LORSCH, Abbazia di
(Lauresham nei docc. medievali)
Abbazia benedettina, dedicata ai ss. Pietro, Paolo e Nazario, situata in Germania, nella regione dell'Assia, nei pressi della città di Bensheim, lungo il corso del fiume Weschnitz.La prima fondazione di L. risale agli anni 762-763, quando Cancor, conte dell'Oberrheingau, e sua madre Williswinth promossero la costruzione di un monastero privato nobiliare su un terreno di loro proprietà. La guida spirituale dell'abbazia venne affidata al vescovo di Metz, s. Crodegango (m. nel 766), apparentato con la famiglia dei fondatori. I primi monaci chiamati a far parte della comunità religiosa provenivano dall'abbazia di Gorze (dip. Moselle), appartenente allo stesso Crodegango, il quale poi impose come suo successore a L. il fratello Gundeland (764/765-778). La fase iniziale di fondazione del monastero si chiuse nel 765 con la traslazione delle reliquie del martire romano s. Nazario. La sua tomba fu da subito meta di pellegrinaggi e numerose furono le donazioni che si susseguirono in questi anni da parte della nobiltà e del popolo. In seguito a ciò si decise, nel 767, di procedere alla costruzione di una seconda abbazia più grande, poco distante dalla prima (ca. m. 300), su un terreno donato dal fratello del conte Cancor, Thurincbert.Nel 772, in seguito a dispute relative allo stato giuridico del cenobio intercorse tra la famiglia dei fondatori e l'abate Gundeland, Carlo Magno decise di concedere uno speciale privilegio regio che rendesse L. direttamente dipendente dalla Corona e libera da ingerenze esterne. Nel 774, alla presenza dello stesso Carlo Magno, avvenne la solenne consacrazione della nuova abbaziale da parte dell'arcivescovo di Magonza s. Lullo (754-786).La potenza e la ricchezza di L. ebbero uno sviluppo immediato e le sue proprietà, alla fine del sec. 8°, si estendevano dal lago di Costanza sino alle foci del Reno. In questi anni vennero completate le strutture di gran parte del complesso monastico: all'abate Helmerich (778-784) si dovettero, nell'abbaziale, il rivestimento a cassettoni del soffitto, il pavimento e soprattutto la decorazione in oro e argento della tomba di s. Nazario; all'iniziativa dell'abate Richbod (784-804) spettarono la messa in opera di un pavimento in marmo davanti all'altare maggiore e la costruzione di una serie di edifici monastici in pietra a S dell'abbaziale stessa; infine, all'abate Adelog (804-837) si possono attribuire diversi restauri e lavori di completamento all'interno e all'esterno del complesso. A partire dall'847, al tempo dell'abate Samuele (837-856), L. si legò strettamente al re franco Ludovico II il Germanico (m. nell'876), che, riconfermando all'abbazia i precedenti privilegi, la dotò di nuovi possedimenti e le offrì ingenti donazioni. Lo stesso re venne poi sepolto all'interno dell'abbazia, nella cappella sepolcrale ricordata nelle fonti con il nome di ecclesia varia, fatta erigere da Ludovico III il Giovane (m. nell'882), nella quale in seguito vennero tumulati egli stesso e il figlio Ugo.Nel periodo tra l'895 e il 948 il controllo dell'abbazia fu affidato a vari vescovi, fra i quali si ricordano Adalberone di Augusta (m. nel 909), Attone I di Magonza (891-913) ed Ebregiso di Minden (927-950). In seguito all'adesione di L., nel 951, alla riforma monastica di Gorze, l'imperatore Ottone I nel 956 concesse nuovamente l'autonomia al cenobio, elevandolo a monastero regio ed elargendo inoltre privilegi di mercato e di dogana. La rinascita politica ed economica di L. è rivelata indirettamente anche dalla rinnovata attività costruttiva. Al tempo dell'abate Gerhard (951-972) l'atrio dell'abbaziale fu ricoperto con lastre di piombo, mentre all'interno della chiesa venne innalzato un pulpito e rinnovato il pavimento, con lastre di marmo dall'altare della Croce fino al centro dell'edificio; sotto l'abate Regimbald (1018-1032) fu approntato un complesso programma architettonico e decorativo che interessò la fronte della chiesa. Nel 1052 è documentata infine la