abbellire (abbellare)
Gallicismo frequente nella lirica del tempo di D. (cfr. Chiaro Sì m'abelisce vostro parlamento, e Come 'l fantin 3). Come D. stesso ci dice nella serie sinonimica da lui istituita in Cv II VII 5 ‛ soave ' è tanto quanto ‛ suaso ', cioè abbellito, dolce, piacente e dilettoso, ha il senso di " rendere bello, soave, dolce, piacevole ". Qui D. chiaramente si rifà a Uguccione da Pisa che nelle sue Derivationes stabilisce un nesso tra suavis e suadeo : " et a ‛ suavis ' ‛ suadeo, es, suasi, suasum ', hortari, consulere, monere; quod autem dicitur ‛ suadere ' quasi ‛ suavia dare ' ". Di conseguenza era facile stabilire la corrispondenza suasum-suavis = suaso-soave e quindi abbellito. Né va dimenticato che in ciò pesava un elemento fondamentale dell'insegnamento retorico, per cui il momento della ‛ persuasione ' comportava il conferire soavità o bellezza (suavia dare) all'argomentazione, tanto da renderla più convincente. Questo intende D. in Cv II VI 6 lo dicitore massimamente dee intendere a la persuasione, cioè a l'abbellire, de l'audienza, VI 7 (due volte), IV XXIV 2, XXV 12, XXX 2. Intransitivo pronominale in Cv II VII 12 Ed è bel modo rettorico, quando di fuori pare la cosa disabbellirsi, e dentro veramente s'abbellisce, e in Pd XXII 24 'nsieme più s'abbellivan con mutüi rai. Ha invece costruzione intransitiva senza particella pronominale, in Pd XXXII 107 colui ch'abbelliva di Maria. Nota lo Scartazzini che D. qui " usa il verbo abbellire; altrove abbellirsi.
Lieve differenza, ma pur v'è. Là sono molte anime che si fanno più belle, irraggiandosi l'un l'altra reciprocamente. Qui è S. Bernardo che riceve, quasi inconsapevolmente, bellezza da Maria in quanto affisandosi in lei partecipa del suo splendore ".
Talora a. mantiene il significato originario del francese-provenzale abel(h)ir ("piacere ", " esser gradito "), come in Fiore I 2 un fior che m'abbellia, e XCI 6 vita di nessun non m'abbellisce; e così in Pd XXVI 132 secondo che v'abbella (ma il Parodi si mostrava esitante e non escludeva che possa trattarsi di un congiuntivo da ‛ abbellire '). Estensivamente, intransitivo pronominale, in Detto 174 vale " compiacersi ": lo me' cor s'abbella / di non le mai affare, di non esser degno di lei (cioè della donna).
Nell'esempio di Fiore LXXXIX 14 Po' van la povertà altrui abbellendo, prevale invece il significato di " lodare ", " vantare " (Parodi). V. anche ADORNARE.