ACCELERATORE
(App. II, I, p. 4; III, I, p. 4; IV, I, p. 12)
− Fisica. − Anche negli ultimi quindici anni il ritmo di sviluppo degli a. di particelle è stato straordinariamente rapido. Le energie rese disponibili per lo studio della fisica subnucleare e quindi della struttura più fondamentale della materia, hanno continuato a crescere al ritmo di un ordine di grandezza ogni dieci anni, che si mantiene inalterato da quasi mezzo secolo, mentre il rapporto fra il costo di un a. e la sua energia massima è calato all'incirca nella stessa misura. Ciò per merito soprattutto dello sviluppo avuto dalla tecnica degli anelli di collisione (AC), o a fasci incrociati (v. acceleratore, in App. IV, i) e dello sviluppo di nuove, più efficienti tecnologie. Tutta una serie di nuovi grandissimi AC (talvolta indicati con il termine generico di 'anelli di accumulazione') è stata infatti costruita sull'onda dei successi ottenuti negli anni Settanta dagli AC per elettroni, con la scoperta della nuova particella J-ζ e quindi dei nuovi quark, e dall'AC per protoni ISR del CERN, oggi smantellato. Nel campo degli a. per elettroni, i due maggiori, SLC e LEP, sono recentemente entrati in funzione. Nel campo degli a. per protoni, l'AC per protoni e antiprotoni SppS costruito in Europa al CERN utilizzando il grande protosincrotrone SPS esistente ha portato alla prima verifica dell'unificazione delle forze forti e deboli, con la scoperta delle particelle Z0 e W; e altri grandi a. per protoni (Tevatron, UNK, ecc.) sono in funzione, e altri ancora più grandi (LHC, SSC), che dovranno costituire gli strumenti più avanzati per gli anni Novanta e successivi, sono sul tavolo da disegno.
Un elemento caratteristico nella storia recente degli a. è il rapido estendersi del loro utilizzo al di fuori del campo tradizionale della ricerca in fisica fondamentale, con lo sviluppo di macchine specializzate a mano a mano che venivano scoperte nuove potenzialità dei fasci intensi di particelle di varia natura (elettroni, protoni, ioni pesanti, particelle polarizzate, neutroni, mesoni, ecc.). Un esempio è quello degli a. per la produzione di radiazione di sincrotrone (v. sincrotrone, in questa App.), divenuta uno strumento indispensabile alla ricerca sia fondamentale che applicata nel campo della materia condensata. Nel corso dell'ultimo decennio, si è passati dall'averne operanti da non più di tre o quattro − per lo più ricavati da AC in origine costruiti per la fisica delle particelle nei grandi laboratori di ricerca dei paesi più industrializzati − alle decine di macchine appositamente progettate oggi in funzione o in costruzione nelle più diverse regioni del globo (v. anche tab. 3a).
Una situazione analoga si è avuta per gli a. di ioni: alla fine degli anni Settanta ne esistevano soltanto alcuni esemplari nei tre laboratori di ricerca di Berkeley (USA), GSI (Rep. Fed. di Germania) e Dubna (URSS); intorno al 1985 le installazioni (includendo quelle ottenute per riconversione di macchine per protoni) erano già salite a una decina; fra il 1985 e il 1989 almeno altre 40 installazioni sono entrate in funzione o in fase di costruzione. Ricordiamo qui, fra le molte, la loro potenziale applicazione alla fusione inerziale (v. confinamento, in questa Appendice).
A riprova del grado di maturità raggiunto dalla scienza e dalla tecnica degli a. dopo un cinquantennio dalla nascita del primo, gli a. sono ormai entrati a far parte del normale bagaglio tecnico della nostra civiltà. Gli a. medici, soprattutto piccoli a. lineari (Linac) per elettroni, ma anche ciclotroni e sincrotroni per particelle più pesanti, usati per lo più per la diagnostica e la terapia dei tumori, si contano ormai a centinaia, ma moltissime sono anche le macchine in funzione per uso industriale.
È poi certamente da ricordare lo sviluppo avuto nell'ultimo decennio dalle tecnologie impiegate. Citiamo fra le tante quella dei materiali superconduttivi, utilizzata ormai su larga scala per gli impianti di accelerazione delle grandi macchine a elettroni, per ottenere gli elevatissimi campi magnetici necessari ai grandi a. a protoni e utilizzata anche per macchine di minore energia come ciclotroni e a. lineari. Rientra in questo quadro anche il grande impulso dato allo studio di nuove tecniche di accelerazione nel tentativo, di fronte alle dimensioni e ai costi dei grandissimi futuri a. per la ricerca in fisica fondamentale, di trovare nuove, più efficaci ed economiche vie per raggiungere energie sempre più alte.
In definitiva, lo sviluppo degli a. di particelle è stato ampio e il numero delle nuove macchine, delle nuove tecniche e delle possibili applicazioni è tanto grande che, nell'ambito di un lavoro di rivista, non è possibile darne un elenco completo. Un quadro generale della qualità e del tipo dei progressi fatti può però aversi considerando alcuni esempi significativi. È ciò che si cerca di fare nel seguito, raggruppando gli a. a seconda del loro utilizzo (piuttosto che per tipo), anche se gli spazi dei parametri delle macchine utili per le varie discipline e le diverse applicazioni si intersecano e si sovrappongono così che da un lato uno stesso a. può essere utilizzato per diverse applicazioni e dall'altro possono essere usati, per una stessa applicazione, diversi tipi di acceleratori.
Vengono brevemente discussi gli a. per ricerca in fisica subnucleare, per ricerca in fisica atomica e nucleare, per ricerca in fisica della materia e per applicazioni mediche, industriali e tecnologiche, facendo di volta in volta cenno ai principali sviluppi tecnici legati alla loro realizzazione.
Seguono infine alcune considerazioni sugli a. di nuova concezione e sullo stato delle ricerche nel campo delle tecniche di accelerazione per il futuro.
Acceleratori per la ricerca in fisica subnucleare. − Sincrotroni. − I sincrotroni per elettroni, o elettrosincrotroni (ES), sono stati quasi del tutto soppiantati per la ricerca in fisica subnucleare dagli anelli a fasci collidenti e per la ricerca in fisica nucleare da anelli di accumulazione e a. lineari per lo più a fascio continuo. Vengono tuttavia ancora costruiti degli ES da utilizzare come iniettori di altri acceleratori. Basterà citare, fra i più recenti, quello entrato in funzio ne nel 1988 nel Laboratorio DESY di Amburgo come iniettore dell'anello per elettroni della macchina a fasci collidenti HERA. Ha un'energia massima di 10 GeV e una frequenza di ripetizione di 10 Hz; la sua tecnica di costruzione è estremamente semplificata rispetto a quella di macchine più antiche, pur consentendo di raggiungere intensità di fascio comparabili o superiori. Alcuni dei suoi parametri principali sono forniti dalla tab. 1a.
Sono invece ancora molto usati, soprattutto per la loro capacità di produrre fasci secondari intensi (di mesoni, di neutrini, ecc.), i sincrotroni per protoni o protosincrotroni (PS), sempre più spesso resi capaci di accelerare anche ioni. I dati principali di alcuni dei massimi e più recenti PS in funzione, in costruzione o in progetto sono riportati nella tab. 1a.