solenne riconsacrazione della ecclesia varia, con la dedicazione a Maria, agli apostoli e a tutti i santi, da parte di papa Leone IX (1049-1054).Dopo un periodo di interregno - durante il quale venne temporaneamente controllata dall'arcivescovo di Amburgo, Adalberto - L. sotto la dinastia salica continuò a godere degli antichi privilegi e di larga autonomia gestionale. Gli abati che si susseguirono tra la fine del sec. 11° e gli inizi del 12° tentarono di introdurre la riforma hirsaucense.La crisi economica dell'istituzione monastica cominciò a manifestarsi a partire dal sec. 11°, in seguito alla progressiva alienazione dei beni e ai crescenti oneri finanziari nei confronti dell'istituzione regia, aggravatisi al tempo di Enrico V (1106-1125) e di Lotario III (1125-1137), che condussero L. a una progressiva decadenza, fino al definitivo allontanamento dei Benedettini, ai quali subentrarono nel 1231 i Cistercensi, per volere di papa Gregorio IX (1227-1241). In quegli anni L. si trovò al centro di gravi conflitti politici, risolti definitivamente nel 1248 con l'affidamento dell'abbazia ai Premostratensi, che vi rimasero sino al 1557.Numerosi interventi di ristrutturazione architettonica fecero seguito all'incendio degli edifici monastici avvenuto nel 1090. La chiesa venne parzialmente restaurata dall'abate Anselm (1088-1101), ma la riconsacrazione avvenne solo nel 1130. L'abate Folcnand (1141-1148) promosse la ricostruzione dalle fondamenta dell'intero complesso, poi completato dall'abate Heinrich (1151-1167), al quale si deve, in particolare, una nuova pavimentazione dell'abbaziale; si ha notizia infine di una riconsacrazione nel 1266 e della distruzione delle torri della chiesa monastica, a causa di un fulmine, nel 1358.L. venne interessata da una serie sistematica di scavi a partire dagli anni Trenta a cura di Behn (1934), che esplorò sia l'area del primo insediamento, occupata solo per pochissimi anni, sia quella successiva, che divenne poi la sede definitiva della comunità. Le esplorazioni hanno apportato fondamentali elementi di indagine per la ricostruzione dell'assetto architettonico generale delle fabbriche dell'abbazia durante il Medioevo, di cui si conservano oggi solo frammentarie e isolate testimonianze.L'indagine archeologica del sito originario dell'abbazia, in località Kreuzwiese, ha portato al riconoscimento di gran parte delle strutture del complesso monastico, che si distribuivano intorno a un chiostro quadrangolare (lato m. 16), sul cui angolo nord-ovest venne scavato un pozzo. La piccola chiesa - mononave con coro sporgente a terminazione rettilinea, diviso dall'aula longitudinale da una recinzione - si collocava a S ed era preceduta a O da un vano della stessa ampiezza, probabilmente un atrio.Gli scavi intrapresi nella nuova sede dell'abbazia hanno condotto al ritrovamento della chiesa, di cui si sono conservati solo i fossati di fondazione, e di una serie di sculture a essa pertinenti, fra cui alcuni capitelli di pilastro dall'elegante decorazione fitogeometrica. L'edificio presenta una lunghezza di m. 45,50 e un'ampiezza di m. 21,75, anche se la difficoltà di distinguere i primitivi muri di fondazione rispetto agli interventi di ampliamento successivi ha comportato - riguardo soprattutto alla terminazione orientale, non chiaramente definibile - una problematica ricostruzione dell'assetto generale originario dell'edificio.L'icnografia dell'abbaziale risulta comunque relativamente semplice, con tre navate, senza transetto e con un complesso organismo architettonico a O, a costituire una specie di coro occidentale, riconducibile alla tipologia del Westwerk. L'alzato originario di tale struttura si articolava in due - o forse tre - torri, con passaggio aperto alla base e basso corpo centrale, affiancato da piccole torri scalari che conducevano a un ambiente superiore, destinato probabilmente a un altare. L'edificazione di tale corpo di fabbrica si data contemporaneamente a quella dell'abbaziale, anche se venne forse completata solo