CASTELLO (Castilho), Abramo Isacco
Nacque ad Ancona nel 1726 da Giuseppe. All’età di tredici anni venne inviato a Livorno ove trovò occupazione nella lavorazione e nel commercio del corallo. Una buona voce e una spiccata attitudine allo studio lo fecero rivolgere, ben presto, alla carriera religiosa. Divenuto ḥazzan (cantore) al tempio maggiore alla morte di Adamo Bondi (o Bondì), del quale aveva sposato la figlia maggiore, proseguì nello studio dell'ebraico. dello spagnolo e della teologia rabbinica divenendo mashil (predicatore) nel 1753 e, il 27 marzo 1757, ricevette il titolo di rabbino. Fu predicatore in spagnolo e poeta in ebraico, acquistando un notevole prestigio in seno alla comunità. Durante gli anni 1780-1789, insieme con un socio, Eliezer Saadun, fu titolare di una stamperia dai torchi della quale uscirono numerosi e pregevoli libri (Sonnino ne ha potuti indicare trentasei), tra cui una edizione corsiva dello Zōhar (1789) e una, molto elegante, dell’antologia di viaggiatori in Terrasanta di Yakob Ben Moses Ḥayyim Baruch, Shibḥē Yerushalaim [Le lodi di Gerusalemme] (1785), il cui frontespizio è riprodotto in Encycl. Jud., IV, Jerusalem 1971, col. 275. Dopo la morte del C. il Saadun continuò da solo l’attività tipografica fino all’anno 1808.
Il C. ebbe due figli, Giuseppe Vita (Ḥayyim) e Samuele, che furono, entrambi, medici. Giuseppe Vita, nato nel 1746, si addottorò all’università di Pisa in filosofia e medicina nel 1766 e fu autore di una Lettera medico-critica, dedicata al granduca Pietro Leopoldo di Lorena (poi imperatore Leopoldo II), pubblicata a Livorno nel 1774 dopo la sua morte, ed esercitò la professione medica a Livorno. Una sua storia della medicina in Toscana è rimasta incompiuta.
Il C. conobbe, forse, il Lessing, quando questi, in compagnia del duca Leopoldo di Brunswick, visitò la Toscana nel 1775. S. D. Luzzatto, in una lettera ad A. Geiger del 3 marzo 1851, così scriveva: “Ne connaissez-vous pas le Rabbin de Livourne Abr. Isaac Castello, qui a perdu un fils docteur? Je ne doute point que ce soit ce méme Rabbin et poète (ou peutétre son fils médecin), qui a fait une si bonne impression sur Lessing et sur le prince de Brunsvich”. Il duca lo avrebbe definito “più grande anche di Mendelssohn”.
Morì nel 1789.
Della sua opera rimane ben poco. Delle sue orazioni ne sono state stampate solamente due: una Oracion doctrinal recitada en nuestra scuela en el Savato de Quitabò [ki-tạbō’: “quando sarai entrato”, Deut., 17, 14, l’inizio dei passo del Pentateuco che veniva letto] (Livorno 1753), nella quale interpretava i quattro carri della visione di Zacc., 6, come le personificazioni dell’ira, dell’invidia, dell’accidia e della lussuria, ed una seconda orazione per la morte dell’imperatore Francesco I, pronunciata anch’essa in spagnolo e pubblicata insieme ad una traduzione italiana dovuta al figlio Giuseppe Vita: Orazione funebre e componimenti diversi per la morte dell’augustissimo imperatore de’ Romani Francesco I Granduca VIII di Toscana celebrati dalla nazione ebrea di Livorno (Livorno 1765). Si ha anche notizia di una terza orazione manoscritta: “Una predica di lui in spagnolo manoscritta possiede l’ecc.mo Rabb. Colombo regalatagli dal fu farmacista Samuele Castelli, suo discendente. Tradotta in italiano... dal prof. David Castelli egli pure della stessa famiglia” (Lattes-Toaff, Gli studi, p. 17 n. 1).