Il PS con energia più elevata è il Tevatron (così chiamato perché raggiunge l'energia di 1000 GeV, ovvero di 1 TeV) del Laboratorio americano FNAL (Fermi National Accelerator Laboratory, Batavia, Ill.). L'importanza storica di questa macchina − costruita all'interno del tunnel che già ospitava il PS da 400 GeV, entrata in funzione nel 1984 e utilizzata come AC (v. oltre, Anelli di collisione) − è legata al suo essere stata il primo a. realizzato con magneti superconduttivi. Poiché infatti l'energia massima raggiungibile dagli a. per protoni è determinata soltanto dal prodotto del raggio di curvatura dell'orbita per il valore del campo magnetico sull'orbita stessa (almeno fino a che non si raggiungano energie dell'ordine delle centinaia di TeV, alle quali può divenire importante anche per i protoni il fenomeno dell'irraggiamento: v. acceleratore, in App. IV, i), conviene, per una data lunghezza della circonferenza della macchina, avere un campo magnetico di guida che sia il più elevato possibile. Sistemi di elettromagneti per a. con avvolgimenti superconduttivi, che raggiungono campi magnetici dell'ordine di 5÷10 T e cioè di circa un ordine di grandezza maggiori di quelli ottenibili con elettromagneti tradizionali, seguiti a quelli sviluppati per la prima volta per il Tevatron, sono oggi comunemente usati in Europa (Progetti HERA, LHC, ecc.), negli USA (SSC, RHIC, ecc.) e in URSS.
Lo sviluppo delle tecnologie di base per realizzare sia gli elettromagneti che i colossali sistemi di refrigerazione necessari per far lavorare alla temperatura dell'elio liquido (4,2 °K) anelli magnetici costituiti da centinaia di elementi e lunghi molti chilometri, costituisce una pietra miliare nella storia degli a. di altissima energia.
Osserviamo infine per completezza che è divenuta in certo senso sfumata la classificazione storica in ES e PS: per es., per l'iniezione di elettroni e positroni nell'AC LEP del CERN si è semplicemente modificato il sistema di accelerazione del PS da 28 GeV costruito nel 1960, così da consentirgli di accelerare anche elettroni; viceversa l'AC per elettroni PETRA di DESY, finito di costruire alla fine degli anni Settanta, viene oggi usato anche per accelerare i protoni da iniettare in HERA (v. oltre, Anelli di collisione).
Anelli di collisione (AC). − Gli AC sono oggi i principali strumenti per far raggiungere energie molto elevate (v. acceleratore, in App. IV, i). Conviene distinguere fra AC per elettroni (e+ e−) e per protoni (p+ p−) e/o ioni, dato che le tecniche impiegate sono piuttosto diverse. Una menzione a parte merita il progetto HERA, per la collisione di e- contro protoni. Per quanto riguarda gli AC per elettroni (e+ e−) più recenti è d'obbligo citare il più grande oggi in funzione, il progetto europeo chiamato LEP (Large Electron Positron Collider) del CERN di Ginevra, iniziato a costruire nel 1984 ed entrato in funzionamento nell'agosto 1989.
Può raggiungere i 100 GeV per fascio ed è realizzato in un tunnel sotterraneo quasi esattamente circolare di 27 km di lunghezza. Come per tutti gli altri AC per e+ e−, i fasci di particelle e antiparticelle circolano in verso opposto nella stessa camera da vuoto inserita in un unico anello magnetico. Il sistema di iniezione è assai complicato e usa, in cascata, un a. lineare, un anello di accumulazione da 600 MeV, il PS da 25 GeV e infine il grande SPS da 450 GeV, i due ultimi adattati per l'accelerazione di elettroni. Una visione d'insieme del complesso è mostrata nella tav. f.t.
Le caratteristiche principali di LEP e degli altri più recenti AC sono riassunte nella tab. 1b.
Ricordiamo qui che in un a. circolare per elettroni la limitazione principale all'energia massima raggiungibile è posta dall'energia irraggiata − sotto forma di radiazione elettromagnetica − dagli elettroni sottoposti all'accelerazione centripeta. La potenza irraggiata varia come la quarta potenza dell'energia delle particelle circolanti e in ragione inversa al raggio di curvatura dell'orbita e dev'essere continuamente rifornita al fascio da un sistema di accelerazione. Per esempio, anche con una circonferenza di 27 km corrispondente a un raggio di curvatura di 3100 m, l'energia irraggiata da ciascun elettrone all'energia massima di LEP è di circa 2,5 GeV per giro e la potenza da fornire ai fasci, con correnti circolanti dell'ordine delle decine di mA, è di conseguenza dell'ordine delle decine di MW. Poiché in un sistema di accelerazione convenzionale l'ordine di grandezza del rapporto fra la potenza ceduta al fascio e quella dissipata nella struttura accelerante è generalmente molto maggiore di 1, le potenze elettriche totali necessarie per raggiungere energie eguali o superiori al centinaio di GeV divengono rapidamente proibitive. Ne segue l'interesse a realizzare sistemi di accelerazione superconduttivi per i quali può essere resa trascurabile la potenza dissipata nella struttura, diminuendo così sensibilmente il consumo globale di energia elettrica. Vedremo anche più oltre che un successivo passo (peraltro ancora in fase sperimentale) è quello di passare a collisori lineari, per i quali non vi è in pratica alcun irraggiamento.
Notiamo qui che la tecnica delle cavità risonanti superconduttive è divenuta nel corso dell'ultimo decennio una tecnica matura: cavità per a. capaci di fornire campi acceleranti dell'ordine dei 5 MeV/m con fattori di merito dell'ordine di 109 sono oggi prodotte industrialmente. A esemplificare i vantaggi ricordiamo che il sistema di accelerazione a temperatura ambiente di cui era dotato inizialmente LEP, pur molto sofisticato e studiato per ridurre al massimo le dissipazioni, è in corso di sostituzione con un sistema superconduttivo che permetterà di raggiungere, a parità di potenza elettrica disponibile e di corrente circolante, un'energia all'incirca due volte superiore.
Nel campo degli AC per protoni, il progenitore ISR (CERN) − una macchina a fasci continui da 30 GeV per fascio − è stato fermato nel 1984 dopo 13 anni di gloriosa carriera. I due maggiori a. di questo tipo in funzione sono invece: in Europa quello per protoni contro antiprotoni del CERN, detto SppS, che raggiunge i 540 GeV per fascio e, negli USA, il Tevatron-Collider di Fermilab che utilizza l'esistente Tevatron, di cui si è parlato sopra, e che raggiunge 1 TeV per fascio.
Lo SppS, inaugurato nel 1981, nel quale si fanno collidere fasci di protoni e di antiprotoni accumulati in versi opposti nel grande protosincrotrone da 500 GeV (SPS), è stato il primo dei moderni AC per protoni a fasci impulsati e ha aperto la via a tutti gli altri AC per protoni. La sua luminosità, di oltre 1030 cm-2 s-1, ha consentito, con la scoperta delle particelle Z0 e W, la prima verifica dell'unificazione delle forze 'elettromagnetica' e 'debole'.