agli inizi del 9° secolo. La tomba di s. Nazario era collocata molto probabilmente nelle vicinanze del coro orientale, benché gli scavi non ne abbiano rivelato alcuna traccia certa.All'interno del complesso monastico un'attenzione del tutto particolare merita la Torhalle, un edificio isolato che si eleva a una distanza di m. 70 ca. dall'abbaziale, a O e perfettamente in asse con questa. Unica testimonianza monumentale ben conservata del periodo carolingio, tale costruzione presenta al piano terreno, su entrambi i lati lunghi, un portico aperto su tre arcate sorrette da pilastri a sezione rettangolare, ai quali si appoggiano semicolonne sormontate da semicapitelli di stile composito, dalla raffinata lavorazione, che sostengono a loro volta un architrave ornato da motivi fitomorfi stilizzati. Il piano superiore si qualifica per la presenza di dieci esili paraste scanalate terminanti con semicapitelli ionici a sorreggere timpani cuspidati ornamentali. L'articolazione della parete risulta priva di qualsiasi funzione architettonica e gli elementi descritti sono semplicemente applicati su un fondale - qualificato in modo coloristico e decorativo da una serie di piastrelle in pietra bianca e rossa di forma rettangolare, quadrata ed esagonale, che rivestono tutta la superficie delle pareti -, che, nell'esplicito richiamo all'architettura provinciale romana, trova i suoi precedenti più significativi nel Römerturm (secc. 1°-2°) a Colonia e soprattutto nel battistero di Saint-Jean (secc. 5°-6°) a Poitiers (dip. Vienne).Sui lati brevi due basse torri scalari (quella nord completamente ricostruita nel secolo scorso) conducono al piano superiore, dove si apre un ampio vano rettangolare, sulle cui pareti è un affresco, ampiamente reintegrato, riproducente un loggiato composto da un basso muro, decorato con quadrati di diverso colore, su cui si appoggiano colonne con capitelli ionici a sorreggere un architrave modanato.Rimane ancora del tutto sconosciuto l'uso di tale struttura, dalla chiarissima impronta classicheggiante: le testimonianze storiche, infatti, non forniscono alcuna indicazione a tale proposito. Sono state avanzate varie ipotesi sull'argomento, fra le quali la più accreditata risulta quella che vede nella Torhalle un edificio di carattere profano, riservato ai sovrani carolingi durante le loro visite nel monastero, anche se non è possibile escludere del tutto una sua eventuale funzione religiosa, come forse potrebbe testimoniare indirettamente la presenza, rilevabile nello strato più antico delle pitture, di grandi figure, probabilmente santi, oggi quasi scomparse. L'uso religioso dell'ambiente risulta certo comunque a partire dal Tardo Medioevo, come attesta lo strato di affresco più recente con la rappresentazione di un ciclo mariano, datato all'ultimo decennio del 14° secolo.La tipologia architettonica della Torhalle rappresenta, secondo alcuni, un esplicito richiamo agli archi trionfali romani del tipo a tre fornici - in particolare a quello dell'imperatore Costantino a Roma -, come dimostrerebbero le tre arcate d'ingresso, le semicolonne addossate, la suddivisione in due piani dell'alzato e, infine, l'isolamento dell'edificio all'interno del cortile antistante l'abbaziale. Tali osservazioni hanno condotto a un'interpretazione in chiave simbolica del monumento, che testimonierebbe, nel chiaro riferimento a un modello architettonico legato al primo imperatore cristiano, la volontà da parte dei rappresentanti della dinastia carolingia di identificarsi con la figura storica di Costantino e di ereditarne la prestigiosa carica istituzionale.Stabilire comunque un riferimento cronologico certo per la Torhalle di L., priva di documentazione storica al riguardo, e che concordemente gli storici, fino ad anni recenti, legavano a Carlo Magno, non è più possibile dopo lo studio di Jacobsen (1985), che ne ha spostato la datazione al tardo periodo carolingio, in base alle relazioni individuate tra le decorazioni delle pareti esterne del monumento e il materiale