CONAT (Conath, Cunat, Conatì), Abraham (Abraham ben Shlomo ben Baruch)
Nacque probabilmente a Conat, nella contea del Rossiglione, da Shlomo (Salomone) di Baruch.
Il luogo di nascita, o almeno di origine della famiglia, è desumibile dal cognome adottato, secondo l'uso ebraico, dal C.: esso compare anche nella forma Conatì, e cioè Conatese (cfr. Colorni, p. 119, n. 34 s.). I nomi del padre e del nonno sono indicati compiutamente dal C. stesso nel colophon del cod. ex Sassoon 516 di Londra. Il nonno Baruch, "rabbì" - come poi il figlio Shlomo e il nipote Abraham - usava anche chiamarsi Bendit, secondo la traduzione francese del proprio nome, come risulta da una nota di possesso sul cod. Hebr. 72 dell'università di Cambridge (S. M. Schiller Szinessy, Catalogue of the Hebrew Mss. ..., Cambridge 1876, n. 243); anch'egli, come il figlio Shlomo, usava "Conat" come cognome.
Prima testimonianza dell'attività del C. in Italia è probabilmente un manoscritto parmense del De Rossi (G. B. De Rossi, Mis. codd. hebraici bibliothecae I. B. De Rossi, Parmae 1803, n. 828), copiato a Cortona nel 1441 da un Abraham ben Shlomo, da identificarsi col C. sia perché nell'Italia di allora non risultano altri amanuensi ebrei di tal nome, sia perché la forma delle lettere è simile a quella dei caratteri che più tardi userà nella sua tipografia (cfr. Colorni, p. 116 n. 16).
Sicuramente del C., inoltre, è una preghiera all'inizio del cod. Ross. 532della Bibl. Ap. Vat., in cui dichiara di avere scritto la breve opera a Siena: è quindi quasi certo che egli abbia vissuto abbastanza a lungo in Toscana, tra Siena e Cortona. Poiché nel citato Sass. 516 il C.si dichiara dottore in medicina, è ipotizzabile che si fosse laureato nello Studio senese. Alla medicina il C., come era consuetudine dell'epoca, dovette aggiungere studi di astronomia: il cod. Monacense 261 riporta ai ff. 108-111v un suo elenco delle eclissi degli anni tra il 1464 e il 1476.
Nel 1457 il C. era a Mantova, dove esercitava l'attività di amanuense, che doveva essere la sua principale: nel maggio infatti terminava di copiare il Ba'al ha-Lashon (Padrone della lingua) di Josef Zark (Londra, British Library, Hebr. 976: cfr. G. Margoliouth, Catalogue of the Hebrew and Samaritan mss. in the British Museum, London 1912, pp. 303 s.).
Al dizionario del grammatico spagnolo il C. aggiunse di suo, in fine, una selichà e una derashà;tra l'una e l'altra, a f. 173, una nota in cui accenna al suo lungo vagare tra una nazione e l'altra, e al suo casuale arrivo a Mantova dove era stato accolto e protetto dallo Zark stesso (Colorni, p. 116). Nella colonia ebraica mantovana, vivamente interessata al confronto tra la propria cultura e quella dell'ambiente umanistico locale, le capacità di copista del C. furono certamente apprezzate: è probabile che qui egli abbia trascritto anche, per Mattatià ben Natan, il citato cod. 516 della Sassoon Library di Londra (ora dispersa), contenente il Pentateuco (cfr. D. S. Sassoon, Ohel David. Descriptive catalogue of the Hebrew and Samaritan mss. in the Sassoon Library, London, London 1932, p. 22).
Nel 1472 a Mantova veniva introdotta la stampa e il C. - come avvenne ad altri amanuensi - dovette concepire un vivissimo interesse per la nuova arte, cui non molto dopo decise di dedicarsi interamente.
Certo è che il C., primo a Mantova, creò - sul modello della propria grafia - suoi caratteri ebraici; altro fatto accertato è che egli agì come tecnico dell'arte, associato a soci finanziatori. Infatti nei colophon delle sue stampe più importanti (Sefer Josippon, Nofet Tzufim, Orach Chajim, Perush cal ha-Torà)egli si definisce sempre "il piccolo della compagnia", e cioè il socio minore. Incerta, e assai dibattuta, è la cronologia delle edizioni del C., poiché una sola delle sue stampe - l'Orach Chajim del 1476 - è datata. Gran parte degli studiosi, e per primo il De Rossi (Annales, p. 11), ritenne che il C. avesse datato il primo dei suoi lavori, e avesse poi trascurato di indicare l'anno in tutti i successivi; il complesso della sua opera tipografica fu attribuito pertanto a Mantova e agli anni tra il 1476 e il 1480.
