreno sotto forma di getti più o meno violenti, e compariscono generalmente là dove il terreno presenta speciali caratteristiche geologiche (fratture, faglie); perciò essi apparvero fino dall'inizio raggruppati in particolari località, e anche oggi che i soffioni spontanei sono quasi scomparsi e aumenta invece il numero di quelli formati artificialmente con trivellazioni (pozzi artesiani), essi rimangono raggruppati nelle località primitive Larderello, Castelnuovo, Serrazzano, Lagoni Rossi, Sasso, Monterotondo, Lago, Travale. Queste località sono disseminate in una zona di circa 100 kmq. di superficie, situata nelle provincie di Pisa, Grosseto e Siena. I getti di vapori e di gas che costituiscono i soffioni sono continui (le intermittenze di tipo geyseriano sono rare eccezioni); sono anche generalmente costanti, benché, al tempo della loro formazione spontanea, si osservasse talvolta, per i minori, la scomparsa di un soffione per la formazione d'un altro non lontano dal primo: hanno l'imponenza di un fenomeno naturale violento. Oggi non rimane che qualche traccia della prima selvaggia scena quasi di bolgia che videro i fondatori dell'industria boracifera: ché i soffioni sono aumentati in numero e in forza, ma la mano dell'uomo li ha captati e incondottati; solo chi assista all'apertura d'una condotta o all'esplosione d'un foro, al termine d'una trivellazione, può tentare di raffigurarsi il primitivo fenomeno.
La temperatura dei soffioni varia da 100° circa per quelli molto umidi, fino a 190° per i secchi (vapore surriscaldato); la pressione, a foro chiuso, raggiunge anche 14 atmosfere. Le masse emesse sono enormi (fino a 60.000 kg. all'ora da un solo foro). La composizione varia assai da soffione a soffione. Una media delle più recenti analisi è contenuta nello specchio seguente:
Per 1 kg. di prodotti del soffione:
I soffioni sono radioattivi.
Là dove il soffione esce dalle anfrattuosità del suolo, si forma (o meglio si formava, ché, come si è detto, i soffioni sono presentemente incondottati e il fenomeno è scomparso) una sorta di cavità crateriforme, nella quale si raccoglievano le acque di condensazione del soffione e le acque piovane: si formavano così dei bacini o larghe pozzanghere in cui finiva col gorgogliare il soffi0ne fuoruscente, dando all'acqua del bacino un apparente stato di ebollizione. A queste pozzanghere fangose e gorgoglianti le popolazioni del luogo avevano dato il nome di lagoni.
Nell'acqua dei lagoni rimane, accanto a molti degli altri prodotti del soffione, l'acido borico. Perciò il metodo primitivo, che si adoprò poi per molti decennî, fu il metodo dei lagoni. L'esperienza mostrò subito che l'arricchirsi d'un lagone d'acido borico non oltrepassa un certo limite, comunque si protragga il gorgogliamento del soffione; perciò fino da principio si usò il metodo di far passare l'acqua d'un lagone, dopo raggiunto questo limite, in un lagone sottostante, e così di seguito in tre lagoni, fino a raggiungere quello che fu chiamato di conserva. È ovvio che i lagoni divennero di mano in mano quasi artificiali: si arginarono, si disposero a seconda del favore del terreno; a poco a poco anche il terreno, prima difficile e pericoloso, si rese più regolare e sicuro. Il vapore cominciò a portarsi artificialmente da un soffione a un lagone con tubature, prima di terracotta, poi di legno, poi di ferro.