scultoreo proveniente dalla ecclesia varia. Quest'ultima è una sorta di cripta esterna alla quale si accedeva attraverso una scala, utilizzata come cappella sepolcrale regia dalla dinastia dei Carolingi della parte orientale dell'impero, annessa al coro orientale dell'abbaziale e collocata rispetto a questa a m. 4 più in basso. La costruzione, che presenta una pianta semplice costituita da una navata con abside semicircolare, molto probabilmente coperta a botte, deve il suo nome alla ricchezza delle decorazioni, pittoriche e scultoree che l'adornavano, di cui sono stati rinvenuti numerosi frammenti. Il sarcofago, scoperto nel corso di scavi dei primi anni del sec. 19° nell'area adiacente alla ecclesia varia (Karolingische Torhalle mit Lapidarium und Mus. im Kurfürstlichen Haus), presenta su tutti e quattro i lati un'elegante decorazione classicheggiante - costituita da una serie di colonne, posizionate su un alto stilobate a gradini, con capitelli ionici sorreggenti un architrave modanato - che trova innegabili punti di contatto con la decorazione pittorica e scultorea della Torhalle. Dalla serie di dati raccolti si può ragionevolmente desumere che il sarcofago, che al suo interno conteneva un corpo avvolto da un abito in seta decorato con borchie d'oro, appartenesse a un sovrano sepolto all'interno della ecclesia varia: forse Ludovico II il Germanico o Ludovico III il Giovane.La realizzazione di alcuni edifici monastici all'interno del complesso religioso è documentata nel Codex Laureshamensis, al tempo dell'abate Richbod, nell'ultimo quarto del sec. 8°, così come la costruzione di un muro di recinzione a difesa dell'abbazia, ancora in parte conservato, nel quale si aprivano cinque porte. Intorno al chiostro, situato sul lato nord dell'abbaziale, si distribuivano varie fabbriche, fra cui, sul lato meridionale, gli scavi condotti hanno messo in luce un ambiente suddiviso da una fila di colonne, interpretabile probabilmente come il refettorio. Le fonti documentano con precisione l'edificazione, sempre al tempo dell'abate Richbod, di una ecclesia triplex e del dormitorio dell'abbazia, in sostituzione di uno precedente in legno, a essa collegato. Behn (1934) ha riconosciuto, giustamente, tale struttura in un piccola costruzione, rinvenuta nel corso delle indagini, dotata di tre navate e coro sporgente a terminazione rettilinea, situata accanto all'ala est degli edifici del chiostro e probabilmente destinata originariamente a dormitorio della comunità. Le fonti ricordano, inoltre, che l'altare della ecclesia triplex, dedicato a s. Pietro, venne decorato dall'abate Adelog (804-837). All'interno dell'abbazia sono documentate infine altre cappelle intitolate ai ss. Giovanni Battista, Stefano, Ulrico e Afra, delle quali non si è conservata alcuna traccia.Nei secoli successivi sono attestati numerosi altri interventi architettonici relativi all'abbaziale, anche se non risulta chiaro in che modo essi modificarono l'assetto originario dell'edificio.Il cantiere più importante venne aperto probabilmente in seguito all'incendio che devastò l'abbazia nel 1090 e che rese necessario un lungo periodo di ricostruzione. Un primo restauro provvisorio è attestato sotto l'abate Anselm e una riconsacrazione avvenne nel 1130. Un più radicale intervento si dovette invece all'abate Folcnand, che ricostruì dalle fondamenta gran parte del complesso monastico; a questa fase vanno attribuiti gli attuali resti del prolungamento dell'abbaziale, di cui si conservano unicamente le tre campate della navata centrale. La nuova facciata - della quale rimane una parte della parete orientale, inglobata fra i rimaneggiamenti successivi di età gotica risalenti alla metà del sec. 14° - si componeva di due torri laterali e un ambiente centrale, dove si apriva un grande ingresso ad arco. In questo periodo, infine, venne probabilmente innalzato il vasto atrio che si estendeva dalla facciata della chiesa fino alla porta d'ingresso delle mura esterne dell'abbazia, includendo anche la Torhalle.
