Accesso civico
L’art. 5 del d.lgs. 14.03.2013, n.33, di riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni, anche definito come Testo unico per la trasparenza nelle pubbliche amministrazioni, ha introdotto nel nostro ordinamento l’istituto dell’accesso civico, che si pone come la più recente novità nel percorso di affermazione della trasparenza quale principio generale dell’azione amministrativa e strumento del cittadino-utente di azionabilità del diritto alla conoscibilità totale dell’operato della pubblica amministrazione. Il d.lgs. n. 33/2013 – adottato in attuazione dei co. 35 e 36 dell’art. 1 della l. 6.11.2012, n. 190, recante disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e l’illegalità nella pubblica amministrazione – è stato emanato con il chiaro intento di informare l’attività amministrativa dei pubblici poteri a obblighi di informazione, trasparenza e pubblicità, prevedendo al contempo un sistema sanzionatorio per il mancato, ritardato o inesatto adempimento dei suddetti obblighi imposti dalla legge, attraverso l’accessibilità totale esercitabile dai cittadini, quali destinatari di prerogative costituzionalmente indefettibili.
Con l’art. 1 del d.lgs. 14.03.2013, n. 33, di riordino della disciplina sugli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni delle pubbliche amministrazioni1 – adottato in attuazione della delega di cui ai co. 35 e 36 dell’art. 1, l. 6.11.2012, n. 190, di contrasto alla corruzione ed all’illegalità nelle Pubbliche amministrazioni – il principio della trasparenza amministrativa subisce una vera e propria «mutazione genetica»2: assume una diversa e più ampia configurazione e si traduce nel diritto «per tutti i cittadini di avere accesso diretto all’intero patrimonio informativo delle pubbliche amministrazioni»3, evidenziandosi così come uno strumento fondamentale per alimentare il rapporto di fiducia tra Pubblica amministrazione e cittadini e promuovere, nel contempo il principio di legalità e la prevenzione della corruzione4.
La trasparenza, infatti, in attuazione in primis del principio democratico, viene ad essere intesa (sul modello dell’art. 11, d.lgs. 27.10.2009, n. 150) come «accessibilità totale delle informazioni concernenti l’organizzazione e l’attività delle pubbliche amministrazioni», al dichiarato fine di «favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche» (art. 1, co. 1). Ma non basta, perché la trasparenza, nel momento in cui «concorre alla realizzazione di una amministrazione aperta, al servizio del cittadino», viene anche ad essere qualificata quale «condizione di garanzia delle libertà individuali e collettive, nonché dei diritti civili, politici e sociali», oltre che espressione di quel «diritto ad una buona amministrazione» (art. 1, co. 2) affermato nell’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che eleva appunto la buona amministrazione da «principio» a «diritto». In altre parole, in aperta controtendenza rispetto alla tradizione giuridica italiana, che non aveva sinora mai concepito l’esistenza di «diritti fondamentali nei confronti dell’amministrazione»5, anche la trasparenza amministrativa diventa finalmente un diritto del cittadino e non più una concessione delle Pubbliche amministrazioni6.
Nel perseguire l’obiettivo del rafforzamento dello strumento della trasparenza, facendone un vero e proprio diritto alla conoscibilità dell’azione amministrativa, il decreto dispone il riordino e la sistematizzazione in un corpus normativo unitario degli obblighi di trasparenza e pubblicità a carico delle pubbliche amministrazioni (art. 2, co. 1) sanciti dalle numerose disposizioni vigenti, ma anche da nuovi e rilevanti obblighi di informazione introdotti dal decreto stesso, che vanno dall’organizzazione all’attività delle pubbliche amministrazioni (Capo II), dall’uso delle risorse pubbliche (Capo III) alle prestazioni offerte ed ai servizi erogati (Capo IV), per finire con specifici e puntuali obblighi di pubblicazione in settori speciali (Capo V). Tutto ciò al fine dichiarato di superare quella sovrapposizione esistente e da tempo denunciata tra diversi obblighi di pubblicazione contenuti in disposizioni eterogenee per ambito soggettivo di applicazione e contenuto, che sinora ha inciso negativamente tanto sull’effettiva conoscibilità dei suddetti obblighi da parte dei cittadini, quanto sul conseguente adempimento da parte delle pubbliche amministrazioni.
Una volta ridefiniti i nuovi confini della pubblicazione obbligatoria, il decreto – nell’ottica della piena accessibilità cui è improntato il nuovo concetto di trasparenza amministrativa declinato nel provvedimento delegato – non esclude la possibilità di rendere pubblico anche qualsiasi altro dato, informazione o documento non oggetto di specifici obblighi di pubblicazione, oscurando gli eventuali dati personali presenti (art. 4, co. 3). Ed una medesima operazione di oscuramento è prevista anche nei casi di pubblicazione obbligatoria, al fine di rendere «non intellegibili i dati personali non pertinenti o, se sensibili o giudiziari, non indispensabili rispetto alle specifiche finalità di trasparenza collegate alla pubblicazione» (art. 4, co. 4), nel rispetto dei principi di non eccedenza e pertinenza nel trattamento dei dati personali (art. 11, d.lgs. 30.6.2003, n. 196).
L’attuazione del principio di trasparenza amministrativa, infatti, deve essere in ogni caso contemperata con l’interesse costituzionalmente protetto alla tutela della riservatezza, tanto che l’art. 4, co. 1 – in accoglimento delle osservazioni del Garante per la protezione dei dati personali – esclude dall’ambito di applicazione del decreto e quindi dagli obblighi di pubblicazione le categorie dei dati sensibili e giudiziari, «assoggettate ad una disciplina di maggior rigore e con più ampie garanzie a tutela dei diritti dell’interessato»7. E gli unici limiti che il decreto pone, con il successivo co. 6 del medesimo art. 4, alla diffusione e all’accesso delle informazioni, sono quelli individuati dai co. 1 e 6 dell’art. 24 della l. 7.8.1990, n. 241, dalla normativa in materia di tutela del segreto statistico, nonché quelli relativi alla diffusione di dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale8, stante le garanzie particolarmente elevate riconosciute loro rispetto all’applicazione della normativa sul diritto di accesso ai documenti amministrativi (artt. 59 e 60, d.lgs. n. 196/2003).
