PORTALEONE, Abraham
PORTALEONE, Abraham (Abraham ben David). – Nacque a Mantova il 18 marzo 1542 (secondo il calendario ebraico il 1° Nisan 5302) da David, proveniente da una famiglia ebraica probabilmente originaria di Roma che aveva dato i natali a illustri medici.
Il bisavolo Guglielmo (Beniamino) fu medico di Ferdinando I re di Napoli, che lo insignì del titolo di cavaliere («spectabilis miles ac artium et medicine doctor», Archivio notarile di Milano, Atti dei notai, notaio Castiglioni Giovanni fu Rigolo, 1466) e in seguito di Galeazzo Maria Sforza, duca di Milano. Il figlio di Guglielmo, Abramo, prozio di Portaleone, fu medico di Guidobaldo I della Rovere, duca di Urbino, e di Federico II Gonzaga, marchese e dal 1530 duca di Mantova.
Abramo fu molto probabilmente quel ‘Mastro Abram’, citato anche da Pietro Aretino nel suo Pronostico satirico (§17, Del duca di Mantova), che invano cercò di salvare la vita a Giovanni de’ Medici ‘dalle Bande Nere’, ferito mortalmente nel 1526. Il fratello di Abramo, Lazzaro, fu medico del condottiere Giovanni da Sassatello, detto Il Cagnaccio, e del conte Pirro Gonzaga, avendo avuto da papa Alessandro VI la dispensa di curare anche i cristiani, che le norme canoniche proibivano di essere curati da medici ebrei.
Portaleone ricevette un’ampia educazione sia nella tradizione rabbinica sia negli studi profani. Suo padre gli procurò i migliori insegnanti del tempo. Rabbi Meir Katzenellebongen di Padova e rabbi Josef Sarko furono i suoi maestri nello studio della Torah e dei commenti rabbinici. Con rabbi Josef Sinai studiò il Mishne Torah di Mosè Maimonide. A Bologna fu allievo di rabbi Jacob Fano, che lo introdusse allo studio della Gemarah e delle opere dei ‘decisori’ (poskim), nell’applicazione delle norme legali talmudiche (halakha). Tornato a Mantova, Portaleone continuò gli studi con Judah Provenzali e con rabbi Abraham ben David Provenzali, che gli insegnò anche latino e filosofia.
Con Abraham Provenzali, Portaleone studiò medicina all’Università di Pavia, dove, con una dispensa pontificia, si addottorò il 22 marzo 1563, ricevendo il titolo dottorale da Giulio Delfino, conte Palatino e professore nella medesima Università, come si evince dal diploma di laurea pubblicato da Vittore Colorni (1934).
Gli statuti del Collegio dei medici di Mantova prevedevano l’ammissione di medici ebrei previa una formale petizione al duca e dietro pagamento di una tassa d’iscrizione più cara di quella dei colleghi cristiani. Ricevuta la concessione dal duca Guglielmo Gonzaga (15 maggio 1565), Portaleone fu esaminato da una commissione e ammesso nel Collegio il 3 dicembre 1566 (Archivio di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, Università degli ebrei, 9, 3391).
Dopo la bolla Cum nimis absurdum di papa Paolo IV del 14 luglio 1555, anche a Mantova la politica relativamente tollerante dei Gonzaga nei confronti degli ebrei cominciò a cambiare. Su pressione del vescovo Angelo Peruzzi, visitatore apostolico, il duca Guglielmo emanò, il 1° marzo 1576, un editto in cui, tra l’altro, si vietava ai medici ebrei senza particolare privilegio di curare cristiani. Tuttavia, Portaleone ottenne dal duca Guglielmo dapprima un permesso speciale per curare suo cugino Massimiliano, signore di Luzzara, e in seguito, grazie all’appoggio di diversi nobili mantovani, e in particolare del conte Camillo di Castiglione, il duca rilasciò per decreto (18 settembre 1577) un privilegio che consentiva a Portaleone di curare tutti i cristiani del Ducato mantovano. Il privilegio ducale fu riconosciuto da papa Gregorio XIV dopo lunghe ed estenuanti trattative solo nel 1591.
Nonostante quanto è stato a volte affermato, Portaleone non fu mai nominato medico di corte dei Gonzaga: non vi è alcun accenno nella sua autobiografia alla fine degli Shilte ha-gibborim (Gli scudi dei forti), né vi sono documenti che lo provino. Da lettere conservate nell’Archivio di Stato di Mantova si apprende, però, che Portaleone curò occasionalmente diversi membri della famiglia Gonzaga.
