ACERO (lat. scient. Acer; fr. érable; sp. arce; ted. Ahorn; ingl. maple)
Gli Aceri sono alberi o frutici della famiglia delle Aceracee, con gemme multiperulate e foglie opposte, lungamente picciolate, senza stipole, decidue, semplici, palmate con 3 a 7 lobi, o intere. I fiori si trovano riuniti in infiorescenze terminali, racemose, corimbose o fasciculate; sono regolari, ermafroditi o poligami, con 5 sepali decidui e 5 petali, di colore verde giallastro; contengono per solito 8 stami, inseriti nel mezzo di un largo disco nettarifero, e un pistillo unico, supero, libero, senza stilo e con due stimmi divergenti. Il frutto è formato da due samare compresse, terminanti in larga ala cartacea, e fra loro secedenti a maturità. Questo genere comprende quasi cento specie, largamente disperse per l'Europa centrale e meridionale, per l'Asia media, e per l'America boreale: abbondano nella regione mediterranea orientale, nel Himālaya, nel Giappone, nel Canada; una si trova nell'isola di Giava (Acer niveum Blum.).
Il Pax divide il genere Acer in 14 sezioni, di cui le più importanti sono le seguenti: Rubra, Spicata, Campestria, Platanoidea, Saccharina, Macrantha, ecc. La stirpe dei Negundo, dal Pax unita come sezione al genere Acer, ne è abbastanza distinta, tanto da poter costituire un genere proprio, come già aveva riconosciuto il Moench: ne differisce specialmente per le foglie composte, imparipennate, e per i fiori unisessuali, in lunghi amenti penduli, apetali, e mancanti di disco, cioè anemofili, mentre nei veri Acer sono entomofili: infatti i fiori di Acer platanoides, Acer pseudoplatanus e d'altre specie sono ascrivibili fra gli apparecchi aperti cloranti, e precisamente del tipo ramnaceo, e sono visitati a preferenza da ditteri.
I frutti degli Aceri, a samara, costituiscono perfetti apparecchi aeronautici di tipo elicottero, malpighiaceo: presentano una superficie espansa, appiattita, aliforme, sovente falcata, leggiera, membranacea, resistente, con torsione ad elica, e con l'embrione situato in posizione eccentrica. Lasciati liberi nell'aria, mentre il peso del seme tende a farli abbassare, l'ala, assumendo una posizione obliqua, trova resistenza nell'aria stessa, e, data la torsione che presenta, si va spostando lateralmente: dalla composizione di queste due forze deriva alla fine un veloce movimento di rotazione, in modo che l'apparecchio ritarda la propria caduta: se poi si ha vento, quanto maggiore è la forza del vento, tanto più frequenti sono le rotazioni dell'apparecchio, il quale non cade più, ma si sostiene ad un'altezza fissa e progredisce orizzontalmente. Affinché questi apparecchi possano essere messi in movimento, giova l'altezza degli alberi che li portano, mentre la loro maturazione coincide con il periodo dei monti alisei.
Le impronte ascritte al genere Acer, provenienti dal Cretacico, sono poco attendibili, essendo dagli autori moderni riferite ad altri tipi vegetali, come Sterculia, Platanus, ecc. Per trovare impronte sicure di Acer, conviene partire dall'Oligocene inferiore, mentre nell'Eocene mancano completamente: ma specialmente nel Miocene vanno aumentando e differenziandosi, per avvicinarsi alle specie attuali, delle quali sono evidentemente gli antenati più diretti. In tali periodi si nota poi che il genere Acer occupava un'area molto più settentrionale dell'attuale, estendendosi dall'Alasca e dalla Groenlandia da una parte, fino all'Islanda e allo Svalbard dall'altra. Ciò spiega come specie molto affini di Acer si trovino localizzate alcune nell'America del Nord, specialmente nel versante atlantico, e altre in Asia e nel Giappone, avendo avuto la loro origine comune entro il cerchio polare artico.
Per quanto riguarda lo sfruttamento degli Aceri, è ricercata la loro corteccia, perché, ricca di tannino, può servire per la preparazione dei pellami. Il legno è pure buono, variamente marmorizzato di scuro e di rosso, di un tessuto denso e suscettibile di prendere un bel pulimento; è ricercato per lavori di ebanisteria. Se ne fa altresì ottimo carbone. Gli Aceri si riproducono specialmente da seme: qualche volta, massime per le varietà foglie colorate e variegate, da talea o da innesto. Sono rusticissimi, si accomodano anche a terreni poco fertili, e non esigono cure speciali. Nel Canadà, e nelle parti centrali degli Stati Uniti, si praticano, nel tronco di alcuni Aceri, quali Acer saccharinum, A. rubrum, A. eriocarpum, ecc., verso il mese di marzo, due o tre incisioni parallele, oblique dal basso all'alto, a circa un mezzo metro dal suolo. Sono distanti l'una dall'altra un decimetro e mezzo, e penetrano a piccola profondità. Per mezzo di tubi di sambuco si conduce la linfa che ne scola entro recipienti posati al piede dell'albero, poi questa si fa evaporare a un fuoco molto attivo. Il liquido si copre di una schiuma, che vien tolta, diviene sciropposo, è filtrato in un tessuto di lana, e si versa in seguito in un cristallizzatore, ottenendosi uno zucchero grezzo, che può essere raffinato come il nostro zucchero di barbabietola, divenendo affatto bianco. Il colamento della linfa zuccherina può raggiungere i dieci litri per giorno, dura più di un mese, e può dare, per ogni albero, fino a due chilogrammi di zucchero. Lo stesso albero può dare zucchero durante trenta anni, pur che si cambi ogni anno la posizione della incisione. Diverse varietà di Aceri, a foglie vivamente colorato in rosso, in bruno, o in giallo, sono coltivate nel Giappone, e alcune introdotte anche in Europa, come alberi di ornamento nei parchi o nei pubblici giardini. Vi appartengono A. atropurpureum, A. iaponicum, A. pictum, A. roseum, A. sanguineum, A. versicolor, ecc.
Infine le specie di Aceri più comuni in Italia, e più comunemente coltivate, sono: Acer campestre L. (volgarmente loppio o oppio), e A. pseudoplatanus L. (volgarmente acero di montagna, o falso sicomoro). Il primo è albero rusticissimo, coltivato nelle regioni settentrionali e medie d'Italia, per farne siepi assai resistenti, e specialmente per farvi crescere, appoggiate al suo tronco e ai suoi rami, le viti, come si usa in altre regioni con gli olmi. Le foglie di questa specie, e di altre specie affini, si dànno sovente al bestiame, come buon nutrimento per le pecore e per le capre. Queste foglie con il disseccamento all'aria perdono circa il 59 per cento del loro peso, e secche contengono il 77 per cento di parti nutritive. Il secondo è un albero che può raggiungere da 20 a 29 metri e più di altezza, di forma maestosa e regolare, e di rapido sviluppo: si coltiva spesso per ombreggiare i pubblici passeggi. È certamente il Platanus menzionato in varî luoghi da Plinio, nome che ha tratto in inganno i traduttori, dando luogo a fantastiche considerazioni.
Bibl.: F. Pax, Monographie der Gattung Acer; Engler, in Botanische Jahrbücher, VI (1885), VII (1886).