CORBIE, Abbazia di
(Corbeia nei docc. medievali)
L'abbazia di C., situata in Piccardia (dip. Somme), non lontano da Amiens, alla confluenza dei fiumi Ancre e Somme, fu fondata nel 658-661 su un territorio di proprietà della Corona dalla regina Batilde, vedova di Clodoveo II e reggente per il figlio Clotario III.L'istituzione della comunità monastica di C., affidata a un gruppo di monaci di Luxeuil che, dopo un'iniziale adesione alla Regola di s. Colombano, optarono - al pari della comunità madre - per quella benedettina, faceva parte di un più ampio disegno politico della Corona volto a riformare, sotto l'osservanza regolare, le grandi strutture basilicali legate al pellegrinaggio (per es. Saint-Denis, Saint-Germain d'Auxerre, Saint-Martin di Tours), riconducendole al proprio diretto controllo e riscattandole in tal modo dal potere vescovile (Gasparri, 1991, pp. 290-291). L'abbazia di C. ebbe un rapido sviluppo sia per la sua collocazione strategica sull'antico asse viario che collegava l'Italia, e quindi l'Oriente, all'Europa settentrionale e in particolare alla Bretagna, sia soprattutto per le immunità, le esenzioni, i privilegi concessi in particolare dai sovrani carolingi - tra cui il diritto all'elezione dell'abate - e inoltre per l'ampliamento delle sue pertinenze territoriali, che conseguirono l'estensione di una piccola contea (Cousin, 1963, p. 20ss.); il monastero giunse a superare al tempo dell'abate Adalardo (780-814, 821-826) le dimensioni di Saint-Martin di Tours o di Saint-Denis (Gasparri, 1991, p. 292). Sotto il governo di questo abate fu fondata, quale filiazione di C., l'abbazia di Corvey (Corbeia Nova) in Sassonia, dopo che la regione era stata conquistata da Carlo Magno.Le scarse vestigia monumentali sopravvissute riescono solo in parte a evocare la conformazione strutturale dell'antico complesso claustrale sviluppatosi intorno ad almeno tre edifici ecclesiali, uno dei quali, la chiesa dedicata a s. Giovanni Evangelista, è del tutto scomparso. L'abbaziale dei Saints-Pierre-et-Paul, fondata tra il sec. 8° e il 9° e rimaneggiata alla metà dell'11°, fu completamente ricostruita nei secoli seguenti; rimangono solo alcune parti dell'edificio originario: la navata centrale e quelle laterali, la facciata con le due torri (Héliot, 1957, p. 47ss.; David-Danel, 1963, p. 402) e anche alcuni pezzi del corredo scultoreo: una statua della regina Batilde (sec. 14°), una Pietà mutila (sec. 15°) e alcune lastre tombali (David-Danel, 1963, p. 405).Della chiesa di Saint-Etienne - il cui impianto originale risalente alla fondazione del sec. 7° era stato sostituito, dopo le distruzioni normanne susseguitesi tra il 9° e il 10°, da una costruzione in forme romaniche della seconda metà del sec. 12° - si sono conservati la navata centrale e il nartece, cui si accede da un portale, oggi molto degradato, dei primi decenni del sec. 13°, che reca nel timpano l'Incoronazione della Vergine e nel trumeau l'Assunzione (Héliot, 1957, pp. 59-60; David-Danel, 1963, pp. 406-408).L'importanza del ruolo politico di C., precisatosi nel sec. 8°, raggiunse, per l'intensificarsi dei rapporti con la corte carolingia, l'apogeo nei primi decenni del 9° e si coniugò con l'elevato prestigio culturale che l'abbazia acquisì rapidamente. Alla sua guida si succedettero abati come Grimone (fino al 747), Leutcario (751-768), Mordramno (771-781), Adalardo (780-826), Pascasio Radberto (843-851), che furono spesso, a un tempo, rappresentanti del ceto politico carolingio, appartenenti talora all'entourage reale, e intellettuali impegnati nell'elaborazione di opere di carattere teologico, liturgico e istituzionale, in contatto con rappresentanti di spicco del dibattito culturale del tempo, come Alcuino. L'abbazia, che ospitò personaggi illustri - Desiderio re dei Longobardi in esilio, pellegrini e monaci anglosassoni in viaggio verso l'Europa meridionale e Roma - fu dotata di un'importante biblioteca e di un fiorente centro scrittorio a essa strettamente connesso.