Dal lagone di conserva l'acqua borica, contenente fino al 2 per mille circa di acido borico, passava nelle caldaie, dove per evaporazione veniva concentrata fino a permettere poi per raffreddamento la cristallizzazione dell'acido borico. E qui intervenne per opera del fondatore dell'industria dell'acido borico Francesco de Larderel (oriundo francese, creato conte dal granduca Leopoldo II) una prima profonda trasformazione, quella che mise l'industria su solide basi. Si era usato fino ad allora per la concentrazione un fuoco di legna, sistema manifestamente antieconomico. Nel 1827 il De Larderel riuscì a sfruttare per la concentrazione il vapore stesso dei soffioni; e questa fu non tanto idea geniale quanto applicazione ardimentosissima, poiché il ridurre la violenza del vapore a servizio docile dell'uomo non era per quel tempo e in quei luoghi né semplice né facile cosa. Raggiunta questa padronanza, il De Larderel compì il tentativo dei lagoni coperti. Erano queste opere in muratura a cupola munite di un'apertura in basso per lo scolo delle acque del lagone, munite di un'altra apertura in alto per l'uscita del vapore del soffione che aveva gorgogliato nel lagone; il vapore veniva trasportato con condutture alle caldaie, agli essiccatori, ecc. Frattanto si faceva strada un'altra invenzione, anch'essa d'importanza capitale per l'industria, quella della ricerca del vapore con opere di trivellazione. Il primo intuito l'ebbe De Larderel fino dal 1828; egli fece anche varie prove, poi abbandonate per consiglio del Payen; la proposta venne poi riaffermata dal Gazzeri e suffragata dai risultati ottenuti dal Manteri; l'attuazione pratica riuscì però al De Larderel verso il 1840. Circa due anni dopo, un altro progresso perfeziona l'industria, quello riguardante le caldaie d'evaporazione. Fino ad allora si erano adoprate caldaie quadre e profonde di ferro; dal 1842 si cominciarono a mettere in opera, e poi si estesero a tutti gli stabilimenti, quelle caldaie o piani evaporatori di piombo, che da Adriano figlio del conte Francesco, che le ideò, si chiamarono - e si chiamano ancora - caldaie adriane.
Così l'industria era fondata e ormai congegnata in tutti i suoi organi essenziali della prima epoca; perfezionamenti e consolidamenti si ebbero negli anni seguenti, ma sostanzialmente essa rimase basata sul primitivo schema per molti decennî. Verso il 1870 comincia la valorizzazione in pieno dei giacimenti dei borati dell'America, e sotto l'urto di questa concorrenza formidabile l'industria prende nuove direzioni e cerca nuove risorse. Fino ad allora l'acido borico si spediva grezzo in Inghilterra e là venivano fabbricati borace e sali ammoniacali contenuti in tale prodotto. Nel 1884 fu impiantata la prima fabbricazione del borace a Larderello, nel 1890 quella dell'acido borico raffinato.
Le caratteristiche dello stadio odierno dell'industria boracifera toscana sono le seguenti: economicamente, la riunione di tutte le fabbriche in un unico ente, la Società Boracifera di Larderello che ha riunito l'antica ditta F. De Larderel con altre minori (A. e G. Fossi; Eredi Durval; Società Soffioni di Castelnuovo; Coppi e Toscanelli). Tecnicamente sono notevoli tre punti: 1. l'estensione e l'intensificazione dei metodi di captazione del vapore, il perfezionamento dei modi di estrazione dell'acido borico, lo sfruttamento di tutti gli altri prodotti del soffione; 2. la produzione dei derivati che va dal perfezionamento della fabbricazione del borace alla preparazione di molti nuovi prodotti; 3. l'uso del vapore per la produzione di energia elettrica. Questi tre punti sono l'opera, in pieno svolgimento, del primo trentennio di questo secolo.
L'estensione e l'intensificazione dei metodi di captazione del vapore sono rappresentati dallo sviluppo enorme delle opere di trivellazione. Dalle poche trivelle primitive a percussione si è passati a potentissime macchine a rotazione; i fori scavati e i soffioni incondottati sono ormai alcune centinaia.
I metodi nuovi di estrazione dell'acido borico hanno portato all'abolizione di una delle caratteristiehe dell'industria primitiva: i lagoni sono ormai scomparsi. Attualmente si pratica il lavaggio del vapore. Per mezzo di dispositivi assai semplici si lancia acqua a distanze appropriate nelle condotture dei soffioni. Si adopera di solito acqua di condensazione (delle adriane, ecc.); cosi si asporta dal soffione l'acido borico; l'acqua di questi lavaggi si raccoglie a valle e si manda nelle caldaie di evaporazione.
Le caldaie si alimentano anche con acque del sottosuolo, che sono sollevate dalla piccola profondità a cui s'incontrano per mezzo dei cosiddetti pressatori e iniettori. Le caldaie di evaporazione sono le già ricordate adriane.