Ma recentemente V. Colorni ha ribaltato la cronologia tradizionale, dimostrando molto probabile che il tipografo abbia stampato l'Orach Chajim al termine di tutta la sua produzione mantovana, prima cioè di trasferirsi a Ferrara e di stamparvi l'ultima e la più importante delle sue edizioni, la Perush cal ha-Torà di Levì ben Gherson. Secondo la ricostruzione del Colorni, il C., che a Mantova conobbe il banchiere Angelo (Mordechai) Finzi, avrebbe trovato in lui - fors'anche per il comune interesse per l'astronomia - il mecenate finanziatore della sua tipografia: avrebbe quindi stampato come prima impresa editoriale, s. l. né d., le brevi Luchot (tabelle della durata del giorno nel corso dell'anno) di 8 cc. (L. Hain, Rep. bibl., n. 10.279)del Finzi stesso. La stampa dovrebbe risalire al 1475 al massimo, essendo il Finzi morto tra il 6 settembre e il 5 dicembre di quell'anno; se poi, come prospetta il Colorni (p. 127), la data fosse il 1474, il C.sarebbe allora certamente il primo stampatore in ebraico d'Italia, dato che le altre prime edizioni conosciute, di Piove di Sacco e di Reggio Calabria, sono dell'anno seguente. Immediatamente successivo alle Luchot dovrebbe essere il più impegnativo Sefer Josippon (Cronaca ebraica) di Josef ben Gorion, s. l. né d., di 136 cc. (Hain, n. 784; W. A. Copinger, Suppl., n. 7814; R. Proctor, Index to the early printed books..., n. 6905);nello stesso periodo, tra il 1474 e il 1475, sarebbe uscita dalla tipografia del C., s. l. né d., la Bechinat 'Olam (Esame del mondo) di Jedajà ha-Peninì, di 20 cc. in 4° (Proctor, n. 6907; Hain, n. 9367; Indice generale degli incunaboli..., n. 5100).
Per motivi che ci sfuggono, l'opuscolo nel colophon non porta il nome del C., ma vi figura come stampatrice la moglie, Estellina, "con l'aiuto di Jacob Levi provenzale di Tarascona". L'Habermann ritenne che l'opera di Estellina fosse l'ultima stampata nella tipografia del C.: d'altronde nel colophon la moglie parla del C. come vivente e in buona salute. Resta comunque l'eccezionalità del fatto che una donna si fosse assunta la responsabilità di una edizione intorno all'anno 1475.
Sicuramente nell'anno 1475, secondo il Colorni (pp. 126 s.), il C. stampò, s. l. né d., il Nofet Tzufim (Succo dei favi), opera retorica di Jehudà ben Jechiel detto. "messer Leon", di 172 cc. in 4° (Hain, n. 9370; Proctor, n. 6904; I.G.I., n. 5102). La Bibl. Ambrosiana di Milano conserva del Nofet Tzufim un ms. (Hebr. 91), terminato a Ferrara da Menachern ben Eliahu min ha-Adumin (De Rossi) il 12 ott. 1474, vicinissimo alla stampa: infatti sia il codice (a f. 210v) sia l'edizione (subito dopo il colophon) riportano otto versi ebraici del C. in onore di Jehudà; il manoscritto, inoltre, attribuisce al C. il titolo di rabbi (Colorni, p. 119 n. 34). Contemporaneamente al Nofet Tzufim, secondo lo Steinschneider (col. 924), potrebbe essere stata stampata, senza indicazioni tipografiche, la Sefer (Lettera) di Eldad ha-Danì, di 14 cc. in 4° (Proctor, n. 6903), che nella copia bodleiana è in calce all'opera di messer Leon.
Unica data certa relativa all'attività di tipografo del C. è, come si è accennato, il 6 giugno del 1476, data in cui terminava di stampare il primo dei quattro "Ordini" di Jacob ben Ascher, l'Orach Chajim (Sentiero della vita) di 129 cc. in folio (Hain, n. 1883; Proctor, n. 6901; I.G.I., n. 5091).
Il colophon, l'unico in cui il C. dia complete indicazioni di luogo, tipografo ed anno, ci fornisce tra l'altro il termine ad quem per la morte del padre Salomone, che vi è detto "di buona memoria": ma principalmente è di notevole interesse per le notizie fornite sul ritmo di lavoro della tipografia, di cui il C. appare orgoglioso. Stampando in folio, egli dichiara di imprimere su ogni carta quattro colonne sul recto e altrettante sul verso, giungendo a stampare ben 1000 colonne (e quindi 500 pagine) al giorno, produzione allora notevolissima (Colorni, p. 125 n. 59).
Poco dopo la stampa dell'Orach Chajim vi è un episodio di difficile interpretazione: il 25 giugno del 1477, infatti, il tipografo ferrarese Abraham ben Chajim pubblicava il Jorè De'à (Chi insegna la sapienza) di Jacob ben Asher in un volume di 91 cc., le cui prime 31 provengono inequivocabilmente dalla tipografia del C. (Proctor, nn. 5746, 6902; Hain, n. 1884; I.G.I., n. 5093).