Fra le molte tecniche completamente nuove introdotte, soprattutto per la produzione e la raccolta di fasci intensi di antiprotoni, va menzionata quella del 'raffreddamento stocastico', senza la quale la realizzazione della macchina non sarebbe stata possibile: con raffinati sistemi elettronici a controreazione si riescono a rivelare e a smorzare le fluttuazioni del centro di carica del fascio di antiprotoni dovute alle oscillazioni incoerenti delle singole particelle, ottenendo così in definitiva uno smorzamento delle oscillazioni incoerenti stesse e un rapido 'raffreddamento' del fascio di antiprotoni.
Vale evidentemente anche per gli AC il discorso fatto sopra sull'utilizzo di magneti superconduttivi. Le altissime energie dei nuovi progetti sono infatti rese possibili soltanto dalla disponibilità di tale tecnica.
Una particolare menzione merita il progetto HERA, realizzato nei laboratori DESY (Amburgo) con la collaborazione di vari paesi europei (tra cui determinante quella dell'Italia) ed extraeuropei. Si tratta del primo progetto di AC per elettroni contro protoni, una configurazione che presenta grande interesse per lo studio dei quark, i componenti fondamentali del protone.
Il progetto comprende due anelli distinti, uno per elettroni da 35 GeV dotato di cavità acceleranti superconduttive e uno per protoni, da circa 1 TeV, realizzato con magneti superconduttivi da circa 6,5 T. Un complicato sistema di magneti con deflessioni sia nel piano orizzontale che in quello verticale porta i due fasci a collidere frontalmente provvedendo anche a ruotare la polarizzazione del fascio di elettroni, naturalmente trasversa alla velocità, fino a renderla parallela alla velocità stessa, ciò che è particolarmente vantaggioso per alcuni tipi di esperimenti. È interessante ricordare che la metà dei 580 magneti dipolari superconduttivi necessari e costruiti per la prima volta in serie nell'industria, è stata realizzata in Italia.
Una vista dell'interno del tunnel è riportata nella tav. f.t. I parametri principali della macchina sono riportati nella tab. 1b insieme a quelli dei maggiori AC per protoni e per ioni, in funzione, in costruzione o in progetto. Ricordiamo che nel caso di macchine p+ p−, si può ancora utilizzare un solo anello magnetico con un'unica camera da vuoto, mentre nel caso di urti fra particelle di carica eguale (p+ contro p+ o ione contro ione) occorre utilizzare due camere da vuoto separate e, in generale, due separati circuiti magnetici.
I più ambiziosi progetti per il futuro sono: LHC in progetto al CERN e SSC, approvato negli USA nel 1989. Si noti come LHC, un progetto che utilizza l'esistente tunnel di LEP, abbia bisogno di magneti da circa 10 T operanti alla temperatura di 1,8 °K per raggiungere circa 9 TeV per fascio, e il progetto SSC debba avere − per raggiungere i 20 TeV per fascio utilizzando magneti con campi di 6,6 T − una circonferenza di circa 84 km.
Collisori lineari. − Il costo di costruzione di un a. circolare soggetto al fenomeno dell'irraggiamento (v. acceleratore, in App. IV, i) cresce con una potenza dell'energia massima maggiore di uno (e per lo più vicina a due), mentre il costo di un a. lineare, nel quale non vi è apprezzabile irraggiamento, cresce all'incirca linearmente con la sua energia massima .
Le curve di costo in funzione dell'energia massima dei due tipi di a. s'intersecheranno dunque a una certa energia massima Eal di sopra della quale un Linac risulterà economicamente più vantaggioso. Il valore di Edipende evidentemente dal tipo di particelle accelerate, dalle tecniche usate e dalle strutture disponibili, e può quindi variare in funzione del tempo e delle particolari circostanze: in linea di massima lo si pone, per a. di elettroni, intorno ai 200 GeV per fascio. Si spiega così la nascita di un certo numero di progetti di anelli di collisione di altissima energia per elettroni che prevedono di far collidere frontalmente fasci accelerati in due Linac affacciati. Lo schema viene indicato con il nome di Collisore Lineare (CL). (Per a. di protoni le energie alle quali il fenomeno dell'irraggiamento diverrebbe importante sono di parecchi ordini di grandezza più alte, e l'alternativa non è quindi d'interesse né lo sarà nel prevedibile futuro).
Il primo modello funzionante di CL, realizzato però utilizzando un solo Linac (quello esistente da circa 50 GeV di SLAC in California) e due archi magnetici, è entrato in funzione nel 1988. I suoi principali parametri e i valori di luminosità ottenuti sono riportati nella tab. 1c. L'estrema difficoltà dell'impresa, in relazione anche ai molti problemi interamente nuovi di scienza e tecnica degli a. legati soprattutto alla necessità di produrre e far collidere pacchetti di particelle con carica elevatissima, lunghi pochi mm e di dimensioni trasverse dell'ordine dei Μm, spiega il fatto che a oggi le prestazioni ottenute non sempre coincidono con quelle di progetto.
Le linee di sviluppo per i futuri CL di altissima energia sono sostanzialmente due: la realizzazione o di strutture lineari superconduttive con campi acceleranti nettamente superiori a quelli oggi ottenibili industrialmente, e cioè intorno ai 40 ÷50 MeV/m, o di strutture 'calde', ma con dimensioni molto ridotte così da consentire di raggiungere campi acceleranti molto elevati (≈100 MeV/m) con ridotto dispendio di energia. I principali parametri di alcuni dei CL in progetto sono riportati anch'essi nella tab. 1c. Alcuni maggiori dettagli possono trovarsi nell'ultimo paragrafo sulle nuove tecniche di accelerazione.
Acceleratori per la ricerca in fisica atomica e nucleare. − Conviene anche per questo tipo di applicazioni distinguere fra a. per elettroni e a. per ioni (protoni o ioni più pesanti). Alcune delle maggiori novità sono ancora legate allo sviluppo delle tecniche di superconduttività: nel campo degli a. per elettroni allo sviluppo di a. lineari superconduttivi a ciclo continuo, e nel campo degli a. per ioni alla realizzazione di ciclotroni con magneti superconduttivi e anelli.
Acceleratori per elettroni. − Gli odierni esperimenti di fisica nucleare con elettroni richiedono, per poter esplorare in dettaglio la struttura elettromagnetica dei nuclei, la disponibilità di fasci elettronici molto intensi, con piccola dispersione energetica e a ciclo il più possibile continuo per permettere la rivelazione in coincidenza dei prodotti di reazione, con energie fino a qualche GeV. L'indirizzo in voga fino a metà degli anni Ottanta, e cioè quello di utilizzare anelli di accumulazione nei quali iniettare impulsi di particelle da estrarre lentamente per realizzare un ciclo (quasi) continuo su di un bersaglio esterno ('anelli allungatori d'impulso') è oggi praticamente abbandonato in favore dell'utilizzo di Linac superconduttivi. Con la maturazione delle tecniche di produzione e gestione di strutture risonanti superconduttive per l'accelerazione, capaci di campi acceleranti dell'ordine di 5 ÷7 MeV/m, con fattori di merito dell'ordine di 109 che rendono possibile un funzionamento continuo con ridottissime dissipazioni di energia nella struttura, un Linac superconduttivo permette di accelerare fasci estremamente intensi (dell'ordine di 1016 e/s) e quasi monocromatici che appaiono uniformemente distribuiti nel tempo quando confrontati con la risoluzione temporale degli esperimenti. I parametri del primo e maggiore a. di questo tipo, CEBAF, in costruzione negli USA, in Virginia, sono dati nella tab. 2. Diversi progetti di a. lineari superconduttivi sono in via di perfezionamento in tutto il mondo e anche in Italia.
