MANFREDINI, Achille
Nacque il 13 maggio 1869, da Giovan Battista e da Clotilde Gioia, a Catanzaro, ove il padre, funzionario dell'amministrazione finanziaria dello Stato, si era trasferito con la famiglia (Sozzi). Compì gli studi classici e i primi tre anni di università al collegio Ghislieri di Pavia. Nel 1890 si iscrisse al Politecnico di Milano, ove conseguì nel 1891 la laurea in ingegneria civile. E a Milano iniziò la pratica professionale presso lo studio di G.B. Torretta.
Nel 1894 fondò Il Monitore tecnico. Giornale d'architettura, d'ingegneria civile ed industriale, d'edilizia ed arti affini.
Nell'editoriale del primo numero, pubblicato il 15 dic. 1894, era il M. stesso a spiegare (p. 1) la natura della nuova rivista: "tutti gli argomenti di natura pratica, che nel campo della scienza, dell'industria, dell'arte potranno presentarsi [(] argomenti essenzialmente importanti di indole generale e di attualità come la giurisprudenza degli appalti, le questioni relative ai diritti professionali, troveranno nelle nostre colonne disteso svolgimento, mentre rubriche speciali, affidate a collaboratori egregi, saranno dedicate alle questioni di maggiore interesse nel campo della legislazione tecnica e dell'ingegneria sanitaria" (Sozzi, pp. 159 s.).
Rispetto ad altre testate dell'epoca quali Il Politecnico e Il Giornale dell'ingegnere-architetto e agronomo, la novità introdotta dal Monitore stava in effetti nel suo volersi rivolgere in maniera più specifica ai tecnici, compiendo "una funzione di informazione e aggiornamento che in parte era stata svolta precedentemente dai manuali" (C. Barucci, Strumenti e cultura del progetto. Manualistica e letteratura tecnica in Italia 1860-1920, Roma 1984, p. 28).
La rivista conobbe una buona affermazione: nata con periodicità bimestrale, in breve tempo passò a essere pubblicata con cadenza più frequente, divenendo un utile strumento anche sotto il profilo dell'attualità degli argomenti trattati. Dalle pagine del Monitore il M., fin dall'aprile 1902, proponeva temi di dibattito di varia natura, dalle questioni più squisitamente tecniche, come l'opportunità della municipalizzazione di alcuni servizi, quali le forniture di gas e di luce elettrica, alla sicurezza sul lavoro, alla pianificazione urbanistica, all'architettura e al restauro. Si rammentano al riguardo le considerazioni relative alla facciata del duomo di Milano in favore di una approfondita indagine documentaria e iconografica, che avrebbe fornito le necessarie indicazioni per il ripristino della facies originaria; e ancora le dure critiche mosse dal M. nei confronti della ricostruzione della torre del Filarete a opera di L. Beltrami, operazione ritenuta non corretta sotto l'aspetto filologico (La torre Umberto I nel Castello Sforzesco di Milano, in Il Monitore tecnico, XI [1905], p. 512).
Nel 1895, lasciato lo studio di Torretta, il M. intraprese autonomamente la libera professione, che portò avanti con successo e senza interruzioni fino alla morte; negli anni del conflitto mondiale prestò servizio come capitano del corpo del genio nel battaglione lagunari (Sozzi).
La gran parte della sua numerosa produzione architettonica è dislocata in area lombarda; fuori Milano si ricordano il sanatorio di Sondalo, realizzato in collaborazione con G. Ramponi, e il progetto di riforma e ampliamento del grand hotel Milan di Salsomaggiore Terme, del 1911.
Tra le opere milanesi sono le case Magnani (1891) e Malnati (1898) in via Ariberto, caratterizzate in prospetto dal motivo dei parapetti dei balconi in ferro lavorato, il fabbricato al n. 2 di via Burlamacchi (1907), dalla facciata ricoperta di formelle di terracotta, le case Vanoni (1907) e Giovini (1908) nei pressi del duomo, il palazzo Romanoni-Sala in corso Venezia (1911-13), il prospetto del quale è marcato dai due grandi pilastri che inquadrano l'ingresso principale e dalla decorazione in cemento martellinato delle bucature (ibid.).
All'accentuato decorativismo di matrice baroccheggiante tipico del M. fa da contraltare l'elevata qualità delle sue opere sotto il profilo tecnico-strutturale.