Anche le modalità concrete con cui le informazioni vengono rese pubbliche non sono indifferenti ad un’effettiva realizzazione del nuovo concetto di trasparenza amministrativa. A tal fine, il decreto prevede la standardizzazione delle modalità attuative della pubblicazione «dei documenti, delle informazioni e dei dati concernenti l’organizzazione e l’attività delle pubbliche amministrazioni» (art. 2, co. 2) oggetto di pubblicazione obbligatoria, la quale deve essere realizzata tempestivamente sul sito istituzionale dell’amministrazione in formato di tipo aperto e rielaborabile (art. 7), nell’ambito dell’apposita sezione denominata «Amministrazione trasparente» (art. 9, co. 1), per un periodo di cinque anni e comunque fino a che gli atti pubblicati producono i loro effetti (art. 8, co. 3)9. Tuttavia, al fine di realizzare un effettivo controllo democratico sull’azione dei pubblici poteri nell’ottica dell’accessibilità totale, e non un mero atto di ossequio formale all’ennesimo adempimento normativo, il decreto fonda il diritto alla conoscibilità dell’azione amministrativa essenzialmente sulla adeguata qualità delle informazioni riportate sui siti istituzionali. Questi debbono assicurarne in primo luogo l’integrità e la conformità ai documenti originali, ma anche il costante aggiornamento, la completezza, l’omogeneità, la semplicità di consultazione e la facilità di accesso, nonché, soprattutto, la comprensibilità, dal momento che la trasparenza amministrativa «è insieme conoscenza e comprensione»10. Tutto ciò per evitare quelle che vengono definite «forme di opacità per confusione», laddove la grande quantità di dati resi pubblici «rende impossibile l’identificazione dei dati rilevanti, cioè dei dati che veramente interessano i cittadini … come utenti dei servizi»11.
Per rendere effettivo, infine, quel principio di accessibilità totale alle informazioni che, altrimenti, rischierebbe di non avere adeguate garanzie di attuazione, il decreto afferma il diritto alla conoscibilità di tutti i documenti, le informazioni ed i dati oggetto di pubblicazione obbligatoria, A tali obblighi di pubblicazione corrisponde, infatti, simmetricamente il diritto di chiunque «di conoscerli, di fruirne gratuitamente, e di utilizzarli e riutilizzarli» (art. 3), fatto salvo l’obbligo «di citare la fonte e di rispettarne l’integrità» (art. 7), accedendo direttamente ed immediatamente ai siti, senza necessità di autenticazione ed identificazione (art. 2, co. 2). Ed a tutela di tale diritto alla conoscibilità dell’azione amministrativa, il decreto introduce un articolato sistema di garanzie, il cui strumento principe è rappresentato da una nuova forma di accesso disciplinato all’art. 5, il diritto di accesso civico, azionabile da chiunque, quasi nella forma dell’azione popolare, per sanzionare l’inadempimento dell’amministrazione rispetto agli obblighi di pubblicità imposti dalla legge.
Il nuovo istituto dell’accesso civico segna un’ulteriore tappa di quel percorso avviato con l’avvento della Costituzione repubblicana del 1948, che ha ridisegnato il complessivo rapporto tra Stato e società, ponendo finalmente l’amministrazione al servizio dell’intera collettività e non più dello Stato (o, rectius, del Governo), nella consapevolezza che il cittadino costituisce la giustificazione dell’esistenza stessa dell’amministrazione12. Tale percorso – che è stato poi proseguito dal legislatore ormai più di vent’anni fa, con l’approvazione, dopo una lunga e travagliata gestazione, della l. n. 241/1990 – ha condotto alla progressiva affermazione anche nel nostro ordinamento del principio generale della trasparenza amministrativa, visto quale fondamento della democrazia amministrativa degli Stati moderni, dal momento che la democrazia è nata proprio nella prospettiva di eliminare dalla società il potere invisibile e dar vita ad un governo che agisca in pubblico: in sintesi, la democrazia è «il governo del potere pubblico in pubblico»13.
Nell’ambito di quelle che schematicamente possiamo individuare come le tre principali tappe che hanno caratterizzato l’evoluzione normativa del principio di trasparenza14, la prima è rappresentata dall’approvazione della fondamentale l. n. 241/1990, che ha finalmente coinvolto, sebbene con ritardo, «anche l’amministrazione nelle trasformazioni in senso democratico del nostro ordinamento»15. L’introduzione di una legge generale sul procedimento amministrativo ha segnato l’abbandono del segreto amministrativo, intorno al quale si era sviluppata l’attività amministrativa, evidente manifestazione del «forte distacco tra l’amministrazione e i suoi sudditi»16 e di una più generale posizione di supremazia dell’amministrazione stessa rispetto al singolo cittadino. Per secoli, infatti, «lo Stato ed il diritto pubblico sono stati dominati dal conflitto Stato-cittadino, due poli irriducibili ed in contrasto tra di loro … a causa della superiorità di uno sull’altro»17, che ha fatto sì che la nostra amministrazione si sviluppasse sulla base di quel “fondamentale” paradigma bipolare teorizzato da Santi Romano18 e basato sulla separazione tra Stato e comunità.
La richiamata disciplina legislativa ordinaria ha rappresentato una sorta di “rivoluzione copernicana” per il nostro ordinamento, perché ha comportato una modifica sostanziale nei rapporti fra amministrazione e cittadini, garantendo a questi ultimi «una posizione soggettiva ben più tutelata …, al di là di quanto previsto nella stessa Carta costituzionale»19, attraverso il riconoscimento, sancito fin dal suo primo articolo, della pubblicità e della trasparenza (quest’ultima introdotta esplicitamente nella legge sul procedimento solo con la novella legislativa 11.2.2005, n. 15) come criteri generali dell’azione amministrativa, che il diritto di accesso ai documenti amministrativi contribuisce a realizzare. Nell’ottica del legislatore, dunque, il diritto di accesso, disciplinato nel Capo V della l. n. 241/1990, assume un ruolo di primo piano nell’ambito delle misure finalizzate al raggiungimento dell’obiettivo della trasparenza dell’azione dei pubblici poteri, in quanto espressione di una concezione democratica e paritaria dei rapporti tra cittadini e pubbliche amministrazioni che finalmente riconosce in capo al singolo alcuni diritti costituzionali nei confronti dell’amministrazione, primo fra tutti «il diritto alla democraticità della pubblica amministrazione»20.