Dei suoi quattro figli (David, Lazzaro, Yehuda e Rebecca), solo David continuò le tradizioni mediche della famiglia: si addottorò in filosofia e medicina all’Università di Padova il 19 marzo 1597 e ricevette da papa Clemente VIII (13 novembre 1598) la dispensa per curare anche pazienti cristiani. A David, Portaleone lasciò la sua ricca biblioteca medica e filosofica comprendente circa mille opere.
Il 25 febbraio 1576 Portaleone sfuggì a stento a un attentato alla sua vita tramato da certo Agostino, figlio di Raffaello, per motivi non chiari. Questo fatto non è menzionato da Portaleone nella sua autobiografia, ma è ricordato in una lettera di Isaak Chajjim (Vitale) Cantarini (1644-1728) al pastore protestante Christian Theophil Unger (1671-1719) pubblicata da Samuel David Luzzatto (1860).
Un ictus che lo colpì nell’estate del 1605 e gli paralizzò la parte sinistra del corpo fu considerato da Portaleone come un’ammonizione divina a tornare allo studio della Torah. Come segno di pentimento e riparazione per aver trascurato gli studi religiosi, Portaleone iniziò a comporre nel 1606 gli Shilte ha-gibborim che terminò un anno più tardi. L’opera fu pubblicata a proprie spese nell’anno della sua morte, avvenuta il 29 luglio 1612.
Gli Shilte ha-gibborim (Mantova 1612) sono l’opera principale di Portaleone, l’unica scritta in ebraico, dedicata ai suoi tre figli maschi, David, Eliezer (Lazzaro) e Yehuda. Il libro è diviso in tre parti, denominati da Portaleone ‘scudi’, contenenti preghiere e passi tratti dal Talmūd, dai midrashim (ossia testi esegetici rabbinici) e dallo Zohar per lo studio e la meditazione. Alla fine dell’opera è annessa un’autobiografia. Come introduzione è premessa una descrizione del Tempio Salomonico in 90 capitoli. Nella dedica Portaleone afferma che fu mosso a comporre l’opera dalla sua improvvisa malattia e dal desiderio di fornire ai suoi figli (e ai lettori) un mezzo utile di preghiera e di meditazione per agevolarli nello studio assiduo della Torah e per prevenire il peccato di trascurarla a causa degli studi filosofici. Tuttavia Portaleone non si limita alla descrizione del Tempio. Gli arredi, i sacrifici e la liturgia offrono lo spunto per ampie digressioni di argomenti profani e scientifici. All’inizio è premesso come introduzione un trattato sull’alfabeto latino, greco e di altre lingue reali e immaginarie. Nella descrizione del Tempio sono poi inserite trattazioni di musica e strumenti musicali (capp. 4-13); di fisionomia con riferimenti al De historia animalium di Aristotele (cap. 38); di politica (cap. 40); di strategia militare secondo le teorie classiche e rinascimentali dell’arte bellica (capp. 41-43); di pietre preziose e mineralogia (capp. 48-49, 54); di zoologia con descrizione delle proprietà terapeutiche attribuite agli animali (capp. 50-53); di medaglie e monete con liste dei cambi e il prezzo delle perle secondo le quotazioni sul mercato veneziano dell’anno 1606 (capp. 54-56); di pesi e misure (cap. 72); di differenti tipi di olio e di vino (cap. 75); di vari tipi di sale con descrizione del procedimento di estrazione anche dal sangue animale e umano (cap. 76); di botanica, spezie e profumi (capp. 78-88). Il capitolo 88 contiene anche una minuziosa descrizione del processo di distillazione e della fabbricazione dell’alambicco.
La varietà degli argomenti mostra chiari paralleli con i contenuti delle Wunderkammer o degli studioli che erano di moda ai tempi di Portaleone e che si richiamavano in modo più o meno esplicito al Tempio Salomonico. Le tendenze neoplatoniche e cabbalistische dell’epoca consideravano il Tempio Salomonico come un microcosmo, simbolo e rappresentazione della struttura armonica dell’universo e dell’uomo. Il tema di Dio come Architetto del mondo, diffuso sia nella cultura ebraica sia in quella cristiana, si associava al Tempio il cui modello fu dato da Dio stesso a Davide e da questi consegnato per la realizzazione a suo figlio Salomone (cfr. Cronache 28, 11-19). Portaleone fu certamente ispirato dalla mnemotecnica classico-rinascimentale, in particolare dalle teorie di Giulio Camillo Delminio (le cui opere erano presenti nella biblioteca di Portaleone, come è provato dall’inventario dei suoi beni) che tentò di realizzare nel suo ‘Teatro della memoria’ la rappresentazione visuale di un sapere enciclopedico richiamandosi esplicitamente a Salomone. L’apparente contraddizione di argomenti religiosi e mondani si risolve così nella descrizione del Tempio stesso. Esso diventa principio ontologico ed epistemologico, è ‘Theatrum sapientiae’, raffigurazione di un sapere enciclopedico in cui si realizza l’unione armonica di sapienza divina e conoscenza umana.
