ABŪ SA‛ĪD IBN ABĪ-'l-KHAIR
Mistico e poeta persiano nato a Maihanah nel Khorāsān il 967 (357 dell'ègira) e morto ivi il 1049 (440 dell'ègira). Nella storia del ṣūfismo (v.) egli occupa un posto notevole come spiccato rappresentante delle tendenze panteistiche che differenziano la corrente persiana da quella araba, benché l'ortodosso al-Ghazzālī lo rammenti con lode. Nella storia della poesia che a questa dottrina s'ispirò, è da ricordare come uno degl'iniziatori di quella forma simbolica e immaginosa che diventerà popolare con i poeti maggiori del ṣūfismo. Durante la sua lunga vita fu circondato da molta venerazione, ed ebbe rapporti con gli uomini più eminenti del mondo spirituale della sua età. Durante una sua breve dimora a Nīshāpū, ebbe occasione di conoscere anche il famoso Ibn Sīnā (Avicenna), che, si racconta, espresse su di lui questo giudizio: "Tutto quello che io so, egli lo vede". Le sue poesie hanno la forma della quartina (rubā‛ī) e da lui questo breve componimento ripete l'impronta sentenziosa, fra mistica e scettica, che gli è caratteristica come genere (v. persia: letteratura); ma è da rilevare che delle più che 600 quartine a lui attribuite e pubblicate, assai poche sono autentiche.
Bibl.: I. Pizzi, Storia della poesia persiana, Torino 1894, I, p. 202 segg.; H. Ethé, Neupersische Litteratur in Grundriss der Indoiranischen Philologie, II, p. 273 segg.; E. G. Browne, A literary history of Persia, Londra 1906, II, pp. 261-269, e soprattutto R. A. Nicholson, Studies in Islamic Mysticism, Cambridge 1921, pp. 1-76.