Tuttavia, nonostante il principio di trasparenza sia un principio generale dell’azione amministrativa, per di più con un solido fondamento costituzionale, il diritto di accesso ai documenti amministrativi, per come disciplinato dalla l. n. 241/1990, riconosce alla trasparenza carattere di principio generale ma non illimitato, in quanto incontra limiti soggettivi, oggettivi e soprattutto funzionali, stante il divieto di controllo generalizzato dell’operato della pubblica amministrazione. Il che significa che l’istituto non si configura come uno strumento di controllo democratico del processo decisionale dell’amministrazione da parte della società civile, bensì quale «arma in più degli amministrati da usare contro l’amministrazione … per tutelare i propri interessi all’interno di un rapporto bilaterale e conflittuale»21.
La prospettiva muta completamente con l’entrata in vigore dell’art. 11, d.lgs. n. 150/2009 – che segna un’altra tappa fondamentale nell’evoluzione normativa del principio di trasparenza amministrativa – allorché la trasparenza assume una diversa e più ampia configurazione: viene tradotta come accessibilità totale (e non più limitata) alle informazioni (e non più ai soli documenti amministrativi) relative tendenzialmente ad ogni aspetto dell’azione e dell’organizzazione delle amministrazioni (sebbene strettamente collegate alla gestione della performance), allo scopo di favorire forme di controllo diffuso (e non più a specifici documenti amministrativi)22, ovvero quel controllo generalizzato finalizzato proprio al perseguimento dell’interesse generale alla trasparenza amministrativa, tuttora precluso al tradizionale diritto di accesso.
L’evoluzione, solennemente preannunciata ma mai effettivamente realizzata, verso un tale modello di trasparenza volta a realizzare, attraverso l’open data, l’open government – ossia la partecipazione attiva dei cittadini alle scelte amministrative, «sul presupposto di un’amministrazione aperta che renda fruibili alla collettività le informazioni di cui è in possesso»23 – si concretizza finalmente con il d.lgs. n. 33/2013 che, richiamandosi al modello statunitense del Freedom of Information Act (“FOIA”), declina il nuovo principio generale di trasparenza amministrativa24, intesa come trasparenza totale (total disclosure) ed imperniata su tutta una serie di obblighi di pubblicazione sui siti istituzionali di documenti, informazioni e dati relativi agli aspetti più rilevanti dell’organizzazione e del funzionamento delle pubbliche amministrazioni, che diventano così a tutti gli effetti patrimonio pubblico. Ed a tutela di quello che ora appare un autentico diritto alla conoscibilità dell’azione amministrativa – non generalizzato, ma relativo solo a documenti, informazioni e dati per cui sia previsto dalla legge l’obbligo di pubblicazione – il decreto mette a disposizione dei cittadini un innovativo strumento di straordinaria portata, l’istituto dell’accesso civico.
L’accesso civico rappresenta una declinazione del più ampio diritto all’informazione (a ricevere informazioni)25 – in base al quale un cittadino qualunque (il c.d. quivis de populo) può chiedere di avere accesso ad informazioni detenute da istituzioni pubbliche – che soltanto in epoca recente si è affermato su larga scala26, complice anche il progresso tecnologico che ha consentito la trattazione e la diffusione massiccia di dati.
L’entrata in vigore del c.d. Testo unico sulla trasparenza ha segnato un passaggio epocale nel traghettamento delle pubbliche amministrazioni verso un modello di amministrazione trasparente, secondo la nota metafora della pubblica amministrazione come una «casa di vetro»27.
L’immissione della trasparenza amministrativa come elemento pervasivo dell’attività dei pubblici poteri si è perfezionata con l’introduzione nel nostro ordinamento, ad opera dell’art. 5 del decreto, di un nuovo istituto giuridico, quello dell’accesso civico: un modello di accesso più evoluto di quello generale previsto dalla l. n. 241/1990, la cui ampiezza non ha precedenti nel nostro ordinamento – se si escludono, da un lato, il diritto di accesso agli atti delle istituzioni comunitarie28 e, dall’altro, le discipline speciali di accesso previste in materia sia di informazione ambientale29 sia di enti locali30 – soprattutto con riferimento «all’estensione della legittimazione soggettiva, all’assenza di oneri motivazionali ed all’inerenza dell’accesso al contenuto conoscitivo piuttosto che al suo contenitore», oltre che «all’interdipendenza con le moderne tecnologie della comunicazione, che ne fanno proprio la più recente espressione della c.d. democrazia elettronica (o e-democracy)»31.
Il diritto di accesso civico sublima la trasparenza in un diritto soggettivo, riconosciuto a chiunque intenda richiedere la pubblicazione di documenti, informazioni o dati, nei casi in cui sia stata omessa la loro pubblicazione da parte dell’Amministrazione obbligata. Viene quindi sancito un obbligo generalizzato nei confronti della Pubblica amministrazione di garantirne la conoscibilità attraverso la loro pubblicazione, che inverte il tradizionale rapporto tra cittadino e Stato apparato – da autoritativo e burocratico in paritetico e partecipato – assicurando al richiedente il diritto ad una pretesa immediatamente azionabile di un facere da parte dell’Amministrazione, secondo standards predefiniti dalla normativa stessa e senza limitazioni temporali.
Infatti, per come è strutturato, il diritto di accesso civico si realizza in due fasi: la prima di competenza della pubblica amministrazione, che deve proattivamente adoperarsi per predisporre le condizioni necessarie per il suo esercizio attraverso la pubblicazione di quanto disposto dalla legge; la seconda è affidata al cittadino, che partecipa alla res publica mediante un controllo attento e responsabile sull’operato dei pubblici poteri.
In sintesi, in base all’art. 5, d.lgs. n. 33/2013, chiunque può richiedere la pubblicazione dei dati, delle informazioni e dei documenti che la legge impone all’Amministrazione di rendere accessibili (co. 1).
La richiesta di accesso civico non è sottoposta ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente, non è condizionata dall’obbligo della motivazione, riveste il carattere della gratuità e va presentata al Responsabile della trasparenza dell'amministrazione obbligata alla pubblicazione (individuato secondo le modalità di cui all’art. 43, co. 1, che, di regola, lo fa coincidere con il Responsabile della prevenzione della corruzione), il quale si pronuncia sulla stessa (art. 5, co. 2)32.