In latino Portaleone compose un trattato in forma di dialogo sulle proprietà dell’oro: Dialogi tres de auro, in quibus non solum de auri in re medica facultate, verum etiam de specifica eius et ceterarum rerum forma seu duplici potestate, qua mixtis in omnibus illa operatur, ad Sereniss. Dom. Guil. Gonzagam (Venetiis, apud Ioannem Baptsitam a Porta, 1584). Nel dialogo tra Dynachrysus, l’alter ego di Portaleone, e Achryuasmus, la sua controparte, non si discute solo sulle proprietà dell’oro. Il discorso si allarga al valore della scienza e all’affidabilità dell’esperienza nei confronti dell’autorità degli antichi autori e della tradizione. Il dialogo si svolge in una trattazione epistemologica sul valore e sui limiti della conoscenza umana nella ricerca del corretto metodo da adottare nella sperimentazione scientifica. Pur riconoscendo il valore dell’esperienza e della ricerca scientifica, ne vengono però anche riconosciuti i limiti che non consentono all’uomo di raggiungere la verità ultima dei fenomeni naturali nota solo a Dio.
Nella sua autobiografia Portaleone cita ancora due opere latine: una raccolta di ricette mediche e un’altra di consulti rivolti ad altri colleghi cristiani. Questi scritti rimasero inediti e sono confluiti probabilmente in una raccolta composta dal nipote di Portaleone, Guglielmo, conservata alla Biblioteca nazionale di Parigi: Avraham Portaleone, Responsorum et consultationum medicinalium liber. Per me David eius filium collectae et conscriptae cum indice locupletissimo Anno MDCVII (Ms Latin 13004).
Gli Shilte ha-gibborim furono utilizzati da Menasse ben Israel nel suo El Conciliador (I-IV, Amsterdam 1633-1651) e da Yom Tov Lipmann Heller (1579-1654) nel commento al trattato Middot della Mishna (Praga 1614-1617). Rabbi Yoel Löwe (alias Brill) cita l’opera di Portaleone nell’introduzione al commento ai Salmi con la traduzione tedesca di Moses Mendelssohn (Berlino 1785-1791).
Portaleone fu recepito anche da autori cristiani. Gli Shilte ha-gibborim furono una delle fonti principali utilizzate da Johann Christoph Wagenseil nel commento alla sua traduzione latina del trattato Sota (Altdorf 1674). Wagenseil rese noto Portaleone tra gli studiosi tedeschi del XVII-XVIII secolo che si occuparono del Tempio e delle antichità ebraiche (per esempio, Johann Oelreich, Johann Lund, Josias Heinrich Opitz, Johann Jakob Quandt).
Per la parte musicale fu decisiva la citazione di Athanasius Kircher nella Musurgia Universalis (Roma 1650). Grazie a Kircher la trattazione di Portaleone sulla musica del Tempio fu recepita da diversi autori del XVII-XVIII secolo (A. Senert, Exercitationum philologicarum Eptas altera, IV, De Musica, Wittenberg 1678; W.C. Printz, Historische Beschreibung der edelen Sing- und Klingkunst, Dresden 1690; J. Hawkins, A general history of the science and practice of music, London 1785; J.N. Forkel, Allgemeine Geschichte der Musik, Lipsia 1788). Diversi capitoli della descrizione del Tempio furono tradotti in latino con testo ebraico (molto scorretto) da Biagio Ugolini e inclusi nel suo Thesaurus antiquitatum sacrarum (Venezia 1744-1769).
