Louvre, accordi di
Accordi sui tassi di cambio siglati il 22 febbraio 1987 al vertice del L. a Parigi dai ministri finanziari e dai banchieri centrali dei Paesi dell’allora G6 (Canada, Francia, Giappone, Gran Bretagna, Repubblica Federale Tedesca, Stati Uniti; l’Italia non aderì agli accordi). L’obiettivo consisteva nel coordinare le politiche macroeconomiche del G6 al fine di stabilizzare i mercati valutari e arrestare il deprezzamento del dollaro, particolarmente rispetto allo yen giapponese e al marco tedesco, conseguente agli accordi di Plaza del 1985 (➔ Plaza, accordi di). Gli Stati firmatari si impegnavano a stabilizzare la divisa statunitense sui valori del febbraio 1987 e a ridurre gli squilibri commerciali legati al deprezzamento del dollaro, agendo sui rispettivi surplus o deficit tramite interventi mirati a rafforzare la domanda interna o a rallentarne l’eccessiva espansione (➔ squilibro globale; bilancia dei pagamenti, approcci teorici alla).
Gli accordi del L. rappresentano un capitolo cruciale della cooperazione economica internazionale dopo l’abbandono del sistema di Bretton Woods (➔). Il raggiungimento dell’obiettivo di stabilizzazione del cambio del dollaro doveva essere conseguito attraverso un coordinamento delle politiche fiscali e monetarie senza precedenti. In particolare, Canada e Francia si impegnavano a diminuire il disavanzo del proprio bilancio pubblico, mentre la Gran Bretagna avrebbe abbassato tasse e spesa pubblica; i Paesi in surplus commerciale, Giappone e Germania Occidentale, si sarebbero adoperati ad attuare politiche reflazionistiche (➔ reflazione) volte all’espansione della domanda interna, in special modo perseguendo un basso costo del denaro; a loro volta, gli Stati Uniti, che nei due anni successivi agli accordi di Plaza avevano registrato l’emergere di disavanzi ‘gemelli’ nella bilancia commerciale e nel bilancio pubblico, avrebbero controllato la dinamica della spesa pubblica al fine di ridurre il disavanzo di bilancio. Un ulteriore aspetto da notare consisteva nell’adozione (segreta) di una banda di oscillazione per il valore della divisa statunitense tra 1,77 e 1,87 marchi. Interventi coordinati dei rispettivi Paesi avrebbero dovuto avere luogo se il dollaro avesse abbandonato tale intervallo.
La stabilità valutaria auspicata permase negli 8 mesi successivi agli accordi. Nell’ottobre 1987 la Bundesbank (➔ Deutsche Bundesbank) innalzò il costo del denaro a fronte di pressioni inflazionistiche in Germania Ovest. L’indebolimento del dollaro riprese ben oltre i limiti accordati, anche perché la Federal Reserve (➔) dovette a sua volta abbassare i tassi per fare fronte al crollo della Borsa di New York il 19 ottobre 1987. Il graduale abbandono degli accordi di L. ha segnato l’inizio dell’attuale regime di completa flessibilità dei tassi di cambio tra le principali valute, la cui determinazione è lasciata alle forze del libero mercato.