A decorrere dalla data di ricevimento dell’istanza si instaura, ai sensi dell’art. 2, co. 6, l. n. 241/1990, l’avvio di un procedimento amministrativo che si deve concludere entro trenta giorni con la soddisfazione della richiesta pervenuta mediante la pubblicazione sul sito istituzionale del documento, dell’informazione o del dato richiesto e la trasmissione contestuale al richiedente, ovvero la comunicazione al medesimo dell’avvenuta pubblicazione, con l’indicazione del relativo collegamento ipertestuale; qualora, invece, quanto richiesto risulti già pubblicato nel rispetto della normativa vigente, l’amministrazione si limita ad indicare al richiedente il relativo collegamento ipertestuale (art. 5, co. 3).
Nei casi di ritardo o mancata risposta nei termini da parte dell’amministrazione obbligata, il richiedente – prima di percorrere la comunque onerosa via giudiziaria33 – può ricorrere, ai sensi del co. 4 dell’art. 5, al titolare del potere sostitutivo (figura prevista per il superamento dei termini di conclusione dei procedimenti amministrativi dall’art. 2, co. 9-bis, l. n. 241/1990), il quale, verificata la sussistenza dell’obbligo di pubblicazione, deve provvedere secondo i termini previsti dal successivo co. 9-ter del medesimo art. 2, ovvero entro un termine di quindici giorni, pari alla metà di quello originariamente previsto, oppure, in ultima analisi, nominando un commissario per l’esecuzione.
Nel caso di un provvedimento di diniego (o di differimento, anche se non espressamente previsto) della pubblicazione, ovvero di inerzia protratta oltre i termini indicati dalla legge, al richiedente non rimane, infine, che il rimedio giurisdizionale di adire il Giudice amministrativo, a cui il decreto ha attribuito la giurisdizione esclusiva delle controversie in materia di esercizio del diritto di accesso civico (art. 5, co. 5), nonché di tutte le «controversie relative agli obblighi di trasparenza previsti dalla normativa vigente» (art. 50). La tutela giurisdizionale del diritto di accesso civico è dunque rimessa alla disciplina del Codice del processo amministrativo già prevista per il diritto di accesso ai documenti amministrativi (come modificata dall’art. 52, co. 4), che consente, tra l’altro, di stare in giudizio personalmente, anche senza patrocinio legale, la trattazione in camera di consiglio e la decisione in forma semplificata.
L’ultimo co. dell’art. 5, infine, nel definire sul piano delle responsabilità i meccanismi sanzionatori per la mancata pubblicazione, rimette alla competenza del Responsabile della trasparenza – chiamato istituzionalmente a vigilare sulla regolare attuazione dell’accesso civico (art. 43, spec. co. 4) – il compito di segnalare i casi di inadempimento totale o parziale degli obblighi in materia di pubblicazione di documenti, informazioni o dati previsti dalla normativa vigente, anche indipendentemente da richieste di accesso34. La segnalazione va effettuata, da un lato, all’organo di vertice politico dell'amministrazione, all'Organismo indipendente di valutazione (OIV) ed alla CIVIT, in qualità di Autorità nazionale anticorruzione, ai fini dell'attivazione delle diverse forme di responsabilità dirigenziale (legate in particolare al conseguimento degli obiettivi assegnati in fase di programmazione ed alla conseguente valutazione connessa al riconoscimento dell’indennità di risultato), dall’altro, nei casi più gravi, all'ufficio di disciplina, ai fini dell'eventuale attivazione del procedimento disciplinare (art. 43, co. 5).
Tuttavia, la responsabilità specifica derivante dal mancato rispetto degli obblighi di pubblicazione investe sul piano disciplinare e della responsabilità amministrativa, oltre al Responsabile della trasparenza, anche gli altri dirigenti e i funzionari dotati di autonomia decisionale che non hanno, con la dovuta diligenza, concorso, ciascuno per la propria sfera di competenza, a realizzare le prescrizioni normative in materia di pubblicità, al fine di garantire «il tempestivo e regolare flusso delle informazioni da pubblicare» (art. 43, co. 3). A tal riguardo l’art. 46, co. 1, riconnette, all’inadempimento degli obblighi di pubblicazione e della mancata predisposizione del Piano triennale per la trasparenza e l’integrità, specifiche fattispecie di violazione degli obblighi della trasparenza, che costituiscono elementi di valutazione della responsabilità dirigenziale, anche per eventuali danni all’immagine dell’amministrazione, rilevanti ai fini del riconoscimento della retribuzione di risultato e del trattamento accessorio della performance individuale, a meno che il soggetto responsabile non dimostri che il mancato rispetto degli adempimenti non derivi da causa a lui non imputabile35.
Da quanto fin qui descritto, il diritto di accesso civico si atteggia in modo del tutto nuovo nel panorama giuridico, in particolare rispetto al diritto di accesso ai documenti amministrativi ex art. 22, co. 1, l. n. 241/1990, con il quale condivide i rimedi di tutela giurisdizionale, ma non l’ambito soggettivo di legittimazione, tenuto conto che il soggetto richiedente non deve dimostrare di avere un interesse diretto, concreto ed attuale per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti al fine di ottenere la soddisfazione dell’adempimento da parte dell’Amministrazione obbligata, nel caso in cui non abbia provveduto alla pubblicazione di quanto prescritto dalla normativa vigente. Anche sotto il profilo contenutistico i due istituti si differenziano notevolmente, in quanto l’esercizio dell’accesso ai documenti amministrativi è strettamente condizionato all’esistenza materiale di un documento amministrativo già formato ed alla dimostrazione della sua idoneità ad essere utilizzato per tutelare o difendere la posizione soggettiva vantata dal richiedente, e non, invece, come nel caso dell’accesso civico, esclusivamente diretto all’acquisizione di documenti, dati o informazioni (per i quali esiste un obbligo normativo di pubblicazione) in virtù di una pretesa azionabile riconosciuta a chiunque ne faccia richiesta, in un’ottica di controllo diffuso sull’operato dell’amministrazione. In questo senso, il diritto di accesso civico non risponde, come l’accesso documentale, ad esigenze deflattive del contenzioso, ma persegue il più ambizioso obiettivo dell’interesse generale alla correttezza dell’azione amministrativa, che si compendia «nella cultura del rispetto e della lealtà verso i destinatari dell’esercizio della funzione amministrativa»36. Va comunque evidenziato che il diritto di accesso civico non sostituisce il diritto di accesso ai documenti amministrativi, in quanto i due istituti continuano a convivere con le loro peculiari caratteristiche nel nostro ordinamento, poiché rispondono a finalità diverse. L’accesso documentale è, infatti, uno strumento volto a tutelare posizioni individuali, di cui possono beneficiare solo i soggetti portatori di una situazione giuridicamente rilevante e legittimante l’accesso di cui al Capo V, l. n. 241/1990, con esclusione, dunque, di quelle finalità di controllo democratico diffuso sull’amministrazione che rappresentano, invece, il punto qualificante dell’accesso civico ex art. 5, d.lgs. n. 33/2013. Con questo inedito istituto il nostro ordinamento recupera la centralità del valore della trasparenza che, «pur comprendendo il diritto di accesso su richiesta dell’interessato, non può esaurirsi in esso», se non si vuole ridurre »l’interesse generale alla conoscibilità dell’azione amministrativa a prerogativa individuale, mentre il controllo democratico sull’amministrazione riguarda tutti … »37.