Queste consistono in piani evaporatori di piombo che sono disposti con inclinazione di 2°-3°, lunghi circa m. 100, larghi circa m. 1,60, profondi cm. 5, muniti di rilievi trasversali con depressioni disposte alternativamente a destra e a sinistra. Le acque boriche vi decorrono lentamente in strato sottile. Al disotto del piano di piombo passa il vapore in controcorrente attraverso una camera in muratura, sui lati della quale poggia il piano evaporatore. Le adriane sono protette completamente o per largo tratto da tettoie. Quando il vento è favorevole, una caldaia può dare un'evaporazione di 16-18 mc. all'ora. Unico inconveniente delle caldaie adriane è il formarsi d'incrostazioni dure (tartari) per i sali che le acque boriche depongono oltre una certa concentrazione (principalmente solfato di calcio). Si tentano perciò ora con buon successo altri tipi di caldaie evaporanti. Le acque boriche che alimentano le adriane hanno un tenore del 3-5 per mille; a valle si raccolgono acque al 12% di acido borico; queste passano ai cristallizzatori. Si ottiene dalla prima cristallizzazione acido borico greggio che va dal 94%, e che è un tipo commerciale. Nella raffineria di Larderello si produce poi in grande scala il tipo al 99,5%, detto commercialmente "raffinato", e il tipo chimicamente puro. Il greggio (94-98%) contiene solfato di ammonio, di magnesio, di calcio, di sodio e potassio, e tracce di ferro, allumina, silice, ecc. Il raffinato e il purissimo hanno la composizione qui sotto ripnrtata:
Il prodotto si può avere in forma granulare, in cristalli, in pagliette e in polvere.
Degli altri costituenti del soffione si utilizza l'ammoniaca (mediante lavaggio del vapore in torrette ove circola acido solforico), e l'anidride carbonica in un potente impianto, a Larderello, dove si adoperano i gas ottenuti dal soffione dopo condensazione del vapore. L'anidride carbonica viene liquefatta. Dall'ammoniaca del solfato ammonico, ottenuto come sopra si è detto, si prepara sinteticamente con l'anidride carbonica il carbonato ammonico. Ora si tenta l'estrazione dei gas rari dei soffioni.
Molti sono i prodotti derivati che si preparano, oltre a questi, a Larderello: citeremo solo il perborato di sodio. Si preparano anche i cosiddetti prodotti disidratati: acido metaborico e borace usto.
L'uso del vapore per produrre energia elettrica non entra nel campo del nostro argomento, ma esso costituisce per l'industria boracifera toscana un sostegno capitale: il vapore si usa nelle turbine senza perdita dei costituenti che si estraggono completamente. Nella sola centrale di Larderello si producono attualmente 5000 kw. Quest'impianto ha richiesto un ventennio di studî ed è la prima applicazione nel mondo di vapore naturale per la produzione di energia elettrica.
L'industria boracifera estera. - Le fonti attuali dell'industria borica, all'estero, sono le seguenti. Nell'America settentrionale esistono vasti giacimenti di borati di calcio, cioè di colemanite (Ca2B6O115H2O) e di colemanite mista a pandermite (borato di calcio assai simile alla colemanite). Questi giacimenti si trovano principalmente in California e nello stato di Nevada, e più precisamente nella S. Bernardino County e nella Vallata della Morte (Death Valley), si estendono fino a Chetco e all'Oregon meridionale. In varie località si trova anche borace proveniente dal disfacimento della colemanite in presenza di sali di sodio. In California si ha un lago (Clear Lake) contenente borace, coperto da un solidissimo strato di differenti profondità, formato da soda, borace, cloruro sodico, ecc. Molti dei giacimenti ora ricordati si trovano in regioni impervie e deserte. Nell'America meridionale si trovano immensi depositi (borateras) di boronatrocalcite (NaCaB5O9 • 8H2O), principalmente nel Chile settentrionale (nella Cordigliera delle Ande su altipiani [salares], raggiungenti fino a 3000-4000 m. di altezza, in vicinanza dei famosi depositi di nitro); i giacimenti si estendono all'Argentina, generalmente in regioni poco accessibili (e per questo talune boratere argentine sono meno sfruttate), al Perù e alla Bolivia. Molto spesso la boronatrocalcite è mescolata con un borato di calcio (ulexite) o a cloruro sodico (tiza). Assai spesso il minerale è mescolato con gesso. Altra sorgente di prodotti borici è in Asia Minore, presso Panderma, sulle rive del Mar di Marmara: qui si trovano depositi di pandermite. Del tinkal del Tibet e del Cashmir abbiamo già detto; esso ha perso ormai tutta, o quasi, la sua importanza nel commercio mondiale e viene quasi completamente consumato dagl'Indiani o nell'Estremo Oriente. L'esploratore italiano Filippo De Filippi segnalò nel Cashmir anche delle miniere di acido borico; non è escluso che si tratti d'un prodotto simile al tinkal. Anche in Germania, a Stassfurt, si ha un minerale borifero, la boracite o stassfurtite (Mg7B16Cl2O30), ma si tratta di una produzione trascurabile.
