PHYROMACHOS, 2° (v. vol. VI, p. 143 e s 1970, p. 613)
Nella più antica lista di technìtai a noi pervenuta, che si data al tardo II sec. a.C. (c.d. Laterculi Alexandrini), il nome di Ph. appare al settimo posto dopo gli agalmatopoiòi (scultori di statue di divinità) Fidia, Prassitele e Skopas, e gli andriantopoìòi (scultori di statue di mortali) Mirone, Lisippo e Policleto. Questi sei artisti sono a tutt'oggi gli scultori più famosi e, in un certo senso, meglio noti dell'antica Grecia, mentre il settimo, Ph., rimaneva pressoché sconosciuto fino al rinvenimento, avvenuto a Ostia nel 1969, di un'iscrizione che lo indica come autore del ritratto di Antistene (v.). Il suo nome è tramandato, invero, da tre iscrizioni di Delo, Cizico e Pergamo, dove egli firma anche insieme a Nikeratos (v.), ma poiché le opere di cui si conservano le basi sono andate perdute, l'iscrizione ostiense è un punto di partenza assolutamente nuovo per lo studio di questo artista posto allo stesso livello dei più grandi scultori greci. Il problema se il ritratto di Antistene cui fa riferimento l'iscrizione corrisponda all'immagine di questo filosofo tramandataci in undici repliche o se il Ph. documentato dall'iscrizione sia effettivamente il più celebre scultore con questo nome, si può definire attraverso i collegamenti che qui si prospettano.
Secondo Polibio (XXXII, 15, 4) e Diodoro Siculo (XXXI, 35), Ph. aveva eseguito a Pergamo il simulacro di Asclepio che nel 155 a.C. Prusia di Bitinia sottrasse da un monumentale tempio dorico dedicato al dio nel Nikephòrion, i cui resti furono successivamente trasformati per la costruzione del tempio ionico R della terrazza del teatro. Il simulacro che Prusia aveva solo portato nel suo accampamento poteva essere stato, in seguito, restituito a Pergamo. La testa e verosimilmente l'intera statua seduta del dio furono riprodotte sulle monete pergamene fino all'epoca romana. Diodoro Siculo (loc. cit.), superando su questo punto Polibio, definisce l'opera «περι- ϐοήτον», «celeberrima». Il verso delle monete su cui è raffigurata la testa di Asklepios permette di riconoscerne un'esatta copia in una testa colossale in marmo dall'anfiteatro di Siracusa e in due repliche di dimensioni minori a Williamstown (USA) e a Berlino. La stretta corrispondenza stilistica con il ritratto di Antistene conferma, d'altra parte, la paternità di Phyromachos.
Delle altre opere menzionate da Plinio (Nat. hist., XXXIV, 80, 88), una quadriga di Alcibiade eseguita da Nikeratos e un monumento per le guerre contro i Galati di un Attalo e di un Eumene (XXXIV, 84), è possibile identificare su basi stilistiche solo la seconda. Il gigante del piccolo donario di Attalo al Museo Nazionale di Napoli è così strettamente connesso con l’Asklepios di Pergamo e con il ritratto di Antistene che il monumento gallico ricordato da Plinio come opera di Ph. e di altri tre artisti, Eisigonos, Stratonikos e Antigonos, dovrebbe identificarsi con il piccolo donario di Attalo. Ph. eseguì, inoltre, un Priapo piegato sulle ginocchia, ricordato nell’Anthologia Graeca (Anth. Pal, IV, 239), che non è possibile identificare, e fu maestro del pittore di navi Herakleides di Macedonia, che emigrò ad Atene nel 168 a.C. e vi iniziò l'apprendistato (cfr. pergamena, arte: Scultura).
Quanto si desume fin qui contrasta con la menzione da parte di Plinio (Nat. hist., XXXIV, 51) di un Ph. con akmè alla CXXI Olimpiade (296-293 a.C.). Poiché l'attività di Ph., menzionato come ultimo in una lista di artisti anteriore a quella di Plinio, sembra sufficiente a colmare la lacuna artistica degli anni 293-156 a.C., non è da escludere che Plinio abbia aggiunto il nome di Ph. agli artisti della CXXI Olimpiade, poiché si trattava di un artista così famoso che non volle tralasciare di ricordarlo benché avesse lavorato nella prima metà del II sec. a.C.
Come maestro di pittori, Ph. poteva essere stato egli stesso pittore e avere verosimilmente eseguito le pitture con battaglie contro i Galati descritte da Pausania a Pergamo e riprodotte a rilievo, in tutto o in parte, su quattro sarcofagi romani con scene di battaglia, dal momento che il modello pittorico di questi rilievi manifesta uno stretto legame con il piccolo donario pergameno, al quale Ph. aveva collaborato.
Oltre che al celeberrimo Asklepios, Ph. doveva l'inclusione del suo nome nella lista tardo-ellenistica dei più famosi artisti greci, autori di statue di divinità e di uomini, anche al ritratto di Antistene, opera che apre nuove vie alla ritrattistica occidentale, e inoltre al fatto che egli era il creatore dell'Ara di Pergamo.
Bibl.: B. Andreae e altri, Phyromachos-Studien (RM, Suppl. 31), Magonza 1990, con bibl. prec.; B. Andreae, Laurea coronatur. Der Lorbeerkranz des Asklepios und die Attaliden von Pergamon, in RM, C, 1993, pp. 83-106.