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, Università degli ebrei, 9, 3391, dove si conserva un albero genealogico della famiglia Portaleone dell’anno 1577. Alberi genealogici della famiglia Portaleone, lacunosi e imprecisi, sono allegati negli articoli di M. Mortara (1886) e M. Steinschneider (1863), per i quali v. oltre. Più precisi sono gli alberi genealogici pubblicati da D. Kaufmann, Leone de Sommi Portaleone, der Dramatiker und Synagogengründer von Mantua, in Gesammelte Schriften, I-III, Frankfurt am Main 1908-1915, III, pp. 303-318, in partic. p. 314, e da V. Colorni (1934), per il quale v. oltre. Un albero genealogico basato su quelli di Kaufmann e Colorni e aggiornato secondo nuove conoscenze documentarie è stato pubblicato da Miletto nella traduzione tedesca degli Shilte-ha-gibborim, I, 2002, p. 20 e ristampato nella monografia, Glauben und Wissen, 2004, p. 14.
S.D. Luzzatto, Schreiben des Dr. L.V. Cantarini an Pastor Ch. Th. Unger [in ebraico], in Otzar Nechmad, 1860, n. 3, pp. 137-141; G. Wolf, Eine Familie jüdischer Ärzte, in Allgemeine Zeitung des Judentums, XXVI (1862), 44, pp. 625 s.; M. Steinschneider, Die Familie Portaleone - Sommo, in Hebräische Bibliographie, VI (1863), pp. 48-49; M. Mortara, Un important document sur la famille des Portaleone, in Revue des études juives, XII (1886), pp. 113-116; G. Jarè, Alcune notizie sopra Avraham Portaleone juniore, David e Guglielmo Portaleone, in Il Corrispondente israelitico, XXVIII (1889-90), pp. 246-248; L. Luzzatto, Appunti storici sulla famiglia Portaleone, in Il Vessillo israelitico, XLIII (1895), pp. 154 s.; V. Colorni, Note per la biografia di alcuni dotti ebrei vissuti a Mantova nel secolo XV, in Annuario di studi ebraici, I (1934), pp. 169-182 (rivisto e ristampato in We- Zo’t le Angelo. Raccolta di studi giudaici in memoria di Angelo Vivian, a cura di G. Busi, Bologna 1993, pp. 189-198); C. Roth, The history of the Jews of Italy, Philadelphia 1946, pp. 202 s.; V. Colorni, Sull’ammissibilità degli ebrei alla laurea anteriormente al secolo XIX, in Rassegna mensile di Israel, XVI (1950), pp. 202-216, in partic. pp. 214-216 (ristampato in Judaica Minora Judaica Minora. Saggi sulla storia dell’ebraismo italiano dall’antichità all’età moderna, Milano 1983, pp. 473-489, in partic. pp. 487-489); C. Roth, The Jews in the Renaissance, New York 1959, pp. 220-223; N. Shapiro, Avraham Portaleone - Physician and encyclopedist, and the book Shiltei ha-Gibborim (in ebraico), in Ha Rofe ha-Ivri, I-II (1960), pp. 109-116, 173-176; S. Simonsohn, History of the Jews in the Duchy of Mantua, Jerusalem 1977, pp. 584, 637 s., 642-648; D. Ruderman, Kabbalah, magic and science. The cultural universe of a sixteenth-century jewish physician, Cambridge (Mass.)-London 1988; A. Guetta, Avraham Portaleone from science to mysticism, in Jewish studies at the turn of the twentieth century. Proceedings of the 6th EAJS Congress Toledo July 1998, a cura di J. Targarona Borrás - A. Sáenz-Badillos, II, Leiden-New York 1999, pp. 40-47; Id., Avraham Portaleone, le scientifique repenti, in Torah et science: perspectives historiques et théoriques. Études offerts à Charles Touati, a cura di G. Freudenthal - J.-P. Rothschild - G. Dahan, Paris-Louvain-Sterling 2001, pp. 213-227; Shilte-ha-gibborim: Die Heldenschilde, tradotta e commentata dall’ebraico al tedesco da G. Miletto, I-II, Frankfurt am Main 2002; G. Miletto, Glauben und Wissen im Zeitalter der Reformation. Der Salomonische Tempel bei Avraham ben David Portaleone (1542-1612), Berlin-New York 2004; A. Berns, Avraham Portaleone and Alessandro Magno: Jewish and christian correspondents on a monstrous birth, in European journal of jewish studies, V (2011), 1, pp. 53-66; D. Harrán, In search of the ‘Song of Zion’: Avraham ben David Portaleone on music in the ancient temple, in European journal of jewish studies, IV (2011), 2, pp. 215-239; G. Miletto, La biblioteca di Avraham ben David Portaleone secondo l’inventario della sua eredità, Firenze 2013; D. Harrán, Three early modern hebrew scholars on the mysteries of song, Leiden-Boston 2014.