Fin dai primissimi anni di vita del cenobio gli abati, a partire da Richbod, si dedicarono con cura alla raccolta di testi per la biblioteca dell'abbazia e all'organizzazione di una scuola monastica per la produzione di manoscritti. Quest'ultima, nella sua fase iniziale di sviluppo, fu probabilmente uno dei luoghi di origine dello stile della scuola di corte, insieme ad altri centri situati fra il medio Reno e la Mosella, come Metz e Weissenburg, prima della sua costituzione ufficiale alla corte di Carlo Magno (v.) ad Aquisgrana. Lo scriptorium dell'abbazia di L. sviluppò alcune particolari scritture fortemente dipendenti dalla tradizione insulare (minuscola anglosassone), rilevabile anche nell'esecuzione di iniziali miniate dalla complessa ed elegante decorazione a intreccio animalistico, anche se non mancano apporti di derivazione continentale, come attesta la presenza, accanto alle iniziali, di scritture in capitale rustica dal tratto sottile e allungato (Roma, BAV, Pal. lat. 177, cc. 1r, 3v).La biblioteca di L. possedeva una delle più ricche collezioni di testi dell'età carolingia, come testimoniano ancora i tre cataloghi tuttora esistenti (Roma, BAV, Pal. lat. 1877), nei quali sono enumerati tutti i volumi presenti nella raccolta. Nell'elenco si contano centinaia di titoli, tra i quali si segnalano per importanza sia la collezione di testi patristici sia alcune lettere di Cicerone. In testa ai cataloghi compare il Codex Aureus, databile intorno all'810 ca. (Alba Iulia, Bibl. Batthyaneum, R.II.1; Roma, BAV, Pal. lat. 50), manoscritto miniato dotato di preziose coperte in avorio (Londra, Vict. and Alb. Mus.; Roma, BAV, Mus. Sacro), uno dei più celebri prodotti dell'arte della scuola di corte di Aquisgrana.La produzione libraria conobbe una seconda fase di sviluppo a partire dalla fine del 10° secolo. Si segnala in questo periodo la realizzazione di codici liturgici di lusso, qualificati da un tipo di scrittura in oro e argento su fondo porpora, con le iniziali maggiori in oro e argento e con le più piccole arricchite da un ornato a racemi terminanti in foglie e fiori. L'esempio più illustre di questo stile è rappresentato da un sacramentario (Roma, BAV, Pal. lat. 499, cc. 9r, 10r) attribuito al periodo dell'abate Ulrich (1056-1075).Nel 1557 gran parte della collezione venne trasferita nella biblioteca palatina di Heidelberg, dove rimase fino al 1623, quando questa raccolta dei codici entrò a far parte della Biblioteca Apostolica Vaticana.
Bibl.:
Fonti. - Codex Laureshamensis, a cura di K. Glöckner, 3 voll., Darmstadt 1929-1936.