Anche della sua produzione poetica rimane poco. Durante la sua vita, egli pubblicò un dramma allegorico, Ḳōl millin [Il suono delle parole (Giobbe, 33, 8)] in occasione delle nozze tra Aaron Ergas e Deborah Da Costa (Livorno 1765); un poemetto di ventidue sestine intitolato Minḥah hadashāh [La nuova offerta] (Livorno 1785) e una composizione per le nozze di Salomone Michell comparsa nel volumetto miscellaneo ebraico e italiano offertogli per l’occasione, Shema‚ Shelomoh [Ascolta, Salomone] (Livorno 1788), pp. 5-18 della parte ebraica ed alcune delle sue poesie sono state stampate dallo stesso Salomone Michell in Composizioni poetiche (Livorno 1788). Come ha precisato Shirman, che ne ha riportato cinquantacinque versi del Canto della gelosia nella sua antologia della poesia ebraica italiana, Ḳōl millin è, piuttosto, una lunga “cantata” con istruzioni per le varie melodie, senza una vera e propria divisione in atti. Vi partecipano personificazioni della saggezza, ricchezza, virtù, gioia, gelosia e verità; un vecchio rappresenta il tempo e vi è un coro finale. Il modello imitato è evidentemente La-yesharim tĕhillāh [L’elogio della giustizia] di Mosè Ḥayyim Luzzatto, composto nel 1743, a sua volta sul modello del Pastor Fido del Guarini. Dopo la sua morte, quattro componimenti poetici, scritti per celebrare la conclusione di importanti lavori di restauro compiuti nel tempio maggiore nel 1789, furono editi da I. H. Frosolone e da M. A. Piazza nel volume Ḳōl rinnāh [La voce giubilante (Is., 48, 20)] (Livorno 1790), pubblicato per la circostanza. Abramo Benedetto Piperno ha incluso diciotto sue poesie in una raccolta di poesie ebraiche: Ḳōl ‘ugāb [La voce dell’organo] (nn. 10, 17, 22, 41-44, 53-63 e 65). Più di recente, Alfredo Toaff ha stampato quindici quartine del C. in occasione delle nozze Lattes-Bonaventura nel 1904. Come poeta, il C. seguì gli schemi allora in uso: a parte le poesie puramente d’occasione (epitalami, epitaffi, ecc.), i suoi componimenti sono o satirici o gnomici. Il verso è vario: terzine, quartine, sestine e ottave; la lingua, un ebraico biblico quasi puro.
Estratti di una sua opera halakica inedita, Siyaḥ Abrāhām [La meditazione di Abramo], sono stati incorporati in un libro di preghiere quotidiane, Tĕfillāh zakkāh [La preghiera pura], una edizione speciale del formulario uscita dalla sua tipografia l’anno stesso della sua morte (Livorno 1789). Vi sono esposti gli usi e le costumanze della comunità livornese con l’indicazione delle circostanze che ad essi hanno dato luogo.
Fonti e Bibl.: Tutte le notizie biogr. derivano, direttamente o indirettamente, dalla lunga nota del Piperno in Ḳol ‘ugāb (Livorno 1846), pp. 78-81; H. Neppi-M. S. Ghirondi, Tolĕdot gĕdolī Ysra’el wega’oni ’Italiah [Storia dei grandi d’Israele e dei notabili d’Italia], a cura di E. R. Ghirondi, Trieste 1853, pp. 16-22 [Ghirondi] e p. 284; M. Roest, Catalog der Hebraica und Judaica aus der L. Rosenthal’schen Bibliothek, Amsterdam 1875, I, p. 256; S. D. Luzzatto, Epistol. italiano, francese, latino, Padova 1890, p. 734; M. Steinschneider, Monatschr. für Gesch. und Wiss. des Jud., XLIII (1899), pp. 568 s.; A. Toaff, Una poesia inedita di A. C., Livorno 1904; A. Lattes-A. Toaff, Gli studi ebraici a Livorno nel sec. XVIII Malahì Accoen, Livorno 1909, pp. 16-18; D. W. Amram, The Makers of Hebrew Books in Italy, Philadelphia 1909. pp. 400 s.; G. Sonnino, Storia della tipogr. ebraica di Livorno, Torino 1912, pp. 37-41; A. B. Rhine, The secular Hebrew poetry of Italy, IV, The age of Moses Hayyim Luzzatto, in Jew. Quart. Rev., n. s., II (1911-1912), pp. 45 ss.; S. Morais, Italian Hebrew Literature, New York 1926, p. 218; H. Shirman, Mivḥār ha-shira-’ivrit be- ’Italiāh [Antologia della poesia ebraica italiana], Berlin 1934, pp. 423 ss.; Id., Hati’atron wehamusikah bĕ shekonot hayehudim be ’Italiāh [Teatro e musica nei ghetti italiani], in Zion, XXIX (1964), p. 99; M. Kayserling, The Jewish Encyclopedia, III, p. 607 ab; S. Winiger, Grosse jüdische Nationalbiographie I, p. 512 a; U. Cassuto, in Encyclopaedia Judaica, V, Berlin 1930, col. 85; Encyclopaedia Judaica, V, Jerusalem 1971, coll. 238 s. Sul figlio Giuseppe Vita: Archivio di Stato di Pisa, Università di Pisa, 2° deposito D, II, 8, C. 25t; H. Neppi-M. S. Ghirondi, Toledot, pp. 22, 186; M. Kayserling, The Jew. Encycl., III, p. 607b; Cassuto, Encycl. Jud., V, col. 85.