accento
. Nell'unico luogo in cui compare, parole di dolore, accenti d'ira (If III 26), ha il valore di "tono di voce " esprimente il sentimento dell'ira. Questa interpretazione è dominante presso gli antichi commentatori: "‛ Accento ' è il proferere, il quale facciamo alto o piano, acuto o grave o circunflesso : ma qui si dice che erano accenti d'ira per la quale si sogliono molto più impetuosi fare, che senza ira parlando non si farieno " (Boccaccio); " pronunciationes irosae: nam accentus apud gramaticos est debita pronunciatio vocis " (Benvenuto); " L'accento è un regolare temperamento di voci fatto in significata prolazione " (Anonimo). Qualche interprete moderno vede in a. un sinonimo di " parole "; il Sapegno intende " interiezioni ".
Per l'a. tonico, v. ACCENTUAZIONE; per gli a. ritmici nei versi, v. DECASILLABO; ENDECASILLABO; NOVENARIO; OTTONARIO; QUATERNARIO; QUINARIO; SENARIO; SETTENARIO.