La biblioteca-scriptorium di C., il cui primo fondo dovette costituirsi già all'indomani della fondazione dell'abbazia con i codici portati dai monaci di Luxeuil, accrebbe il proprio patrimonio librario nei secoli successivi, soprattutto attraverso la produzione interna dello scriptorium, la cui attività sembra essere testimoniata già nel 661, al tempo di Clotario III (Gasparri, 1991, pp. 290-291), e in parte attraverso acquisizioni dall'esterno, come i libri che giunsero probabilmente al seguito dei monaci scoti, la cui presenza a C. è attestata alla fine del sec. 7°, o il cospicuo numero di manoscritti che abati come Grimone o Adalardo riportarono da viaggi e missioni diplomatiche compiute a Roma presso i pontefici e nel Mezzogiorno d'Italia.Un esempio particolarmente significativo di opere dell'Italia meridionale appartenute alla biblioteca di C. è rappresentato da un gruppo di codici in onciale del sec. 6° contenenti opere dei Padri della Chiesa (San Pietroburgo, Saltykov-Ščedrin, Q.v.I. 6-10) e provenienti forse da Vivarium, che esibiscono alcune annotazioni marginali di mano dello stesso Cassiodoro (Dobiaš-Roždestvenskaja, 1930); probabilmente dall'Italia meridionale giunse a C. anche la terza Deca di Tito Livio (Parigi, BN, lat. 5730), copiata forse ad Avellino nella seconda metà del sec. 5° (Lowe, 1950, p. 13, nr. 562).Il considerevole patrimonio librario che C. doveva vantare già in età carolingia è testimoniato, oltre che dai manoscritti caratterizzati spesso dalla nota di possesso ("Liber Sancti Petri Corbei"), da tre cataloghi medievali. Il primo di questi, di cui si conserva un frammento in un codice miscellaneo (Roma, BAV, Reg. lat. 520, c. 1r e v), si data al sec. 11°; il secondo (Berlino, Staatsbibl., Phill. 1865, cc. 1v-3v) è assegnato al sec. 11° (Dobiaš-Roždestvenskaja, 1934) o al 12° (Delisle, 1859-1860, pp. 394-395); il terzo infine (Roma, BAV, Reg. lat. 520, cc. 2r-5v) è databile al 1205.Lo scriptorium di C. si segnala per il ruolo assunto nella trasmissione dei testi classici dell'Antichità (Chibnall, 1963, p. 224; Munk Olsen, 1987, p. 83ss.), oltre che di opere della Tarda Antichità e di autori contemporanei (Gasparri, 1991, pp. 300-301), e soprattutto per il contributo fornito all'elaborazione della minuscola carolina, che fece la sua prima apparizione in forma compiuta proprio in un'opera vergata a C., la c.d. Bibbia di Mordramno, in sei volumi, del 772-780 (Amiens, Bibl. Mun., 6-9, 11-12; Gasparri, 1991).Il lavoro di sperimentazione degli scribi di C., durato quasi per tutto il sec. 8°, portò all'elaborazione di più tipizzazioni grafiche, spesso peraltro con numerosissime varianti all'interno di uno stesso codice, di una stessa pagina e talvolta nelle parti scritte da un medesimo copista (Gasparri, 1991, p. 294): il c.d. tipo b, apparso nella prima metà del sec. 8° al tempo dell'abate Grimone; la scrittura c.d. di Leutcario, rappresentata in particolare da un manoscritto contenente le opere di s. Ambrogio (San Pietroburgo, Saltykov-Ščedrin, F.V.I.6); il c.d. tipo ab, legato alle scelte culturali di Adalardo e associato per aspetto grafico e per decorazione a un gruppo di manoscritti omogeneo e destinato a un pubblico ristretto, che sopravvisse a lungo, ben oltre l'affermazione della carolina, così come il quarto tipo detto eNa (Ooghe, 1963; Bischoff, 1985, pp. 129-131, 212-213). L'obiettivo di tale sperimentazione grafica sembra fosse in realtà quello di armonizzare la scrittura di derivazione insulare di Luxeuil, esemplata nei manoscritti che formavano il primitivo nucleo della biblioteca di C., con forme grafiche tradizionali del mondo latino da un lato (capitale rustica per i titoli, onciale, semionciale) e con una scrittura di cancelleria dall'altro (corsiva merovingia).Se si passa a considerare l'aspetto figurativo dei codici realizzati a C., si può osservare l'analogo tentativo di fondere, anche all'interno di uno stesso contesto, suggestioni iconografiche e stilistiche diverse, che facevano capo alle varie componenti sottese alla nascita e allo sviluppo storico-culturale dell'abbazia. Nei manoscritti riconducibili al I stile miniatorio di C. (per es. Agostino, De Trinitate: Cambrai, Médiathèque Mun., 300; Girolamo, Commentarii in Matthaeum: Boulogne-sur-Mer, Bibl. Mun., 42), come pure nel più tardo (seconda metà sec. 8°) Hexaemeron di Ambrogio (Parigi, BN, lat. 12135), al motivo zoomorfo a uccelli - derivato dall'oreficeria merovingia nella ripartizione a scomparti cromatici molto vicina a quella degli smalti cloisonnés - è accostato il motivo ictiomorfo, che, veicolato forse attraverso i manoscritti di Vivarium, giungeva all'Europa continentale e insulare dall'Oriente copto e armeno. A un codice di Vivarium era appartenuta in origine con tutta probabilità la carta del De consensu Evangelistarum di Agostino, degli inizi del sec. 8° (Parigi, BN, lat. 12190, c. Av), totalmente campita da motivi a intreccio secondo la formula della c.d. pagina-tappeto, che nell'arte insulare decorava, ma con intenti più precipuamente simbolici, le pagine d'incipit degli evangeliari (Nordenfalk, 1974).