Letteratura critica. - K. Dahl, Historisch-topografische-statistische Beschreibung des Fürstenthums Lorsch, Darmstadt 1812; R. Adamy, Die fränkische Torhalle und Klosterkirche zu Lorsch an der Bergstrasse, Darmstadt 1891; F. Behn, Die karolingische Klosterkirche von Lorsch an der Bergstrasse nach den Ausgrabungen von 1927-1928 und 1932-1933, 2 voll., Berlin-Leipzig 1934; W. Meyer-Barkhausen, Die ''Ecclesia Triplex'' des Klosters Lorsch, ZDVKw 2, 1935, pp. 351-360; H. Walbe, Das Kloster Lorsch. Torhalle-Kirche-Atrium, Deutsche Kunst und Denkmalpflege, n.s., 2, 1935, pp. 126-142; R. Krautheimer, The Carolingian Revival of Early Christian Architecture, ArtB 24, 1942, pp. 1-38 (trad. it. La rinascita dell'architettura paleocristiana romana nell'età carolingia, in id., Architettura sacra paleocristiana e medievale e altri saggi su Rinascimento e Barocco, Torino 1993, pp. 151-219); F. Behn, Kloster Lorsch, Mainz a. R. 1949; K.J. Minst, Das Königskloster Lorsch, Mannheim 1949; E. Gall, L'abbaye carolingienne de Lorsch, in Mémorial d'un voyage d'études de la Société nationale des Antiquaires de France en Rhénanie (juillet 1951), Paris 1953, pp. 57-60; W. Meyer-Barkhausen, Die Lorscher Torhalle und die karolingische Renaissance, Heppenheim 1953; W. Köhler, Die karolingischen Miniaturen, II, Die Hofschule Karls des Grossen, Berlin 1958; Laurissa Jubilans. Festschrift zur 1200-Jahrfeier von Lorsch 1964, Lorsch 1964; B. Bischoff, Panorama der Handschriftenüberlieferung aus der Zeit Karls des Grossen, in Karl der Grosse. Lebenswerk und Nachleben, II, Das geistige Leben, a cura di B. Bischoff, Düsseldorf 1965, pp. 233-254: 235; K. Holter, Der Buchschmuck in Süddeutschland und Oberitalien, ivi, III, Karolingische Kunst, a cura di W. Braunfels, H. Schnitzler, pp. 74-114: 77-78; W. Horn, Modell nach dem Plan von St. Gallen, in Karl der Grosse. Werk und Wirkung, cat., Aachen 1965, pp. 402-428: 427-428; Die Reichsabtei Lorsch. Festschrift zum Gedenken an ihre Stiftung 764, a cura di F. Knöpp, 2 voll., Darmstadt 1973-1977; M. D'Onofrio, La Königshalle di Lorsch presso Worms, in Roma e l'età carolingia, "Atti delle Giornate di studio, Roma 1976", Roma 1976, pp. 129-138; A. Curuni, Verifica metrologica e schema proporzionale della Torhalle di Lorsch, ivi, pp. 139-146; Beiträge zur Geschichte des Klosters Lorsch, a cura di P. Schnitzer, Lorsch 1980; G. Dehio, E. Gall, Handbuch der deutschen Kunstdenkmäler, I, 1, Hessen, a cura di M. Backes, Berlin 1982; M. D'Onofrio, Roma e Aquisgrana (Collana di studi di storia dell'arte, 4), Roma 1983, pp. 55-83; W. Jacobsen, Die Lorscher Torhalle. Zum Problem ihrer Datierung und Deutung. Mit einem Katalog der bauplastischen Fragmente als Anhang, Jahrbuch des Zentralinstituts für Kunstgeschichte 1, 1985, pp. 9-75; Bibliotheca Palatina, cat., Heidelberg 1986, pp. 118-126; Vorromanische Kirchenbauten. Katalog der Denkmäler bis zum Ausgang der Ottonen, a cura di W. Jacobsen, L. Schaefer, H.R. Sennhauser (Veröffentlichungen des Zentralinstituts für Kunstgeschichte in München, 3), 2 voll., München 1990-19912 (1966-1971): I, pp. 179-183; II, pp. 251-252; H. Seibert, s.v. Lorsch, in Lex. Mittelalt., V, 1991, coll. 2117-2118.F. Betti