L’immissione nel nostro ordinamento, a far data dal 20 aprile 2013, dell’istituto dell’accesso civico è troppo recente e limitata nel tempo per poter procedere ad una valutazione obiettiva degli effetti prodotti dalla sua concreta applicazione. Tuttavia, pur in assenza ancora di una adeguata casistica giurisprudenziale, si possono comunque individuare taluni problemi aperti dalle novità normative introdotte dall’art. 5, d.lgs. n. 33/2013, che, già all’indomani della sua pubblicazione, hanno suscitato un vivace dibattito nei commentatori più attenti.
La prima e più immediata osservazione critica al testo in esame è relativa ad un possibile profilo di incostituzionalità derivante dall’introduzione dell’accesso civico nell’esercizio di un eccesso di delega da parte del Governo, in quanto non contemplato in nessuna delle specifiche disposizioni della legge di delega. Infatti, l’art. 1, co. 35, della l. n. 190/2012, nell’indicare i principi ed i criteri direttivi riportati nelle lettere da a) ad h), non menziona l’istituto dell’accesso civico quale nuova figura da inserire nel panorama normativo38, ponendo così in contrasto con il dettato dell’art. 76 Cost. l’intera disciplina recata dall’art. 5 del decreto, tanto più se si ritiene che introduca un’altra ipotesi di azione popolare, innovativa rispetto a quelle attualmente proponibili dinanzi all’autorità giudiziaria39. Anche se appare improbabile che una pubblica amministrazione sollevi un dubbio di incostituzionalità su una disposizione che promuove l’ingresso nel nostro ordinamento di uno strumento di partecipazione e controllo democratico a favore del cittadino – nell’interesse del quale la pubblica amministrazione stessa troverebbe la sua ontologica e teleologica ragione di esistenza – quale per l’appunto l’art. 5, cionondimeno resta comunque la consapevolezza di una potenziale e genetica afflizione patologica dell’istituto dell’accesso civico, che ne potrebbe affievolire la portata innovativa.
Per rimanere sempre nell’ambito dei rilievi di incostituzionalità, anche la devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo delle controversie relative agli obblighi di trasparenza, prospettata dall’art. 5, co. 5 quale ultima ratio a disposizione del richiedente l’accesso civico, rappresenta una scelta di dubbia legittimità costituzionale, oltre che per i medesimi profili di eccesso di delega, anche per l’ampliamento che il legislatore opera delle ipotesi di giurisdizione esclusiva affidate al Giudice amministrativo, in contrasto con l’art. 103 Cost.
Peraltro, anche sotto un profilo sostanziale, il ricorso alla giustizia amministrativa in luogo di quella ordinaria, appare inidonea a soddisfare le istanze proposte dal cittadino relative agli obblighi di pubblicazione imposti ai soggetti di cui all’art. 11 del decreto medesimo40, stante il rapporto paritetico in cui vengono a trovarsi il cittadino-utente e la pubblica amministrazione obbligata. Infatti, in base alle previsioni normative contenute nell’art. 5, che immette nel nostro ordinamento l’istituto giuridico in esame, viene riconosciuto il diritto a «chiunque» di esigere una prestazione da parte dei pubblici poteri, attribuendo in capo al singolo una pretesa ad adempiere immediatamente azionabile nei confronti delle pubbliche amministrazioni destinatarie del cd. “decreto trasparenza”. Il rapporto che viene ad instaurarsi tra il richiedente ed il soggetto obbligato è di tipo pressoché sinallagmatico, in cui la prestazione è soddisfatta con la pubblicazione dei dati, documenti e informazioni da parte dell’Amministrazione obbligata dietro il corrispettivo di un incrementato consenso. Il diritto di accesso civico in questa prospettiva si configura come una sorta di costituzione in mora dell’ente inadempiente41, ricadendo in un ambito di natura prettamente civilistica di competenza del giudice ordinario42.
Un ulteriore e delicato profilo di criticità emerge rispetto al corretto bilanciamento tra diritto alla riservatezza e obbligo di pubblicità dell’azione amministrativa, come disciplinato dal d.lgs. n. 33/2013, innescato dalla parabola ascendente della trasparenza intesa come principio immanente dell’attività dei pubblici poteri, che rischia di produrre – attraverso una diffusione indiscriminata, generalizzata e temporalmente illimitata di dati personali sul web – un affievolimento, se non addirittura un vero e proprio vulnus, di altri valori primari costituzionalmente protetti, quali il diritto alla riservatezza ed alla dignità delle persone, sulla base di «un malinteso e dilatato principio di trasparenza», che non può in alcun modo trasformarsi in un pregiudizio per i cittadini43. L’impianto normativo del decreto, infatti, nel prevedere l’indicizzazione dei dati e documenti pubblicati on line, al fine di consentirne la rintracciabilità mediante i più comuni motori di ricerca (art. 4, co. 1), nonché la loro permanenza sul web una volta decorso il periodo di pubblicazione obbligatoria (art. 9, co. 2), ne consente un uso distorto ed illimitato nel tempo, provocando una stratificazione selvaggia di dati personali in grado di vanificare il “diritto all’oblio” degli individui44.