Il vocabolario ornamentale zoomorfo dei manoscritti di C. - nel quale le forme animali convertite in pure astrazioni simboliche si disarticolano per conformarsi alla morfologia delle lettere - era molto diffuso nella miniatura delle scuole precarolinge e quindi della stessa Luxeuil. In esempi di qualche decennio più tardi, copiati a C. tra la metà e la fine del sec. 8° (Girolamo, Commentarii in Ezechielem: Parigi, BN, lat. 12155; Agostino, Quaestiones in Heptateuchon con correzioni autografe dell'abate Mordramno: Parigi, BN, lat. 12168; raccolta di scritti canonici: Parigi, BN, lat. 12444), le forme ornamentali merovinge e le influenze del Sud-Est mediterraneo, presenti per es. nelle raffigurazioni di arcate sostenute da leoni affrontati, si coniugano con motivi decorativi astratti e con intrecci geometrici di chiara matrice insulare, che dalle lettere iniziali zoomorfe si estendono ai margini laterali e talvolta all'intera pagina.Una vera e propria fusione dei nuovi apporti della cultura insulare con la tradizione merovingia - connotata a sua volta, sin dal suo stesso formarsi, dai legami con l'arte anglosassone - viene operata nel Salterio di C. (Amiens, Bibl. Mun., 18), che, se pure scritto e decorato in piena età carolingia, intorno all'800, propone una sorta di climax dell'ornamentazione libraria precarolingia. Nel manoscritto la fauna ornamentale delle cc. 94r e 110r, che si piega e si contorce fino a rappresentare con il proprio corpo in movimento la morfologia della lettera, evolve nell'intreccio animalistico e geometrico di origine insulare che campisce alcuni capilettera e nelle iniziali figurate che propongono, attraverso elementi morfologici, le aste verticali e orizzontali, le pance e gli occhielli, episodi delle Sacre Scritture (Lotta di Davide e Golia in una iniziale P, c. 123v; Presentazione al Tempio in una iniziale N, c. 137r), anticipando in maniera sorprendente la decorazione figurativa della miniatura romanica dei secc. 11° e 12° (Hauttecoeur, 1963).Due secoli più tardi rispetto al Salterio di C., dopo il lungo periodo di decadenza vissuto dall'abbazia a causa delle invasioni normanne, il rinnovato incontro delle influenze insulari - provenienti dalle fiorenti scuole monastiche dei centri inglesi di Saint Albans e soprattutto di Winchester - con quelle dell'arte tardocarolingia della Francia nordorientale, in particolare di Reims, sostanziò ancora la produzione miniata dello scriptorium di C., bene esemplificata da un evangeliario (Amiens, Bibl. Mun., 24) in cui le figure degli evangelisti (per es. S. Giovanni, c. 108v), paludate all'antica e delineate con tratti nervosi e mossi come nella contemporanea arte ottoniana, sono inquadrate all'interno di arcate definite da colonne tortili e capitelli a foglie di acanto che richiamano lo stile dei codici di Winchester (Swarzenski, 1954, tav. 81, figg. 187-189; Hauttecoeur, 1963, p. 259ss.; Alexander, 1970, pp. 177-178; Avril, 1971). Inoltre in un lezionario prodotto a C. nel sec. 12° (Amiens, Bibl. Mun., 142) il vocabolario ornamentale di natura vegetale degli intrecci, popolati di animali fantastici e di creature mostruose che campiscono il corpo e lo spazio interno delle lettere, testimonia di nuovi apporti bizantini nell'arte e nella miniatura di età romanica.Con lo svolgersi del sec. 12° e il passaggio al 13°, a una decorazione libraria realizzata talvolta ancora sotto l'influenza anglonormanna - e quindi caratterizzata da una tavolozza cromatica basata sul giallo, il verde e il viola che contrasta con l'affermarsi nell'Ile-de-France della bicromia in blu e rosso -, ma ormai lontana dalla potenza espressiva degli esempi del secolo precedente, si contrappose in alcuni tardi prodotti di C. un'ornamentazione stereotipata a lettere e a fregi filigranati, costantemente ottenuti con un'alternanza di inchiostri blu e rossi (Gasparri, 1991, p. 303).
Bibl.:
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