GANCE, Abel
Regista, attore, sceneggiatore e produttore di cinema francese, nato a Parigi il 25 ottobre 1889, morto ivi il 10 novembre 1981. L'esordio come poeta, alcuni testi teatrali e i primi non insicuri passi come attore precedono l'attività di sceneggiatore, di produttore e di regista, inauguratasi con La digue (1911).
La folie du Docteur Tube (1916) ne rivela la propensione a sperimentare nuove possibilità linguistiche ed espressive che trovano applicazione in Napoléon (Napoleone, 1926), nel quale per la prima volta adopera uno schermo triplo (vi appaiono contemporaneamente tre scene diverse provenienti da tre proiettori autonomi ma sincronizzati).
L'accoglienza non è quella attesa da G. che, deluso, rimane inattivo come regista fino al 1930, quando dirige e interpreta La fin du monde (La fine del mondo), il suo primo film parlato e sonoro, di cui saggia la permeabilità all'uso di sovrimpressioni e di lenti deformanti, un tipo di ricerca non certo adatta al pubblico, anche se impone G. all'attenzione della critica, che nel contempo gli rimprovera di avere come costante obiettivo l'esibizione di una bravura dietro la quale c'è solo il mestiere, per quanto di alto livello. In realtà le scelte di G. sono ormai orientate verso vicende di agevole consumo, scritte appositamente per lo schermo ovvero desunte dalla letteratura e dalla storia. Si va così da soggetti originali d'intensa melodrammaticità, come Mater dolorosa (Desiderata, 1932), Paradis perdu (Paradiso perduto, 1939), La vénus aveugle (La venere cieca, 1940), alla trasposizione di romanzi popolari, quali Le roman d'un jeune homme pauvre (Il romanzo di un giovane povero, 1935), Le voleur de femmes (Ladro di donne, 1937), Capitain Fracasse (La maschera sul cuore, 1942-44), La tour de Nesle (La torre del piacere, 1954), inframmezzati a drammi storici manipolati, a biografie romanzate di personaggi famosi: Napoléon Bonaparte (1934-35), Lucrèce Borgia (Cesare e Lucrezia Borgia, 1935), Un grand amour de Beethoven (Un grande amore di Beethoven, 1936).
Con ambizioni artistiche più o meno accentuate (ma, per unanime giudizio, quasi mai realizzate) questi film e gli altri (oltre una quarantina) da G. diretti o ai quali ha comunque partecipato in veste a volta a volta o contemporaneamente di soggettista, sceneggiatore, supervisore, hanno in comune un fervore creativo non sempre limpido perché tradisce il desiderio d'impressionare lo spettatore con giochi di abilità tecnica, esorbitante sfarzo scenografico e vere e proprie passerelle di attori e attrici.