Da ultimo, occorre rilevare che le prescrizioni imposte dal d.lgs. n. 33/2013 comportano necessariamente la predisposizione, da parte dei pubblici poteri, di una organizzazione adeguata a far fronte alle nuove esigenze normative, che però mal si concilia con la formula, ormai di rito nella produzione normativa degli ultimi anni, espressa nell’art. 51 del citato decreto. In base alla richiamata clausola dell’invarianza finanziaria, infatti, la trasformazione concettuale di una amministrazione per troppo tempo improntata al principio della segretezza in una moderna amministrazione informata sul principio della conoscibilità totale dovrebbe avvenire senza che derivino nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e, pertanto, ricorrendo alle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili.
Tale condizione imposta dal legislatore rischia di compromettere, almeno nel rispetto dei tempi stabiliti, l’obiettivo prefissato di dare finalmente attuazione anche nel nostro ordinamento al diritto sociale alla trasparenza amministrativa, minandone ab origine l’effettività45. In questa prospettiva, infatti, appare difficoltoso realizzare quanto postulato dall’art. 1, co. 3, del T.U. sulla trasparenza, nella parte in cui condiziona l’attività dei pubblici uffici alla garanzia del raggiungimento del livello essenziale delle prestazioni di cui all’art. 117, co. 2, lett. m), Cost., erogate uniformemente su tutto il territorio nazionale a fini di trasparenza, prevenzione, contrasto della corruzione e della cattiva amministrazione, mantenendo invariato il livello della spesa pubblica. Il rischio che si profila all’orizzonte, nel momento in cui il legislatore vincola l’attuazione della nuova normativa all’invarianza finanziaria, è quello di fornire una pretestuosa condizione di impraticabilità delle disposizioni del decreto al responsabile degli inadempimenti rilevati dal cittadino-utente – e più in generale alle amministrazioni coinvolte – per causa a lui non imputabile (art. 46, co. 2).
In questo contesto, il diritto di accesso civico, inteso come strumento di controllo democratico diffuso da parte dei consociati sul perseguimento delle funzioni istituzionali pubbliche, rischia di essere vanificato dalle contingenti condizioni economiche, sebbene, paradossalmente, la finalità della norma sia proprio quella di contrastare i fenomeni di maladministration inveterati nella pubblica amministrazione, che hanno concorso alla realizzazione dell’attuale dissesto economico-finanziario.
Questo non può e non deve accadere, perché l’accesso civico, inteso come diritto a ricevere informazioni, non è un mero interesse diffuso nella piena disponibilità del legislatore ordinario, ma sembra piuttosto un interesse costituzionalmente rilevante, un valore costituzionale primario46. In quanto tale, può qualificarsi come un diritto sociale “a prestazione”, condizionato dall’esistenza di un’organizzazione necessaria e idonea all’erogazione della prestazione, che presuppone, per il suo esercizio, l’intervento legislativo affinché si configuri come pretesa direttamente azionabile, anche se, per consolidata giurisprudenza costituzionale, il presupposto condizionante non intacca la garanzia e l’effettività che la Costituzione riconosce a tali diritti. L’attuazione dei diritti sociali condizionati è, dunque, caratterizzata da necessaria gradualità, da ragionevole ponderazione con altri valori costituzionali primari e con le esigenze del bilancio statale, ma non da irragionevoli inerzie o ritardi47.
Pur tenendo conto degli aspetti critici, l’accesso civico rappresenta una previsione che qualifica ed integra il livello di democraticità di un ordinamento, e il suo esercizio, oltre che un diritto, costituisce un dovere che ciascun cittadino deve adempiere per contribuire a realizzare istituzioni efficienti e impegnate nella cura dell’interesse generale, in uno sforzo collettivo di rafforzamento e diffusione della cultura dell’integrità, mirata a demolire comportamenti omissivi e pratiche di illegalità nelle pubbliche amministrazioni.
*Il presente lavoro è frutto della riflessione comune e della collaborazione dei due autori; tuttavia, il paragrafo 1 è stato redatto dal Carlo Colapietro ed i restanti da Cinzia Santarelli.
1 Sui risvolti applicativi del decreto, di rilevante impatto sull’intera disciplina della trasparenza amministrativa, cfr. la circolare n. 2 del 19.7.2013 del Dipartimento della Funzione Pubblica “D.Lgs. n. 33 del 2013 – attuazione della trasparenza” e la delibera n. 50 del 4.7.2013 della CIVIT “Linee guida per l’aggiornamento del Programma triennale per la trasparenza e l’integrità 2014-2016”.
2 Cfr. in proposito Patroni Griffi, F., La trasparenza della Pubblica amministrazione tra accessibilità totale e riservatezza, in www.federalismi.it n. 8/2013 del 17.4.2013, 3.
3 Garofoli, R., Il contrasto alla corruzione. La l. 6 novembre 2012, n. 190, il decreto di trasparenza e le politiche necessarie, in www.giustizia-amministrativa.it, del 30 marzo 2013.
4 Con la l. n. 190/2012 si fa ovviamente riferimento ad un’accezione amministrativistica più ampia del termine corruzione: cfr. sul punto Mattarella B.G., La prevenzione della corruzione, in Giorn. dir. amm., 2013, 2, 123 ss.
5 V. in tal senso Trimarchi, M., L’art. 41 della Carta europea dei diritti fondamentali e la disciplina dell’attività amministrativa in Italia, in Dir. amm., 2011, 547.
6 Cfr. Massa, M., La trasparenza come diritto e il “diritto di accesso civico”, in www.dirittiregionali.org e Canaparo, P., Il decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33: i nuovi confini della trasparenza pubblica e il diritto alla conoscibilità dell’azione amministrativa, in www.giustizia-amministrativa.it, marzo 2013.
7 Cfr. Parere del Garante su uno schema di decreto legislativo concernente il riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle P.a. – 7 febbraio 2013. Tuttavia, questo non vuol dire che per i dati personali diversi da quelli sensibili e giudiziari oggetto di pubblicazione obbligatoria venga meno qualsiasi forma di tutela: cfr. Ponti, B., Il codice della trasparenza amministrativa: non solo riordino, ma ridefinizione complessiva del regime della trasparenza amministrativa on line, in www.neldiritto.it, secondo cui rimangono pienamente applicabili i meccanismi di tutela successiva.
8 I richiamati limiti alla trasparenza introdotti dall’art. 4 del decreto ampliano la prospettiva in precedenza delineata dal co. 15, art. 1, l. n. 190/2012, che subordinava l’attuazione delle esigenze di trasparenza dell’attività amministrativa esclusivamente al «rispetto delle disposizioni in materia di segreto di Stato, di segreto d’ufficio e di protezione dei dati personali».