Acceleratori per protoni e ioni pesanti. − Il campo di energie d'interesse si estende per queste macchine da qualche MeV per nucleone fino alle decine di GeV per nucleone dei PS destinati alla produzione di fasci secondari. Oltre ai campi tradizionali di studio della fisica atomica e della struttura del nucleo, le odierne qualità di fascio e le specie ioniche accelerate consentono di affrontare lo studio della materia nucleare e dei suoi stati eccitati in intervalli dei valori dei parametri (di grande intensità di energia su volumi relativamente grandi, ecc.) finora completamente inesplorati e d'interesse anche per l'astrofisica. Come accennato nell'introduzione, i fasci di ioni e le relative tecniche di produzione (sorgenti), accelerazione e 'raffreddamento' hanno avuto grande sviluppo.
Fra il 1985 e il 1989 sono entrate in funzione o in fase di costruzione un gran numero di macchine capaci di accelerare ioni con masse fino a quella dell'uranio e stati di carica anche molto elevati. Le tecniche di raffreddamento − che per il caso di ioni pesanti utilizzano per lo più lo scambio di quantità di moto con fasci freddi di elettroni (raffreddamento elettronico) − permettono di ottenere fasci ionici con caratteristiche sempre più spinte in termini di collimazione, di dispersione in energia, di densità di particelle e d'intensità. Recentemente si considera addirittura la possibilità di ottenere fasci 'cristallizzati', per i quali l'energia d'interazione coulombiana fra coppie di ioni vicini supererebbe quella media dovuta all'agitazione termica.
In relazione all'ampio spettro di energie d'interesse, che vanno da pochi MeV per nucleone fino ai GeV per nucleone, gli a. utilizzati sono dei tipi più svariati: elettrostatici (in genere di tipo 'tandem') spesso seguiti da post-a. come ciclotroni (anche superconduttivi) e Linac (anch'essi spesso superconduttivi), anelli di accumulazione, sincrotroni − spesso PS modificati per consentire l'accelerazione di ioni più pesanti − e AC.
Nel campo delle basse energie, e cioè fino a qualche centinaio di MeV, fra i più interessanti sviluppi vanno menzionati i ciclotroni superconduttivi. I parametri di quello costruito in Italia e installato presso i Laboratori Nazionali del Sud (dell'INFN) a Catania sono riportati nella tab. 2. Una speciale menzione merita anche l'accumulatore di antiprotoni, LEAR del CERN, utilizzato soprattutto per studi di spettroscopia mesonica e di fisica nucleare, e i cui parametri sono anch'essi riportati nella tab. 2. L'installazione sul l'anello di sistemi di raffreddamento 'stocastico' permette di ottenere fasci di antiprotoni di altissima qualità, senza confronto con quella ottenibile da altri a. della stessa energia.
Un altro tipo di macchina nuova, il Quadrupolo a Radio Frequenza (RFQ), adatto alla prima accelerazione di fasci intensi di energia più bassa (fino a qualche MeV), verrà brevemente trattato nel paragrafo dedicato agli Acceleratori di nuova concezione.
Va anche fatta menzione degli a. − d'interesse anche per lo studio delle particelle elementari e della struttura della materia (v. anche oltre, Sorgenti di neutroni 'a spallazione') e per la radioterapia − che rientrano nella categoria delle 'Fabbriche di Mesoni' (Meson Factories) in quanto specializzati per la produzione di fasci intensi di mesoni.
Si tratta di PS con energie fino a circa 30 GeV, con intensità di fascio (dell'ordine di 1014 ÷ 1016 protoni per secondo) almeno di un ordine di grandezza superiori a quelle di PS più convenzionali, con complicate catene d'iniezione che in genere comprendono diversi anelli e anche, per gli stadi iniziali, a. lineari o ciclotroni. I parametri della Kaon-Factory, recentemente approvati in Canada, sono riportati nella tab. 2. Nella stessa tabella sono anche elencati i parametri principali del più ambizioso e non ancora approvato progetto dedicato: quello dell'AC per ioni pesanti RHIC, da 100 GeV/nucleone per fascio, in progetto negli USA.
Acceleratori per ricerca in struttura della materia. − Acceleratori per la produzione di Radiazione di Sincrotrone (RS). − Le particelle cariche soggette ad accelerazione trasversa al moto emettono energia sotto forma di radiazione. La radiazione emessa − ben nota dato che è di questa natura la luce di nebulose e altri corpi celesti − è detta di 'sincrotrone' perché fu per la prima volta ufficialmente osservata e descritta nell'elettrosincrotrone da 70 MeV costruito negli anni Quaranta nei laboratori della General Electric (USA).
Poiché l'energia irraggiata dalle particelle è proporzionale alla quarta potenza del loro fattore relativistico Α = E/(m0c2), con E energia totale e m0c2 energia a riposo della particella, alle energie degli odierni a., fasci intensi di radiazione vengono ottenuti soltanto da a. per elettroni (anche se la debolissima luce emessa dai protoni nei PS da qualche centinaio di GeV è stata talvolta usata a scopo diagnostico). Nel seguito ci riferiamo perciò sempre ad a. circolari per elettroni, e in particolare ad anelli di accumulazione nei quali il fascio di elettroni può essere mantenuto in circolazione con intensità quasi costante anche per molte ore, producendo fasci di radiazione stabili e facilmente utilizzabili. Lo spettro della radiazione emessa si estende sino alla regione dei raggi X e oltre (v. acceleratore, in App. IV, i). A. specializzati con energie dell'ordine dei 6 ÷7 GeV e campi magnetici locali che possono arrivare a 5 ÷6 T, possono infatti facilmente scendere a lunghezze d'onda nell'ordine dei 10-2 ÷5·10-3 nm.L'utilizzo di radiazione visibile, infrarossa, ultravioletta e X, per studiare − con le tecniche sperimentali più varie, che vanno dalla spettroscopia di fotoemissione, all'assorbimento, alla diffusione, ecc. − la struttura e le proprietà di cristalli e molecole, la struttura elettronica dei solidi e delle loro superfici e un grandissimo numero di altri problemi di struttura di materiali e di organismi viventi, è di grande interesse per numerosissime discipline che vanno dalla fisica alla medicina, dalla biologia alla chimica. L'intensità e la definizione in energia della radiazione giuocano un ruolo essenziale in tutte le applicazioni, e già i primi a. per elettroni − costruiti per lo studio della fisica subnucleare − che producevano fasci di radiazione (di sincrotrone) accordabile in energia e con intensità di molti ordini di grandezza maggiori di quelli ottenibili da sorgenti tradizionali (lampade, tubi a raggi X, ecc.) diverse dai laser (che però non raggiungono la regione dei raggi X, e non sono normalmente accordabili in energia), aprivano agli studiosi prospettive di ricerca completamente nuove e inesplorate.
