TALOS, 2° (v. vol. VII, p. 586)
Un recente riesame delle numerose interpretazioni della mitica figura dell'eroe cretese dal corpo bronzeo vulnerabile in un sol punto (Federico, 1989) sottolinea il frequente richiamo al significato «solare» di T., come sembrerebbe confermare il giro dell'isola compiuto tre volte l'anno (o addirittura tre volte al giorno!). All'eroe crudele, connesso con Minosse, si riferisce anche la tradizione tramandata da Simonide (frg. 568 Page), citato dallo scoliaste della Repubblica di Platone (337 A), secondo la quale questi sarebbe stato un automa di bronzo che uccideva chiunque incontrasse. La vitalità posseduta da una creazione metallica che reagiva alla presenza umana bruciandola suggerisce l'accostamento non solo alle espressioni omeriche relative alla casa di Efesto (IL, XVIII, 370 ss.), ma anche l'inserimento del nome di T. in una genealogia del pantheon eteocretese, affine, in un certo modo, a quel «toro» bronzeo usato da Falaride di Agrigento contro i suoi oppositori politici, e risalente a crudeli consuetudini fenicie.
Mentre non siamo attualmente in grado di fissare, nell'ambito di un orizzonte preellenico, il preciso momento di formazione del mito, si può ribadire che la sua più antica rappresentazione figurata è documentata solo negli ultimi anni del V sec. a.C.
L'episodio della morte di T., presente sul Cratere Jatta e sul frammento da Spina (v. talos, pittore di), è diversamente documentato anche da una kelèbe da Montesarchio, ora nel Museo del Sannio a Benevento, dove compare la scena del ferimento a morte di T., altrimenti riferita, in precedenza, al mito di Filottete. La scena è qui più complessa: T., gigantesco, è barbato ed è sostenuto dai Dioscuri, mentre un giovane si curva sulla sua ferita, cercando di soccorrerlo con uno strumento chirurgico, uno specillo a cerchietto, e una piccola figura, Thanatos o una psyché, sembra sostenere dal basso il precario equilibrio del morente. Una giusta valutazione di questo monumento poco noto sarà utile alla ricerca sul rapporto tra il mito di T. e il teatro, come è stato peraltro già suggerito (Lesky, 1973; Robertson, 1977).
Tre stateri cretesi, presumibilmente della fine del V o del IV sec. a.C., a Londra e ad Atene, presentano una figura virile nuda e alata nell'atto di lanciare una pietra o una grossa scheggia di roccia; la figura è variamente connessa con un cane, con un toro e con una testa femminile (Europa), evidenti riferimenti al mito di Talos.
Ancora problematiche sono le raffigurazioni su vasi (cratere di Chiusi, coll. privata) e specchi etruschi, tra i quali uno da Chiusi al British Museum in cui sono raffigurati i Dioscuri, in lotta con un gigante, indicato in questo caso con il nome di Chaluchasu; su un altro a Berlino pure connesso con il mito, una stella e un crescente lunare potrebbero suggerire la presenza dei Dioscuri e non della sola Medea nella morte data a T.: la partecipazione di Medea nelle scene del Cratere Jatta e del frammento da Spina potrebbe derivare da rappresentazioni teatrali del mito.
Bibl.: A. Lesky, Eine neue Talos-Vase, in AA, 1973, pp. 115-119; D. Rebuffat-Emmanuel, Le miroir étrusque d'après la collection du Cabinet des Médailles, Roma 1973, passim-, M. Robertson, The Death of Talos, in JHS, XCVII, 1977, pp. 158-160; Ε. Federico, Talos. Funzione e rifunzionalizzazione di un mito eteocretese, in AnnAStorAnt, XI, 1989, pp. 95-120; J. K. Papadopoulos, in LIMC, VII, 1994), pp. 835-837, s.v. Talos (con bibl. prec.).
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