Il C. quindi aveva iniziato la stampa del JorèDe'à, secondo "Ordine" di Jacob, come logica prosecuzione dell'Orach Chajim:laparte già stampata fu però ceduta al correligionario ferrarese, che la proseguì usando per i fogli rimanenti i caratteri della propria tipografia e legando insieme in volume le due parti. Le ragioni del fatto, secondo il Colorni (p. 124), potrebbero essere ricercate nella morte di Angelo Finzi, probabile socio finanziatore del C., avvenuta, come già detto, tra il 6 sett. e il 5 dic. 1475 (ibid., n. 54); il C. si sarebbe trasferito a Ferrara dove, dopo aver ceduto i suoi fogli del JorèDe'à, avrebbe potuto stampare l'ultima e la più bella delle sue edizioni, la Perush 'al ha-Torà, col finanziamento del banchiere ferrarese Abramo da Cologna.
La filigrana di alcune copie, secondo il Nissim (pp. 47 s.), fa ritenere che l'opera, sia stata stampata a Ferrara, e non a Mantova come si riteneva precedentemente; l'ipotesi ferrarese è rafforzata dal fatto che nel colophon il C. afferma di aver compiuto l'impresa in società con Abraham Jedidià da Cologna Veneta, e cioè con il ricco banchiere ferrarese Abramo di Dattilo, marito di una nipote di Angelo Finzi (Colorni, pp. 122 s. e nn. 46-50). Dell'opera, Abramo di Dattilo non può essere stato che il finanziatore; se la ricostruzione proposta dal Colorni è esatta, la stampa dovrebbe datarsi al 1477. Certo è che l'editio princeps dell'importante Perush 'al ha-Torà (Commento al Pentateuco) di Levì ben Gherson, s. l. né d., di ben 408 cc. in folio (Proctor, n. 6906; Hain, n. 10.060; I.G.I., n. 5751) rappresenta l'opera più impegnativa del Conat.
Incerti sono il luogo e la data della morte: unico termine a quo certo è, come si è visto, il 6 giugno 1476, data dell'Orach Chajim.
Diverse sono le ipotesi sugli ultimi dati di tempo e di luogo relativi alla biografia del C.: Mantova e il 1480, secondo la tradizione bibliografica iniziata dal De Rossi ma mai provata; Ferrara e il 1477, secondo la ricostruzione del Colorni; altra ipotesi possibile è che il C., trasferitosi a Ferrara, vi abbia stampato prima la Perush 'al ha-Torà e sia poi morto nel corso della composizione del Jorè De 'hà, i cui fogli iniziali sarebbero allora stati ceduti dai suoi eredi ad Abraham ben Chajim. In quest'ultima ipotesi i termini della morte del C. sarebbero ristretti al periodo seguente al 6 giugno 1476 e precedente al 25 giugno 1477.
Incerto è se il C. possa identificarsi col rabbi Abraham Conatì autore di una perduta opera grammaticale intitolata Choshen Mishpat ossia Pettorale del giudizio (Colorni, p. 120).
Bibl.:Fondamentale ormai per la biografia e la discuss. critica sul C. è il saggio di V. Colorni, A. C., primo stampatore di opere ebraiche in Mantova, e la cronologia delle sue ediz., in La Bibliofilia, LXXXIII (1981), pp. 113-28, cui si rimanda anche per l'amplissima bibliografia. Qui ci si limiterà a ricordare i saggi e le opere generali indispensabili per lo studio del C. e della sua opera: G. B. De Rossi, Annales hebraeo-typographici saec. XV, Parmae 1795, pp. 9-13, 19 s., 111 ss., 116 ss.; M. Steinschneider, Catalogus librorum hebraeorum in Bibliotheca Bodleiana, Berolini 1852, coll. 924, n. 4934/1; 1186, n. 5500/20; 1188 s., n. 5500/30; 1283 s., r. 5670/1; 1332 s., n. 5724/1; 1549 s., n. 6033; 1611, n. 6138/3; 1658 s., n. 6224/1; 2866, n. 7957; A. Freimann Thesaurus typographiae hebraicae, Berolini 1924, pp. 18, 22 s., 27; A. M. Habermann, Ha-madpis A. C. ve-otjotav (Il tipografo A. C. e i suoi caratteri), in `Alim. Blätter für Bibliographie und Gesch. des Judentums, II (1936), pp. 81-87 (poi in Perakim be-toldot ha-madpissim ha-ivrim [Studi sulla storia degli stampatori e dei libri, ebraici], Jerusalem 1978, pp. 3-12); L. Pescasio, L'arte della stampa a Mantova nei secc. XV, XVI, XVI, Mantova 1959, p. 89; D. Nissim, Nel V centenario delle prime stampe ebraiche (1475-1975), in Atti e mem. dell'Acc. Patavina di sc., lett. e arti, LXXXVIII (1975-1976), pp. 44 n., 10, 47 s. e n. 22; S. Simonsohn, History of the Jews in the Duchy of Mantova, Jerusalem 1977, pp. 680 s., 705; Enc. Judaica (Berlin), V, p. 640; Enc. Judaica (Jerusalem), V, col. 861; Jewish Encyclopaedia, IV, p. 205.