Sissako, Abderrahmane (forma francesizzata di ῾Abd al-Rahmān)
Regista cinematografico mauritano, nato a Kiffa il 13 ottobre 1961. Nella sua opera risultano costanti e fondamentali le tematiche del viaggio e dello sradicamento dalle proprie radici, di cui ha reso testimonianza attraverso l'esperienza personale sia nelle forme del diario filmato sia in quelle della finzione. Pur con una filmografia apolide, tra Europa e Africa, S. ha saputo ridare voce alla cinematografia della Mauritania, tra le più povere di tutto il continente.
Dopo aver trascorso parte dell'infanzia e l'adolescenza in Mali, è rientrato in Mauritania nel 1981. L'anno seguente si è trasferito in Unione Sovietica per frequentare il VGIK, dove si è diplomato nel 1989. Gli elementi caratteristici del suo cinema, ossia lo spostamento e la sosta, l'erranza fisica e interiore, la solitudine e il silenzio, caratterizzano già la sua opera prima, il saggio di diploma prodotto dal VGIK dal titolo Igra, noto come Le jeu (1990), in cui con tratti visionari e un uso limitato dei dialoghi S. rende percepibile la tensione per fatti non visti o appena accennati. Un senso di mistero percorre il cortometraggio ambientato in un villaggio musulmano nel deserto del Turkmenistan, durante un imprecisato conflitto: un padre di famiglia, presumibilmente una spia, dopo un giorno e una notte trascorsi a casa in licenza si rimette in cammino, mentre il figlio e gli amici giocano alla guerra. Anche il secondo film di S., Octobre (1993), una coproduzione franco-sovietica, è stato girato durante il suo soggiorno in Russia, ed è ambientato a Mosca, in spazi urbani opprimenti e desolati, ove uno studente africano dà l'addio alla sua compagna russa e alla città. S. in questo caso realizza una dolente analisi dei rapporti umani, con immagini in bianco e nero dai forti contrasti, elaborando il rapporto con la memoria e il viaggio, con le radici e la forzata lontananza dalla propria terra. L'Africa vi appare come un luogo evocato e distante cui S. si è poi avvicinato lentamente, film dopo film. Nelle sue opere successive il deserto risulta spazio immenso e mutante dove i personaggi e lo stesso regista si avventurano nel tentativo di ritrovare le proprie identità infrante. Così, in un deserto misterioso e suggestivo si colloca Le chameau et les bâtons flottants (1995) tratto dalla favola di J. de La Fontaine; mentre Sabriya, episodio della serie televisiva Africa dreaming (1997), ha per protagonista una giovane donna che a bordo di un treno raggiunge uno sperduto caffè nel deserto, luogo immutabile frequentato da uomini che ne hanno fatto la loro dimora, perturbando con la sua presenza quel modo di vivere sospeso in una dimensione atemporale. Rostov-Luanda (1997), mediometraggio girato in video, costituisce il fondamentale raccordo tra i lavori del primo periodo e i successivi lungometraggi di finzione; è il diario filmato di un viaggio nel tempo presente e nella memoria, alla ricerca di un amico, combattente nella guerra di liberazione angolana, incontrato nel 1980 a Rostov. Questo punto di partenza serve a S. per avvicinarsi ulteriormente all'Africa, al luogo della propria origine (il villaggio natale, dove si reca per salutare la famiglia) così come a zone devastate da decenni di guerra (l'Angola). Il diario filmato assume nuove forme nel lungometraggio La vie sur terre, episodio della serie televisiva L'an 2000 vu par... (1998), insignito di diversi premi, che inizia con un breve prologo in Francia e prosegue a Sokolo, piccolo villaggio del Mali, dove il regista (qui anche attore), a spasso in bicicletta, osserva i comportamenti degli abitanti e coglie un ritmo di vita lontano dalle frenesie occidentali e dalle attese per il nuovo millennio, aderendo, con il proprio sguardo e con umorismo sottile, a un modo diverso, più aperto di comunicare. In questa direzione si colloca anche Hérémakono, noto anche come En attendant le bonheur (2002), anch'esso premiato in vari festival, magnifico saggio sulla luce e sulla comunicazione al di là della parola, sulla vita e sulla morte, girato in un villaggio di pescatori sulla costa della Mauritania circondato dal deserto, dove un giovane, che non conosce la lingua locale, è in attesa di partire per l'Europa.
G. Gariazzo, Poetiche del cinema africano, Torino 1998, pp. 78-80; A. Speciale, Abderrahmane Sissako: pour l'amour du hazard, il faut partir, in "Écrans d'Afrique", 1998, 23, pp. 23-32.