Di conseguenza negli anni Sessanta vennero installati su alcuni a. i primi apparati per la sperimentazione con la RS (in Italia l'attività iniziò proprio in quegli anni presso il Sincrotrone di Frascati continuando poi presso l'anello di accumulazione ADONE).
Per una gran parte delle applicazioni scientifiche è poi desiderabile disporre di fasci di radiazione che abbiano anche un'alta brillanza, che cioè oltre a essere molto intensi siano anche ben collimati e provenienti da una sorgente il più possibile puntiforme, così da poter essere focalizzati su di una zona da illuminare la più piccola possibile.
Intensità e brillanze di molti ordini di grandezza ancora superiori a quelle ottenibili da macchine non specializzate possono aversi con la progettazione di anelli ad hoc, l'affinamento dei criteri di ottimizzazione e l'uso di particolari magneti (i cosiddetti magneti ondulatori, a campo magnetico modulato sinusoidalmente nella direzione di moto delle particelle) che consentono di realizzare sorgenti quasi puntiformi con uno spettro di righe (accordabili) di altissima intensità e collimazione.
Nascono così gli a. specializzati nella produzione di RS, degli strumenti di ricerca affatto unici, presso i quali inoltre possono trovar posto e funzionare contemporaneamente molte decine di stazioni sperimentali.
Con l'affinamento delle tecniche e la crescente sofisticazione degli esperimenti, il progetto degli a. viene poi addirittura ottimizzato per certi intervalli di lunghezze d'onda e quindi per particolari campi di ricerca o particolari applicazioni.
Nel 1989 si contavano, distribuiti su tre continenti, una quarantina di a. per la produzione di RS, quasi tutti 'dedicati' e cioè utilizzati esclusivamente a tale scopo. Di questi una decina, in vari stadi di realizzazione, erano dell'ultimissima generazione e cioè appositamente progettati e costruiti utilizzando tutte le più moderne tecniche, incluso l'uso generalizzato di magneti ondulatori. Le caratteristiche di alcuni di essi sono riportate a titolo di esempio nella tab. 3a. Ricordiamo in particolare i due più recenti progetti in costruzione in Europa: l'a. europeo da 6 GeV di Grenoble, ESRF (European Synchrotron Radiation Facility), cui l'Italia partecipa per il 15%, e la macchina italiana ELETTRA di Trieste, da 2 GeV. La prima potrà ospitare oltre un centinaio di stazioni sperimentali, la seconda oltre una quarantina.
Laser a elettroni liberi (FEL). − Sembra opportuno dare qui un breve cenno allo sviluppo del FEL (Free Electron Laser; v. laser: Fel, in questa App.), una nuova sorgente di radiazione elettromagnetica basata sull'uso di a., coerente, accordabile, potenzialmente capace di coprire intervalli di lunghezze d'onda non accessibili alle sorgenti laser conosciute e suscettibile di raggiungere elevatissime potenze con alta efficienza. Il FEL utilizza fasci ultrarelativistici di elettroni ed è collegato, sia per il meccanismo di produzione che per l'utilizzo scientifico, alla RS; promette anzi di divenire lo strumento del futuro in quel campo. Una grande varietà di sue potenziali applicazioni esiste anche in campo spaziale, fusionistico, e tecnologico.
Riguardo al principio di funzionamento del FEL, in maniera semplificata e non esauriente di tutti i possibili casi, si può dire che un fascio elettronico ultrarelativistico fatto passare in un campo magnetico trasverso al suo moto e oscillante con periodo spaziale Ο0 - tipicamente generato da un magnete 'ondulatore' − oscilla trasversalmente e irraggia (di sincrotrone) un'onda elettromagnetica con lunghezza d'onda ≈ Ο0/Α2 (Α essendo il fattore relativistico del fascio di elettroni). Accumulando l'onda in una cavità ottica e facendola interagire con il fascio che si propaga nella sua stessa direzione si ha emissione di radiazione stimolata e si riesce a trasferire energia dal fascio all'onda, in misura proporzionale all'intensità dell'onda stessa. Si ottiene dunque, sotto determinate condizioni, la condizione tipica di un oscillatore laser. Le efficienze ottenute nel trasferimento di energia sono nell'ordine dei percento, piuttosto alte rispetto a quelle di laser convenzionali e suscettibili di essere migliorate con lo sviluppo di tecniche per recuperare almeno in parte l'energia inutilizzata del fascio elettronico. Le elevate potenze raggiungibili sono evidentemente legate alla facilità di realizzare fasci elettronici di grandissima potenza con a. sia circolari che lineari.
La lunghezza d'onda emessa varia inversamente con l'energia degli elettroni ed è quindi in linea di principio regolabile ad arbitrio. Il funzionamento del FEL dipende però criticamente dalla qualità del fascio elettronico, che dev'essere tanto migliore quanto minore è la lunghezza d'onda di funzionamento; inoltre, al diminuire della lunghezza d'onda diminuisce il guadagno del processo di emissione stimolata. Per scendere a lunghezze d'onda molto basse (UV estremo e sotto) occorrono dunque fasci di altissima intensità e qualità.
Sistemi che utilizzano per la generazione del fascio elettronico anelli di accumulazione per elettroni con energie fra ≈0,5 e 1 GeV operano oggi nella zona del visibile e del vicino ultravioletto, e nella zona dell'infrarosso dove si usano, per potenze non troppo elevate, a. lineari a RF o microtroni, e, per le altissime potenze (ordine dei GW di picco), a. lineari a induzione (v. oltre, Acceleratori di nuova concezione), con energie nell'ordine delle decine di MeV. Uno sviluppo promettente è legato alla realizzazione di fasci elettronici di altissima intensità e qualità − tali da consentire di spingere i FEL nella zona di lunghezze d'onde dei raggi X molli − con l'utilizzo di a. lineari a RF superconduttivi.
Sorgenti di neutroni 'a spallazione'. − Le tecniche di diffusione neutronica sono, per lo studio della struttura della materia, complementari a quelle che fanno uso di radiazione elettromagnetica. Sono venute sviluppandosi sorgenti dette 'a spallazione' che fanno uso di a. di protoni di altissima intensità, con energie fra 500 e 800 MeV, per produrre flussi medi di neutroni termici di un ordine di grandezza maggiori di quelli ottenibili da reattori, e cioè nell'ordine di 1016 n/cm2/s. Il loro funzionamento può essere continuo o anche impulsato se interessa ottenere intensità di picco ancora con ordini di grandezza più alti. Il meccanismo è quello di far incidere i protoni su degli opportuni bersagli nei quali i neutroni vengono generati tramite cascata adronica e processi di evaporazione e fissione. Si ottengono molteplicità elevate, dell'ordine di 10÷20 neutroni per ogni protone incidente.
I problemi sono legati essenzialmente alla realizzazione di a. di protoni di altissima intensità (in genere PS per il funzionamento impulsato o ciclotroni per il funzionamento continuo) e di bersagli in grado di sopportare le altissime potenze incidenti.
A titolo di esempio riportiamo nella tab. 3b alcune caratteristiche della macchina ISIS dei Laboratori Rutherford (GB), costruita e gestita nel quadro di un programma europeo al quale anche l'Italia partecipa, e di una macchina a fascio continuo in progetto in Svizzera.