La massima importanza industriale e commerciale spetta alla produzione dei minerali americani, mentre tuttavia l'unica fonte diretta di acido borico rimane quella italiana di Larderello. Dai minerali americani si prepara acido borico e borace. L'escavazione e il trasporto del minerale costituiscono qui operazioni di grande portata, dato il carattere delle località dei giacimenti, talvolta desertiche, talvolta paludose o situate in depressioni al disotto del livello del mare, come nella Death Valley, talvolta invece aspramente montuose, come i salares delle Ande. I giacimenti dell'America settentrionale sono sfruttati da un potentissimo trust (Pacific Coast Borax), che ha costruito nella Death Valley una ferrovia, con la quale ha sostituito i primitivi e faticosi mezzi di trasporto. Il minerale in alcuni punti è affiorante, in altri si trova a una certa profondità e viene scavato mediante galleria; gli strati hanno spessori che vanno da pochi cm. fino a 5-6 metri. Si ottiene mescolato a varie impurezze e subisce trattamenti preliminari, diversi a seconda del contenuto d'acido borico (che arriva anche al disopra del 35%).
Nell'arrostimento a cui si sottopone il minerale, la colemanite si riduce in polvere, la pandermite si agglomera, cosicché viene poi separata insieme con altri costituenti e rimane inutilizzata; la polvere raccolta si chiama flour (farina). La lavorazione definitiva viene poi fatta in grandi impianti presso S. Francisco. In California si utilizza ora anche il borace del Clear Lake. Il minerale delle borateras dell'America Meridionale (boronatrocalcite, ulexite, come si è detto) si trova in strati di spessore variabile da 30 cm. a m. 1,50; coperti talvolta da una crosta assai dura costituita da sabbia e varî sali, e si presenta in diversi modi; qualche volta in forma di banchi assai omogenei.
La preparazione dell'acido borico dai borati di calcio (colemanite, pandermite, ecc.) e dalla boronatrocalcite si fa per attacco con un acido: viene adoprato o l'acido cloridrico, o l'acido solforico, o l'acido solforoso o bisolfiti, o anche il bisolfato sodico (nitre cake). Sono stati proposti e usati il trattamento con anidride carbonica (anche in autoclave) e quello con cloro (allora si prepara anche clorato di calcio). Si sono proposti anche l'acido silicico (in autoclave), l'acido fluoridrico, ecc. Un metodo che sta richiamando notevole attenzione è quello della preparazione intermedia del pentaborato di sodio NaB5O8 che si ottiene dal minerale per azione di anidride solforosa o anidride carbonica sotto pressione in presenza di alcali. Da NaB5O8 si ottiene o acido borico o borace. In tutti i casi ora visti, dopo l'attacco con acido, si hanno, per filtrazione, delle soluzioni calde da cui cristallizza acido borico grezzo. La depurazione si fa per cristallizzazione successiva. La preparazione del borace dai borati di calcio sopra indicati o dalla boronatrocalcite si fa con metodi più o meno complicati a seconda delle impurezze presenti, ma tutti sono da riportare in definitiva a doppia decomposizione con carbonato sodico a caldo, successiva filtrazione e cristallizzazione. Per la boronatrocalcite si ha un primo trattamento con bicarbonato sodico. La raffinazione si fa coi metodi consueti (previa decolorazione con cloro, ecc.). Altri sistemi di lavorazione (trattamento con acido fluosilicico, fluosilicato sodico, ecc.) non sono entrati nell'uso; è stato proposto anche un metodo che consiste nel trattare la boronatrocalcite con solfato sodico al rosso in forni rotativi: dalla massa ottenuta si liscivia il borace.
Usi dell'acido borico e del borace. - Una parte dell'acido borico serve alla preparazione del borace e, in molto minor quantità, di altri borati. Per la massima parte, così l'acido borico come il borace servono in medicina come antisettici, sia in soluzioni sia in varî eccipienti; nell'industria ceramica per dare smalti; nell'industria vetraria per particolari qualità di vetri (vetro Pyrex, vetro ottico); nella concia per la preparazione e il preservamento delle pelli (il borace anche come neutralizzante sulla concia al cromo), come fondenti nel trattamento dei metalli nella saldatura (antico uso specialmente in oreficeria). Il borace serve anche in lavanderia e in stireria (con amido); serve poi alla preparazione del perborato.
L'acido borico è usato nelle fabbriche di candele per gli stoppini. Ha anche varie applicazioni in chimica organica. È stato discusso molto l'uso dell'acido borico e del borace, in piccole dosi, per la conservazione delle sostanze alimentari, e in taluni paesi tale uso è stato proibito per timore di effetti nocivi; contro questo sta la favorevole, larghissima esperienza di altri paesi.