accorto
. Una sola volta nella Commedia con valore verbale (cfr. Accorgere): di mio vivere accorte, " essendosi avvedute " o " accorgendosi " (Pg XXIV 6).
Come aggettivo ha sovente il valore di " istruito ", " consapevole ", " esperto ", esclusivo, si badi, dell'assorta e sospesa atmosfera del Purgatorio; quasi costantemente in unione col verbo ‛ fare ', assumendo tuttavia il sintagma coloriture semantiche in qualche misura distinte: " informare ", " ammonire ", in Pg IX 131 facciovi accorti / che...; o, con reggenza preposizionale, "rendere edotto ", in XXX 4 faceva lì ciascuno accorto / di suo dover; donde, ellitticamente, " condurre a ravvedimento ", in V 54 lume del ciel ne fece accorti (ben diverso il valore di ‛ fare a. ' in Cv IV XXV 13: v. oltre); ma anche Donna... di queste cose accorta, in Pg IX 88.
Uno spostamento semantico di qualche rilievo si percepisce in altri passi (già in Rime CXVI 67) e, nella Commedia, non casualmente appare connesso alla figura di Virgilio, guida savia e illuminata. In questi luoghi l'aggettivo assume infatti il valore di " avveduto ", " destro a intuire e a cogliere l'occasione ", " capace di sbrogliare una situazione difficile " (secondo il Pagliaro [Ulisse 617 ss.], a. sarebbe qui invece aggettivo verbale, e avrebbe il significato di " che si è accorto ", giacché " Virgilio risponde come persona, la quale ha inteso quello che passa nella coscienza del suo interlocutore ") : If III 13 come persona accorta; VIII 41 maestro accorto; XXI 130 Se tu se' sì accorto come suoli. Perfino sostantivato, in tale senso, quello accorto è riferito allo stesso personaggio (If XII 26); cosicché si potrebbe cautamente avanzare l'ipotesi che l'appellativo ricorra in simile accezione per corrispondenza esclusiva col simbolo di Virgilio (la ragione umana) e soltanto nell'Inferno, dove essa ragione può intervenire drasticamente a piegare forze contrarie o indovinare reconditi sentimenti.
Significato analogo ha l'aggettivo in Rime dubbie XVII 4, dove però è riferito a cosa, non a persona: passando a lui per li sentier più accorti, per " vie dettate dall'abilità " (Contini).
Terzo significato fondamentale di a. è quello (prevalente ad esempio in Francesco da Barberino) di " abile ", " rapido ", " sollecito ", " pronto " (cfr. Chiaro Io vo sanza portare 3 " ho la lingua acorta ") : una prima volta di nuovo attribuito a Virgilio, per l'accorto passo, in If XXXIV 87; una seconda volta ancora a un movimento, ma di un dannato, Lano da Siena: sì non furo accorte / le gambe tue, in If XIII 120; la terza volta, invece, con reggenza preposizionale e probabile endiade, a una schiera di beati sùbiti e accorti / ... a dicer, in Pd XIV 61 (ed è l'unico caso di fruizione paradisiaca di un epiteto per eccellenza umano). Per la medesima accezione a. ricorre anche in Fiore LXVI 12 (a dir), CXXVII 12 (d'armarsi), CLXXX 9 (di far).
Un'ulteriore e notevolissima sfumatura si rileva nell'uso di Cv IV Le dolci rime 128, dove le parti accorte della bieltate fisica rappresentano le sue " componenti armoniose " o i suoi " adorni elementi ", come spiega D. stesso nella prosa in modo che meglio non si potrebbe: E così dicere che la nobile natura lo suo corpo abbellisca e faccia conto e accorto, non è altro a dire se non che l'acconcia a perfezione d'ordine (IV XXV 13). Busnelli-Vandelli intendono invece " decoroso e però bello, e anche snello ".