acceleratore finanziario
Teoria macroeconomica che studia le relazioni tra mercati finanziari ed economia reale, dimostrando che la presenza di imperfezioni nei mercati del credito amplifica la trasmissione degli (➔) aggregati, sia di domanda sia di offerta, alle variabili macroeconomiche. La teoria fu inizialmente formulata in vari lavori di B. Bernanke e M. Gertler, tra cui Agency costs, net worth and business fluctuations («American Economic Review», 1989, 79, 1); tuttavia la locuzione a. f. compare per la prima volta nell’articolo The financial accelerator and the flight to quality di Bernanke, Gertler, e S. Gilchrist («The Review of Economics and Statistics», 1996, 78, 1). La teoria si basa su un modello macroeconomico di equilibrio economico generale, nel quale il contratto di prestito tra le imprese e i creditori è soggetto a un problema di (➔), perché i risultati d’impresa non sono direttamente verificabili dai creditori. In questa situazione, il contratto di debito ottimale prevede che i creditori esercitino un’attività di controllo dei risultati d’impresa nel caso in cui quest’ultima dichiari fallimento.
I costi di quest’attività di controllo sono coperti da un premio per il finanziamento esterno a carico dell’imprenditore. Il finanziamento esterno diventa quindi più costoso di quello interno, generando una deviazione dalla teoria di equivalenza del finanziamento formulata da F. Modigliani e M. Miller. Ancora più importante è il legame (negativo) tra il premio per il finanziamento esterno e il valore della ricchezza portata dall’imprenditore come garanzia del contratto: maggiori garanzie riducono i costi dell’attività di controllo da parte dei creditori. Questo legame è, infatti, foriero dell’interazione tra mercato finanziario ed economia reale. Quando si verifica uno shock positivo, sia esso di domanda o di offerta, il valore e l’ammontare degli investimenti salgono e, con essi, aumenta anche il valore della ricchezza portata in garanzia. In base alla relazione di cui sopra, un incremento del valore delle garanzie finanziarie produce un decremento del premio per il finanziamento esterno e quindi del costo che le imprese sopportano per finanziarsi. La riduzione dei costi del debito induce le imprese ad aumentare gli investimenti ulteriormente, generando quindi una successiva crescita della loro ricchezza. Il meccanismo induce un’amplificazione della risposta dell’investimento, del capitale e della produzione agli shock aggregati. Questo vale in presenza di shock sia positivi sia negativi: nel secondo caso, infatti, il circolo vizioso che si genera può spiegare crisi finanziarie e recessioni (B. Bernanke, Bankruptcy, liquidity and recession «American Economic Review Proceedings», 1981, 71, 2), come quella che ebbe inizio nel 1929 negli USA (➔ ).