Acceleratori per applicazioni mediche e industriali. − Acceleratori per applicazioni mediche. − L'uso di macchine acceleratrici per la diagnostica e la terapia dei tumori con raggi X è venuto diffondendosi (sostituendo gradualmente le sorgenti di 60Co, meno flessibili e meno penetranti) soprattutto a partire dagli anni Sessanta-Settanta, con il consolidamento della tecnologia di fabbricazione industriale di betatroni e Linac capaci di produrre fasci primari di elettroni con energie massime fra ≈3 e ≈50 MeV. Il fascio primario viene fatto incidere su di un opportuno bersaglio per produrre la radiazione X desiderata, come in un tubo Röntgen. Oggi i betatroni sono quasi completamente sostituiti da a. lineari che vengono prodotti industrialmente con dimensioni molto ridotte, alta affidabilità, sistemi di controllo utilizzabili da personale non specializzato, facilità di manutenzione, e in genere con le caratteristiche necessarie per un funzionamento ottimale in ambiente ospedaliero. Già agli inizi degli anni Ottanta si contavano, nei paesi industrializzati, oltre 700 installazioni dotate di a. lineari, in maggioranza con energie inferiori a 10 MeV.
Il problema centrale della radioterapia è quello di produrre dosi elevate nella zona interessata dal tumore danneggiando il meno possibile i tessuti sani circostanti. Uno dei metodi più usati, in particolare per le installazioni a raggi X, è quello di far ruotare il fascio incidente attorno al punto da irradiare, così che questo riceva una dose specifica maggiore. Gli a. medici devono quindi in genere poter ruotare attorno al paziente, e i più moderni sono dotati di sistemi di controllo computerizzati che permettono di variare e ottimizzare i programmi di esposizione.
Un passo successivo è quello di utilizzare particelle cariche, tipicamen te protoni o ioni leggeri ma anche mesoni (esiste anche qualche esempio di utilizzo di neutroni). Il vantaggio deriva dalla ben definita distanza di pe netrazione, funzione dell'energia, accompagnata da un marcato incremento della ionizzazione specifica (picco di Bragg) in vicinanza del punto di ar resto. Ciò permette evidentemente una maggiore concentrazione della dose nella zona desiderata.
Sono oggi in funzione alcune decine di installazioni pilota, per lo più presso laboratori di fisica. Le energie di fascio necessarie sono tipicamente di 200÷500 MeV/nucleone e di conseguenza si richiedono dei PS o dei ciclotroni, possibilmente dotati di magneti superconduttivi per ridurne l'ingombro. A titolo di esempio diamo nella tab. 4a le caratteristiche principali del ciclotrone SC, iniettore di un sincrotrone ancora in progetto, di EULIMA (European Light Ion Medical Accelerator), un'installazione pilota dedicata, in costruzione a Nizza.
Anche l'attività di produzione di radioisotopi, per lo più a vita breve − per la quale sono molto adatti piccoli a. di protoni, tipicamente ciclotroni, con energie nell'ordine delle decine di MeV e potenze di fascio dell'ordine della decina di KW, ma possono anche venire usati altri tipi di a. con energie e potenze di fascio comparabili, tipicamente Linac per elettroni − è in grande sviluppo anche (ma non solo) in relazione al diffondersi di sistemi tomografici di emissione di positroni (PET).
Acceleratori per applicazioni industriali. −L'impiantazione ionica, cioè il bombardamento della superficie di un materiale con ioni accelerati allo scopo di impiantare, entro uno strato superficiale di spessore definito, gli atomi voluti con densità ben definita, è procedimento noto fin dagli anni Sessanta e diffuso sia nell'industria metalmeccanica sia soprattutto in quella dei semiconduttori dove sta soppiantando, per il drogaggio, le tecniche di diffusione. Secondo recenti stime funzionano nei paesi industrializzati oltre 1500 a. per impiantazione ionica e il loro tasso annuale d'incremento è superiore al 30%.
Essendo per una grande parte delle applicazioni sufficienti energie inferiori al MeV, gli a. più in uso sono semplici macchine elettrostatiche con correnti accelerate che possono arrivare fino a parecchi mA. Si estende però rapidamente l'uso di energie d'impiantazione di parecchi MeV per modificare le proprietà del materiale in profondità piuttosto che soltanto in superficie. A. tipicamente in grado di fornire le prestazioni richieste con dimensioni contenutissime e caratteristiche che si prestano al funzionamento in ambiente industriale sono i 'Quadrupoli a RF' detti RFQ (Radio Frequency Quadrupole; v. oltre, Acceleratori di nuova concezione); la commercializzazione di tali a. è già in atto e le caratteristiche tipiche di un RFQ appositamente studiato per l'impiantazione ionica sono date nella tab. 4a. Il bombardamento ionico ha anche altre applicazioni: citiamo quella della produzione di microfiltri, attraverso l'attacco chimico di materiale trattato con fasci ionici.
Altri importanti settori di applicazione degli a. − e in particolare di fasci elettronici di alta potenza ed energia compresa fra ≈0,3 e ≈3 MeV quasi sempre prodotti con a. lineari − riguardano l'irradiazione di materiali plastici per modificarne le proprietà chimico-fisiche, e la sterilizzazione di derrate alimentari, di acque nere e di fanghi. Già intorno alla metà degli anni Ottanta risultavano funzionanti oltre trecento impianti industriali di questo tipo. Nuove prospettive in questi campi si aprono con lo sviluppo degli a. lineari a induzione di grandissima potenza di cui si tratta più avanti (v. tab. 4b).
Vanno poi evidentemente ricordate la radiografia industriale e la saldatura a fascio elettronico. Vogliamo infine citare l'utilizzo di sorgenti RS per la realizzazione di circuiti integrati ad altissima densità e di componenti micromeccanici mediante processi litografici. L'altissima intensità, la collimazione, l'accordabilità in energia e la precisa definizione energetica dei fasci di raggi X prodotti per RS consente infatti di duplicare ad alta velocità, mediante procedimenti litografici, strutture submicrometriche (≈0,2 ÷0,5Μm) realizzate su di una maschera (generalmente usando fasci elettronici).
La RS permette inoltre di raggiungere rapporti profondità/larghezza delle strutture litografate superiori a 10, non ottenibili con altre tecniche e di estremo interesse anche per il campo oggi in rapidissimo sviluppo della micromeccanica. Le lunghezze d'onda più favorevoli sono nell'ordine di 1 nm e occorrono densità di potenza dell'ordine delle centinaia di mW/cm2 su aree dell'ordine di cm2. Alcune decine di anelli di accumulazione per litografia, compatti, con energie fra ≈0,5 e 1,5 GeV, con anelli a magneti superconduttivi o normali, sono in costruzione o in progetto nell'industria e nei laboratori di ricerca. Le caratteristiche di progetto principali di due di essi sono riportate nella tab. 4a.
Acceleratori di nuova concezione e stato delle ricerche nel campo delle tecniche di accelerazione per il futuro. − Acceleratori di nuova concezione. − Fra le macchine di più recente concezione sono certamente da ricordare, sia per i vantaggi che presentano rispetto ad a. consimili sia per la rapidissima diffusione avuta e il gran numero di applicazioni cui si prestano, il Quadrupolo a Radio Frequenza (RFQ), un a. compatto, a energia fissa, per protoni e ioni leggeri, e il Linac a Induzione, un a. lineare capace di altissime correnti.