9 Alla scadenza del suddetto termine di pubblicazione, debbono essere in ogni caso conservati e resi disponibili all’interno di distinte sezioni del sito di archivio, collocate e debitamente segnalate nell’ambito della medesima sezione “Amministrazione trasparente” (art. 9, co. 2).
10 I primi due passaggi in cui si concretizza la trasparenza amministrativa, ed attraverso cui si approda, infine, al controllo dell’esercizio del potere amministrativo da parte della società civile: così Arena, G., Trasparenza amministrativa, in Dizionario di diritto pubblico, diretto da S. Cassese, VI, Milano, 2006, 5948 ss.
11 Patroni Griffi, F., La trasparenza della Pubblica amministrazione tra accessibilità totale e riservatezza, cit.
12 Per effetto, tuttavia, di un’iniziale interpretazione restrittiva e decisamente sottodimensionata dei principi costituzionali sulla pubblica amministrazione e dello stesso ruolo riconosciuto dalla Carta costituzionale all’amministrazione stessa (Gallo, C.E. – Foà, S., Accesso agli atti amministrativi, in Dig. disc. pubbl., Agg., 2000, 3 s.), per troppo tempo l’amministrazione è rimasta estranea al processo di democratizzazione che ha interessato gli altri poteri dello Stato, che ha potuto così mantenere «organizzazione e azione anacronistiche, inadeguate all’evoluzione dell’ordinamento», oltre che in aperto contrasto con l’amministrazione configurata in Costituzione (cfr. in proposito Pubusa, F., Diritto di accesso ed automazione. Profili giuridici e prospettive, Torino, 2006, 78 ss.).
13 Bobbio, N., La democrazia e il potere invisibile, in Id., Il futuro della democrazia. Una difesa delle regole del gioco, Torino, 1984, 75 ss. Sul punto sia consentito rinviare a Colapietro, C., Dal “potere invisibile” al governo del “potere visibile”, in Id., a cura di, Il diritto di accesso e la Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi a vent’anni dalla legge n. 241 del 1990, Napoli, 2012, XV ss.
14 V. da ultimo sul punto Manganaro, F., L’evoluzione del principio di trasparenza amministrativa, in www.astrid-online.it e Pajno, A., Il principio di trasparenza alla luce delle norme anticorruzione – Relazione al 59° Convegno di Studi Amministrativi, Varenna, 19-21 settembre 2013, in www.astrid-online.it/rassegna, 2013, 13.
15 Pubusa, F., Diritto di accesso ed automazione. Profili giuridici e prospettive, cit., 80.
16 Sandulli, M.A., Accesso alle notizie e ai documenti amministrativi, in Enc. dir., IV agg., Milano, 2000, 2.
17 Cassese, S., L’arena pubblica. Nuovi paradigmi per lo Stato, in Riv. trim. dir. pubbl., 2001, 602 ss.
18 Cfr. Romano, S., Corso di diritto amministrativo, Padova, 1930, 83.
19 Gallo, C.E.-Foà, S., Accesso agli atti amministrativi, cit., 1.
20 Come già faceva rilevare Esposito, C., Riforma dell’amministrazione e diritti costituzionali dei cittadini, in La Costituzione italiana. Saggi, Padova, 1954, 250 ss.
21 Così Arena, G., Trasparenza amministrativa, cit., 5953.
22 Cfr. Giachetti, S., Il diritto di accesso tra il segreto d’ufficio e la trasparenza assoluta, in Colapietro, C., a cura di, Il diritto di accesso e la Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi a vent’anni dalla legge n. 241 del 1990, cit., 80 ss., che rileva il fatto che l’art. 11 si riferisca solo all’attività organizzativa interna delle pubbliche amministrazioni.
23 Patroni Griffi, F., La trasparenza della Pubblica amministrazione tra accessibilità totale e riservatezza, cit.
24 Sul punto, Savino, M., La nuova disciplina della trasparenza amministrativa, in Giorn. dir. amm., 2013, 8/9, 795 ss. e Ponti, B., La trasaprenza amministrativa dopo il d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33, Rimini, 2013.
25Su cui cfr., da ultimo Modugno, F., Perché è corretto desumere da (o proporre per) l’art. 21 della Costituzione l’esistenza di un diritto all’informazione, in Studi in onore di Aldo Loiodice, I, Bari, 2012, 833 ss.
26 In realtà, il principio di accessibilità ai documenti pubblici (Offentlighetsgrundsatzen) ha una lunga tradizione nei Paesi dell’area scandinava, risalente al 1766, anno in cui fu emanato in Svezia il primo Atto sul diritto di informazione (The Freedom of the Press Act). Dopo quasi due secoli in cui la legislazione svedese è rimasta un caso pressoché isolato, il principio viene ad essere recepito dapprima dalla legislazione finlandese nel 1951, poi da quella norvegese nel 1970 ed, infine, da quella danese nel 1985. Per un’accurata ed approfondita ricostruzione della progressiva estensione del diritto di accesso, si rinvia all’ampio saggio di Tarchi, R., Il diritto di accesso nella prospettiva comparata, in Colapietro C., a cura di, Il diritto di accesso e la Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi a vent’anni dalla legge n. 241 del 1990, cit., 141 ss.
27 L’espressione è da attribuire a Filippo Turati, in Atti del Parlamento italiano – Camera dei Deputati, sess. 1904 – 1908, 17.6.1908, 22962.
28 Nell’Unione europea il diritto all’informazione si è affermato a partire dagli anni ottanta del secolo scorso, in concomitanza con il consolidamento delle istituzioni comunitarie e l’esigenza di perseguire un processo di democratizzazione delle stesse attraverso l’applicazione del principio generale della trasparenza, di cui il diritto di accesso alle informazioni costituisce una componente fondamentale (cfr. la Dichiarazione n. 17 allegata al Trattato di Maastricht del 1992). Con il Trattato di Amsterdam del 1997 il diritto di accesso ha trovato un esplicito riconoscimento nell’art. 255 del Trattato CE, a seguito del quale è stato adottato il Regolamento CE n. 1049/2001 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 30.5.2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento Europeo, del Consiglio e della Commissione. Nel 2007 il Trattato di Lisbona opera, infine, un ulteriore rafforzamento del diritto comunitario di accesso, affermando sin dall’art.1 l’obbligo per le istituzioni dell’Unione di assumere le decisioni “nel modo più trasparente possibile” (cfr. Donati, F., L’accesso ai documenti del diritto dell’Unione, Colapietro, C., a cura di, Il diritto di accesso e la Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi a vent’anni dalla legge n. 241 del 1990, cit., 123 ss.).