Nella casa Lancia in via Bocchetto, edificio a destinazione mista realizzato tra il 1905 e il 1906, il M. ricorse al cosiddetto piano libero, una soluzione particolarmente innovativa che incontrò notevole fortuna: avvalendosi di travi di luce considerevole, ma interamente comprese entro l'altezza del solaio (una sorta di moderne travi a spessore), poté diradare la maglia dei pilastri e disporre di ampi spazi suddivisibili a seconda delle esigenze mediante pareti non portanti. Meritevole di interesse, seppure non realizzato, è il progetto per un grattanuvole (1909), edificio multipiano di circa 50 metri di altezza da erigersi sulla piazza S. Giovanni in Conca (oggi largo Missori).
Ideato dal M. sulla scia delle analoghe realizzazioni americane, il fabbricato presentava un elemento centrale più elevato al quale erano aggregati corpi più bassi in corrispondenza delle fronti secondarie su strade di minore larghezza. La bocciatura del progetto da parte della commissione igienico-edilizia comunale provocò accesi dibattiti sui giornali cittadini. Tra i sostenitori del M. erano L. Beltrami e L. Broggi: dalle pagine del Corriere della sera (In difesa dei grattanuvole, 6 nov. 1910), quest'ultimo profetizzava la realizzazione di numerose opere simili a Milano: "bisogna [(] prepararsi, per questi edifici speciali, a speciali criteri di estetica".
La più importante realizzazione del M. è senz'altro da considerarsi il grande complesso del Kursaal Diana, situato nella zona dell'odierna porta Venezia tra viale Monforte, oggi via Piave, e via Mascagni, ultimato nel 1908. La preesistente struttura del bagno di Diana, progettata da A. Pizzala (1842), era stata acquistata da P. Ingegnoli: al nucleo originario, costituito dalla grande vasca natatoria circondata da un giardino, il M. accorpò il nuovo complesso, conformato a "L" con la caratteristica smussatura angolare, costituito da un teatro, un ristorante, un albergo diurno, una sala da ballo e uno sferisterio spagnolo per il gioco della pelota. L'opera appare innovativa sotto il profilo sia strutturale, sia impiantistico: il M. vi fece ampio ricorso alla duttilità delle strutture in cemento armato e in ferro e al piano libero; ideò inoltre un circuito di riscaldamento con doppia caldaia, un impianto di aspirazione delle polveri e un sistema di trasformazione della corrente elettrica ad alta tensione.
Il M. è giustamente annoverato tra gli esponenti di quel "florealismo con accenti strutturali" che tanta parte ebbe nella produzione milanese dei primi anni del XX secolo, fedele al precetto boitiano dell'onestà espressiva e, al tempo stesso, "sensibile ai repertori dello Jugendstil austro-tedesco, che caratterizza la più parte del liberty milanese" (Bairati - Riva, p. 39).
Personalità brillante dell'ambiente culturale cittadino, il M. militò nel partito radicale, divenendone esponente di spicco; fu presidente della Società democratica lombarda, membro onorario dell'Accademia di Brera e direttore della Società ferrovie e tramvie padane. In Milano fu consigliere comunale per diversi mandati e ricoprì ruoli direzionali presso il Collegio degli ingegneri e architetti (Sozzi).
Il 9 nov. 1893 il M. si era unito in matrimonio con Maria Patrali.
Morì a Roma, ove si trovava per trattare alcune questioni professionali, il 3 marzo 1920.
Fonti e Bibl.: Milano, Biblioteca del Politecnico, E.M.P. Sozzi, Il Kursaal Diana di A. M., tesi di laurea, Politecnico di Milano, Facoltà di architettura, a.a. 1991-92 (con regesto completo delle opere e degli scritti); V. Savi, Liberty e città termale: Salsomaggiore, in Situazione degli studi sul liberty. Atti del Convegno internazionale, Salsomaggiore Terme, 1974, a cura di R. Bossaglia - C. Cresti - V. Savi, Firenze s.d [ma 1976 circa], p. 180; M. Nicoletti, L'architettura liberty in Italia, Roma-Bari 1978, pp. 211, 321 s.; E. Bairati - D. Riva, Guide all'architettura moderna. Il liberty in Italia, Bari 1985, pp. 33, 39, 42, 51 s., 68, 81, 114, 150; Archivi del liberty italiano. Architettura, a cura di R. Bossaglia, Milano 1987, pp. 156, 159, 162, 165 s., 171 s., 176, 182, 184, 188, 191, 194-196; V. Fontana, Il nuovo paesaggio dell'Italia giolittiana, Roma-Bari 1989, pp. 107-109; Alfredo Melani e l'architettura moderna in Italia, a cura di M.L. Scalvini - F. Mangone, Roma 1998, p. 179.