Il quadrupolo a RF, la cui concezione è dovuta a I.M.Kapchinskii e V.A. Teplyakov, è costituito da quattro elettrodi metallici simmetricamente disposti intorno all'asse di propagazione del fascio, eccitati da un'opportuna tensione a radiofrequenza e incorporati in una camera da vuoto metallica che realizza, insieme agli elettrodi stessi, una struttura risonante alla frequenza di eccitazione. Gli elettrodi generano nella zona occupata dal fascio un campo elettrico con componenti sia longitudinali, acceleranti, che trasverse, focalizzanti. Il campo varia nel tempo, alla frequenza di eccitazione che è generalmente nell'ordine di 100÷200 MHz, e nello spazio (sia in direzione del moto che trasversalmente). La modulazione longitudinale si ottiene lavorando opportunamente i profili delle coppie opposte di elettrodi sul lato affacciato al fascio. La lavorazione dei profili determina le energie d'ingresso e di uscita e l'andamento dell'accelerazione desiderati.
Il RFQ è particolarmente adatto ad accelerare fasci continui, non relativistici in regime di carica spaziale, sia per la forte focalizzazione associata a una rapida accelerazione e sia perché provvede automaticamente alla modulazione del fascio continuo comprimendolo in 'pacchetti' sincroni con i campi a RF. Le energie utilmente ottenibili, tipicamente qualche MeV, i campi acceleranti nell'ordine di 0,6 ÷0,7 MV/m che portano a dimensioni estremamente ridotte, l'intensità e la qualità dei fasci, unite a un funzionamento estremamente semplice lo rendono il preacceleratore ideale per qualunque macchina a protoni o ioni leggeri. Ha infatti sostituito completamente, con grande vantaggio di costo, di prestazioni e d'ingombro, gli enormi a. elettrostatici necessari nel passato per l'iniezione nei PS. Le caratteristiche principali di un RFQ preiniettore sono date nella tab. 4a. Altre applicazioni sono state menzionate nel paragrafo precedente.
L'a. lineare a induzione (LIA: Linear Induction Accelerator) è una variante del betatrone: un fascio di particelle cariche, che può considerarsi come l'avvolgimento secondario di un trasformatore, viene accelerato da campi elettrici indotti da impulsi di corrente fatti passare in un avvolgimento primario. In un betatrone si ha un solo avvolgimento primario, quello che eccita l'elettromagnete, e il fascio fa da avvolgimento secondario (multispira, dato che circola molte volte sulla sua traiettoria circolare chiusa), nel LIA invece si hanno molti secondari, impulsati con le fasi opportune e disposti in linea, attraverso ciascuno dei quali il fascio passa una sola volta. I vantaggi della disposizione in linea sono evidenti dal punto di vista dell'iniezione e dell'estrazione ma anche la dinamica del fascio ne è avvantaggiata consentendo di accelerare correnti di picco nell'ordine dei kA. Inoltre, come in ogni trasformatore, possono in linea di principio raggiungersi valori molto elevati del rendimento nel trasferimento di potenza dalla rete al fascio. Le prestazioni sono essenzialmente legate allo sviluppo di tecnologie per la realizzazione dei modulatori che devono alimentare gli avvolgimenti secondari.
Il più recente LIA (ATA II), realizzato nei laboratori di L. Livermore (USA) in connessione principalmente con un programma di FEL per uso militare, è capace di accelerare correnti medie di elettroni nell'ordine di 1A con valori di picco di 10 kA. Raggiunge un'energia di 70 MeV con campi acceleranti dell'ordine di 1 MV/m e l'efficienza globale è dell'ordine del 50% o più.
Le applicazioni proposte o sperimentate di un tale strumento in campo scientifico, industriale, fusionistico, e anche militare, legate all'altissima densità di potenza ottenibile, all'accordabilità in energia e alla velocità di propagazione del fascio, sono evidentemente numerosissime; di alcune di esse si è fatto cenno più sopra.
Stato delle ricerche nel campo delle tecniche di accelerazione per il futuro. − Grazie ai progressi fatti dalla scienza e dalla tecnica degli a. che hanno consentito il contenimento dei costi cui si è fatto cenno nell'introduzione, è stato sino a oggi possibile sostenere, nell'ambito delle risorse esistenti, la spinta scientifica verso il raggiungimento di energie sempre più alte. Poiché tale spinta è lungi dall'essere esaurita, occorre che sorgano e vengano sperimentate idee e tecniche nuove in numero sufficiente ad assicurare che le stesse condizioni continuino a verificarsi nell'arco dei prossimi decenni. I grandi anelli di collisione per protoni e per elettroni − i veri protagonisti delle più recenti conquiste nel campo del rapporto fra costo ed energia disponibile − sembrano infatti aver toccato i limiti del loro sviluppo con LEP e con gli AC multi-TeV (SSC, LHC) in progetto per la fine del secolo. Ciò è particolarmente vero per gli anelli a elettroni per i quali l'irraggiamento pone limiti non aggirabili, ma vale anche per gli anelli a protoni, come appare considerando che il più grande ha raggiunto dimensioni di quasi cento km e un'energia al di sopra della quale l'irraggiamento diverrebbe comunque importante. La comunità degli esperti di a. sta quindi, da circa un decennio, investendo consistenti risorse nella ricerca di nuove idee e tecniche per le macchine a fasci collidenti del futuro e in particolare per collisori lineari.
Semplificando al massimo, i principali problemi da affrontare possono ridursi a:
a) aumento dei valori di campo accelerante, detto anche gradiente (di potenziale), per ridurre l'importante fattore di costo costituito dalle dimensioni dell'a.;
b) miglioramento dell'efficienza globale di trasferimento di energia dalla rete al fascio;
c) produzione di fasci intensi che possano essere focalizzati a dimensioni submicrometriche, per ottenere luminosità più alte a parità d'intensità di fascio, compensando così almeno in parte il calo delle sezioni d'urto con l'energia delle particelle.
Il primo e il secondo problema riguardano lo studio di nuove tecniche di accelerazione e/o il perfezionamento di quelle tradizionali, il terzo investe sia il campo delle sorgenti sia la dinamica e la focalizzazione di fasci intensi e sia anche i metodi diagnostici e di controllo dei fasci stessi. Fondamentali contributi per la risoluzione di questi ultimi problemi sono venuti da SLC, che è il primo modello di CL e l'unico in funzione, i cui parametri più significativi sono riportati nella tab. 1c.
Nel campo delle nuove tecniche di accelerazione sono stati avanzati, a partire dai primi anni Ottanta, un grandissimo numero di possibili schemi in grado, in linea di principio, di raggiungere gradienti fra circa 100 MeV/m e qualche GeV/m, e cioè fra uno e due ordini di grandezza maggiori di quelli oggi correnti. Gli schemi più interessanti si possono grossolanamente dividere in tre categorie:
− WFT (Wake Field Transformer), che utilizzano campi di scia prodotti da un fascio ausiliario in una struttura risonante;
− PA (Plasma Acceleration), nei quali una buca di potenziale, creata in un plasma e fatta viaggiare a un'opportuna velocità, cattura e trascina con sé delle particelle (pesanti) della giusta carica (vi si può ricondurre l'a. ad anelli elettronici [v. acceleratore, in App. IV, i] che però è risultato inadatto a raggiungere energie elevate);
− LA (Laser Acceleration), che utilizzano i campi elettrici di un'onda e.m. laser.