29 Il diritto di accesso all’informazione ambientale era già stato previsto dall’art. 14, co. 3, l. 8.7.1986, n. 349, ancor prima delle numerose direttive comunitarie di settore, a cui da ultimo è stato dato attuazione con il d.lgs. 19.8.2005, n. 195.
30 In questo senso, l’antecedente normativo è rappresentato dalla legislazione sugli enti locali (risalente addirittura agli anni trenta del secolo scorso), oggi confluita nel T.U. delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (d.lgs.18.8.2000, n. 267), che all’art. 10, co. 1 e 2, disciplina, a mò di azione popolare, il diritto di accesso dei cittadini, mentre al successivo art. 43, co. 2, regola il peculiare diritto di accesso dei consiglieri comunali e provinciali in ragione del munus rivestito.
31 Torano, V., Il diritto di accesso civico, Intervento al Convegno “Anticorruzione e trasparenza: analisi dell’impatto normativo nell’ente locale” – Frascati, 15.7.2013.
32 Tuttavia, nel caso in cui nell’amministrazione vi sia un unico dirigente cui attribuire le funzioni di Responsabile sia della trasparenza sia di prevenzione della corruzione, le funzioni relative all’accesso civico ex art. 5, co. 2 possono essere delegate dal Responsabile della trasparenza ad altro dipendente dell’amministrazione, in modo tale che il potere sostitutivo possa rimanere in capo al Responsabile stesso e si eviti così che «il titolare del potere sostitutivo rivesta una qualifica inferiore rispetto al soggetto sostituito»: cfr. in tal senso la già citata delibera n. 50/2013 della CIVIT.
33 Analogamente a quanto disposto per le controversie in materia di accesso ai documenti amministrativi (art. 116, d.lgs. n.104/2010), è previsto da parte dell’accedente il versamento del contributo unificato, contrariamente, invece, a quanto accade nelle controversie avverso il diniego di accesso alle informazioni di cui al d.lgs. n. 195/2005 sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale.
34 Cfr. sul punto Patroni Griffi, F., La trasparenza della Pubblica amministrazione tra accessibilità totale e riservatezza, cit., secondo cui nel sistema delineato dal d.lgs. n. 33/2013 «l’obbligo di pubblicità preesiste e prescinde da una richiesta di parte» e così anche i relativi meccanismi sanzionatori.
35 Così Toschei, S., Dall’art. 18 d.l. n. 83/2012 all’art. 37 d.lgs. n. 33/2013, un tracciato normativo verso la trasparenza negli appalti pubblici passando per la legge anticorruzione, Intervento al Convegno “Anticorruzione e trasparenza: analisi dell’impatto normativo nell’ente locale” – Frascati, 15 luglio 2013.
36 Cfr. Toschei, S., Accesso civico e accesso ai documenti amministrativi, due volti del nuovo sistema amministrativo Italia, Intervento al Convegno “Anticorruzione e trasparenza: analisi dell’impatto normativo nell’ente locale” – Frascati, 15 luglio 2013, cui si rinvia per un’attenta analisi delle assonanze e delle dissonanze tra accesso civico ed accesso documentale.
37 Torano, V., Il diritto di accesso civico, cit.
38 Come già rilevato nel citato Parere del Garante per la protezione dei dati personali del 7.2.2013 (punto 4.2).
39 Così Toschei, S., Accesso civico e accesso ai documenti amministrativi, due volti del nuovo sistema amministrativo Italia, cit.; anche Torano V., Il diritto di accesso civico, cit. ritiene non si possa dubitare della natura di “azione popolare correttiva” dell’accesso civico.
40 L’art. 11, d.lgs. n. 33/2013 precisa che per «pubbliche amministrazioni» si intendono tutte le amministrazioni di cui all’art.1, co. 2 d.lgs. 30.03.2001, n. 165, e successive modificazioni.
41 Cfr. i rilievi di Toschei, S., Dall’art. 18 d.l. n. 83/2012 all’art. 37 d.lgs. n. 33/2013, un tracciato normativo verso la trasparenza negli appalti pubblici passando per la legge anticorruzione, cit., ed Id., Accesso civico e accesso ai documenti amministrativi, due volti del nuovo sistema amministrativo Italia, cit.
42 In base alla sentenza della C. cost. 6.7.2004, n. 204 il riconoscimento della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo è legittimo solo nei casi in cui l’Amministrazione agisce come pubblica autorità.
43 Cfr. Califano L., Il bilanciamento tra trasparenza e privacy nel d.lgs. 33/2013, Relazione al Seminario “La Pubblica Amministrazione tra domanda di trasparenza e protezione dei dati personali”, organizzato dal Garante per la protezione dei dati personali nell’ambito della XXX Assemblea annuale ANCI – Firenze, 24.10.2013, che richiama i profili problematici già a suo tempo sollevati dal Garante nel citato Parere del 7 febbraio 2013.
44 Cfr. C. giust., 9.11.2010, cause riunite C-92/09 e C-93/09.
45 In tal senso, può essere richiamato l’insegnamento di Häberle, P., Le libertà fondamentali nello Stato costituzionale, (trad. it. a cura di P. Ridola), Roma, 1993, 149, per il quale «l’essenza di un diritto consiste proprio nell’effettivo esercizio da parte del titolare», altrimenti «le libertà risulterebbero minacciate nel loro significato istituzionale».
46 Cfr. Modugno, F., Perché è corretto desumere da (o proporre per) l’art. 21 della Costituzione l’esistenza di un diritto all’informazione, cit., 836, per il quale si tratta di un «valore» idoneo a «giustificare norme positive volte a garantire la pluralità delle fonti di informazione e la stessa partecipazione dei cittadini all’elaborazione e al controllo delle informazioni»: in quanto tale «esso può anche essere riguardato come un diritto sociale che il legislatore è tenuto a riconoscere nei limiti del possibile e del ragionevole», più che come un semplice interesse diffuso alla stregua di un mero ‘comune interesse’ nella piena disponibilità del legislatore ordinario”.
47 Colapietro, C. – Ruotolo, M., Diritti e libertà, in Modugno, F., a cura di, Diritto pubblico, Torino, 2012, 611.