Dei PA fanno parte un certo numero di metodi (Beat wave accelerator, Surfatron, ecc.) che differiscono per il modo di creare la buca; incontrano tutti serie difficoltà a realizzare in laboratorio cammini di accelerazione dell'ordine del mm, per di più in un mezzo relativamente denso. Non ci sembra, oggi, che abbiano consistenti possibilità di essere applicati a un a. di alta energia nel quale il fascio deve sopravvivere ed essere accelerato su lunghezze di km.
Lo stesso ci pare possa dirsi degli LA, basati sull'utilizzo di componenti, parallele alla direzione di propagazione, del campo elettrico di un'onda e.m. (onde evanescenti in prossimità di un reticolo, effetto Cerenkov inverso, ecc.); soffrono infatti del fatto che le regioni fisicamente utili per l'accelerazione sono piccolissime e che gli schemi per generare i richiesti fasci laser di altissima potenza e mantenerli in fase nel tempo e su grandi distanze, se pure esistono, sono complicati e di non provata fattibilità.
Gli schemi WFT, anche se ancora in fase di sviluppo del tutto preliminare, sembrano invece più promettenti; uno di essi in particolare, proposto a DESY (Amburgo), è stato portato allo stadio di prototipo funzionante, se pure con prestazioni ancora lontane da quelle teoriche.
Il principio di funzionamento è il seguente: attraversando una struttura metallica un intenso e corto pacchetto di cariche eccita in essa dei campi e.m. depositando una frazione, che può essere non trascurabile, della propria energia. Con opportune geometrie del pacchetto di cariche e della struttura metallica, l'energia depositata può venire concentrata in un volume minore di quello iniziale, e di conseguenza dar luogo, in un istante successivo, a un'intensificazione del campo elettrico. Il fascio da accelerare deve evidentemente esser fatto passare nel momento e nel punto corrispondenti al campo elettrico accelerante più intenso; la massima energia che gli può venir ceduta è quella persa dal fascio eccitatore e, se la tensione di accelerazione è maggiore, l'intensità del fascio accelerato dovrà essere corrispondentemente minore di quella del fascio eccitatore. Si tratta quindi di un vero e proprio trasformatore, da cui il nome.
Per es., la struttura (a simmetria cilindrica) dell'esperimento di DESY, rappresentata schematicamente in fig., è formata da una serie di piatti forati al centro e con una fenditura anulare in periferia, racchiusi in un cilindro metallico. Il fascio eccitatore, relativistico, intenso e di bassa energia, è in forma di pacchetti di carica anulari (ottenuti bombardando un fotocatodo con un laser) e passa nella fenditura periferica; l'impulso di campo lasciato nella struttura ha componenti elettriche longitudinali intense, viaggia verso la periferia dei dischi e viene riflesso all'indietro, verso l'asse, dal cilindro metallico esterno. Convergendo verso l'asse il volume di campo si riduce e il campo elettrico aumenta, per un fattore che può superare 10 nella zona del foro centrale attraverso il quale verrà fatto passare il fascio, di minore intensità, da accelerare ad alta energia. È stato raggiunto, nella primissima fase dell'esperimento che ha richiesto vari anni di lavoro, un gradiente di 8 MV/m su alcuni cm.
La variante SPL (Switched Power Linac) del WFT utilizza, per generare gli impulsi di campo e.m. da comprimere, la scarica di elementi capacitivi attraverso interruttori molto rapidi, in genere azionati da luce laser e disposti sulla circonferenza esterna dei dischi. Modelli che hanno dimostrato la fattibilità di fattori di amplificazione fra 10 e 20 su piccola scala sono stati realizzati in vari laboratori (BNL, CERN).
Nel campo del perfezionamento di tecniche più tradizionali sono invece in avanzato stadio di progettazione, se pure con l'ammissione della necessità di parecchi anni ancora di ricerca e sviluppo, collisori lineari con energie dell'ordine di 1 TeV per fascio. Si ipotizza di realizzare gradienti nell'ordine dei 100 MeV/m in strutture acceleranti lineari a temperatura ambiente eccitate in regime impulsivo. Per contenere le dissipazioni si ricorre a strutture ad altissima frequenza, nell'ordine delle decine di GHz, con dimensioni trasverse dell'ordine del cm. Per generare le altissime potenze di picco necessarie (alcuni TW) vengono proposti sistemi non convenzionali, potenzialmente capaci di alta efficienza. Per lo più si ricorre a un fascio ausiliario (di alta corrente e bassa energia) formato da intensi pacchetti che viene (periodicamente) decelerato in strutture risonanti alla frequenza desiderata per estrargli la potenza impulsiva necessaria e quindi riaccelerato in un a. ausiliario (spesso SC), a basso gradiente, che corre parallelo alla struttura principale.
I problemi sono notevolissimi e riguardano tra l'altro: la produzione e l'accelerazione di fasci con le caratteristiche (altissime correnti di picco, bassissime emittanze, piccola dispersione in energia, ecc.) necessarie per realizzare le luminosità richieste nell'ambito delle potenze disponibili, la stabilità di fasci intensi in strutture risonanti chilometriche e con diametri di pochi mm, la realizzazione di zone di collisione con dimensioni dei fasci dell'ordine della decina di nm. I parametri principali di due nuovi progetti per altissime energie, CLIC (CERN Linear Collider) allo studio al CERN e KEK-LC giapponese sono riportati nella tab. 1c.
Notiamo qui che strutture acceleranti superconduttive, oltre a ridurre la potenza necessaria, potrebbero risolvere molti dei problemi di stabilità dei fasci. La ragione per cui gli attuali progetti non vi fanno ricorso è che i gradienti oggi ottenibili sono insufficienti. Si stima che una struttura SC diverrebbe economicamente, oltre che tecnicamente, vantaggiosa a gradienti dell'ordine di 40 MV/m; gradienti di quest'ordine sono già stati raggiunti in laboratorio su cavità di piccole dimensioni ma non in strutture di dimensioni reali adatte alla produzione di serie. L'intensa attività di ricerca e sviluppo in corso in questo campo potrebbe, quando portasse ai risultati sperati, modificare profondamente i criteri di progetto dei futuri CL. Vedi tav. f. t.
Bibl.: Free electronic laser, a cura di S. Martellucci, A. N. Chester, New York 1983; S. Humphreys jr., Principles of charged particle accelerators, ivi 1986; W. Scharf, Particle accelerators and their uses, ivi 1986; CERN accelerator school, Proc. II general acc. physics course, CERN 87-10, July 1987; Proc. workshop on new developments in particle accelerator techniques, CERN 87-11 and ECFA 87-110, Oct. 1987; Proc. I European particle accelerator conf., Roma June 1988; T. Weiland, G.A. Voss, Wake Field Transformation, DESY 89-037, March 1989.